Pechino, 25 feb.-Nuove restrizioni sul web cinese, per bloccare gli appelli alleproteste diffusi via internet la settimana scorsa: Linkedin, l'ultimogrande social network internazionale accessibile in Cina, è rimastobloccato per più di 24 ore dopo che alcuni utenti avevano pubblicato gli inviti alle "manifestazioni dei gelsomini" (questo articolo). Linkedin, un social network nato soprattutto per lo scambio di informazioni a carattere professionale, ha rischiato così di seguire la sorte di YouTube, Twitter e Facebook, da tempo bloccati su tutto il territorio cinese e inaccessibili se non attraverso complicati software in grado di aggirare la censura.
Tutto è iniziato la scorsa settimana, quando un gruppo di contestatori senza nome ha diffuso attraverso il sito americano in lingua cinese Boxun.com una serie di appelli che invitavano la popolazione a scendere in piazza in tredici diverse città adottando il simbolo dei gelsomini, sulla falsariga delle manifestazioni tunisine, per chiedere al governo riforme in senso democratico e lotta alla corruzione. Ma se gli appuntamenti di domenica scorsa si sono risolti in un timido accenno di protesta (questo articolo), lo spiegamento di forze messo in campo dalla polizia è stato massiccio: nello scorso fine settimana, secondo organizzazioni per il rispetto dei diritti umani con sede a Hong Kong, circa un centinaio di attivisti sono stati sottoposti a restrizioni della libertà personale; la parola "gelsomino" è censurata su tutte le piattaforme di microblogging, ed è di oggi la notizia che diverse persone in tutto il paese che avevano diffuso e moltiplicato gli appelli online sono sotto fermo o agli arresti domiciliari.
Gli appelli, tuttavia, stanno continuando, e nuovi appuntamenti di protesta sono stati fissati per domenica prossima in numerose altre città. A sparire dal web cinese non sono stati solamente i gelsomini, ma anche il nome dell'ambasciatore USA Jon Huntsman, che era stato avvistato sul luogo della manifestazione di Pechino: un video lo mostra mano nella mano con la figlia adottiva cinese, mentre alcune persone lo interrogano sulla sua presenza: "Cosa è venuto a fare qui?- chiedono alcuni passanti- spera in una sommossa cinese?". Huntsman, che molti analisti ritengono un possibile sfidante di Obama alle prossime elezioni presidenziali, ha respinto con imbarazzo le accuse di appoggio alle manifestazioni, sostenendo di essere capitato lì per caso. Il governo cinese, intanto, getta ironia sulla scarsa affluenza alle proteste, e affila le armi della propaganda e del controllo in vista di domenica prossima: "Non vogliamo diventare la Tunisia o l'Egitto!- si legge nelle vignette del video che ritrae Huntsman - un miliardo e 300 milioni di persone dovrebbero fare affidamento sugli USA e su questo 'partito della strada' per riuscire a mangiare? Non diciamo cavolate!"
di Antonio Talia
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