Usa: la Cina apra il suo mercato
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Usa: la Cina apra il suo mercato

Usa: la Cina apra il suo mercato

Verso il summit Obama-Hu. Il segretario al Commercio Locke in pressing su Pechino - Lo yuan sale ai massimi storici
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NEW YORK. Dal nostro corrispondente
L'America ha sfoggiato un attacco economico concentrico contro Pechino. Un modo come un altro per dare il benvenuto al presidente cinese Hu Jintao, che arriva la settimana prossima a Washington per una visita di stato il 19 gennaio. Mercoledì è toccato alla finanza, allo yuan e alla lentezza con cui la Cina, secondo Tim Geithner, segretario al Tesoro, adegua il livello della sua valuta a quello naturale che vorrebbe il mercato. Ieri è toccato al commercio, alle esportazioni e alla lentezza con cui la Cina adegua l'apertura dei suoi mercati a quella naturale che vorrebbero le aziende americane. Oggi toccherà alla politica estera: il segretario di stato Hillary Clinton ci darà la chiave di lettura per i passi del minuetto che Cina e Stati Uniti saranno costretti a danzare sullo scenario globale.
Nel giorno in cui il governatore della Fed Ben Bernanke ha stimato per il 2011 una crescita del 3-4% del Pil, il tono dei primi due ministri sulla carta non è stato mansueto. Ma c'è da chiedersi quanto la retorica americana abbia un suo obiettivo interno. Semmai al vertice della settimana prossima si tratterà di impostare in modo più prevedibile un rapporto sempre più centrale per gli equilibri globali, con una svolta per la Casa Bianca: la Cina supererà l'economia americana nel 2019 e l'equilibrio, l'interesse politico degli americani, al di là della retorica degli ultimi giorni, sarà sempre più a vantaggio dell'Asia e a svantaggio dell'Europa.
Locke ieri è partito amichevolmente. Ha ricordato gli importanti passi in avanti intrapresi dalla Cina per aprire il suo mercato, ha preso atto che le esportazioni americane in Cina a novembre hanno raggiunto il massimo storico di 9,5 miliardi di dollari, un aumento dell'1,9% rispetto al mese precedente. Tuttavia la cifra complessiva resta a favore di Pechino: i 35,12 miliardi di esportazione in America hanno aumentato dello 0,5% l'avanzo cinese a quota 25,63 miliardi di dollari. Locke ha menzionato accordi come quelli della Boeing con la Air China e con la Petro China o come Duke Energy. Poi l'affondo: «C'è anche un aspetto più sobrio nelle nostre relazioni commerciali: per ogni storia come quella di Boeing o di Duke, ce ne sono molte altre che non vengono mai scritte», ha detto Locke davanti a una platea di 300 persone raccolte dal Business Council sino americano per una colazione. E poi l'attacco: la protezione della proprietà intellettuale resta inadeguata, gli accessi al mercato poveri, la mancanza di trasparenza nel processo decisionale del governo anche nei suoi ranghi più bassi, inaccettabile: «Siamo a una svolta, è giunto il momento che la Cina affronti in modo significativo le preoccupazioni espresse in materia commerciale dalla comunità internazionale», ha detto ancora il segretario al Commercio.
Tim Geithner aveva invece riposto per le rime alla notizia della Bank of China Ltd che annunciava martedì l'apertura di operazioni dirette di compravendita di yuan per le controparti americane. Barack Obama si aspettava qualcosa di più. Ed è vero che lo yuan in questi giorni ha toccato il suo massimo storico sui mercati valutari, ma resta pur sempre una valuta «controllata» e sottostimata, a seconda delle valutazioni fra il 40 e il 60% di quel che dovrebbe essere il suo valore di mercato. Un gesto dunque per ora simbolico. È vero, sappiamo quanto i simboli siano importanti per Pechino, forse sarà davvero il primo passo verso una convertibilità dello yuan in altre valute sui mercati aperti. Ma Geithner ha preferito dubitare che ringraziare. Anche perché Obama si aspettava qualcosa di più. Il passaggio valutario cinese è considerato essenziale da Washington, ma anche dai membri del G-20 per procedere verso un riequilibrio degli scompensi macroeconomici mondiali sia dal punto di vista del commercio che delle posizioni debitorie. Lo yuan oggi è agganciato al dollaro, è considerato molto sottovalutato rispetto ai valori sottostanti dell'economia e delle posizioni finanziarie cinesi, in grandissimo surplus. Alla fine ci si accontenterà della concessione simbolica: la Cina è abituata alla politica dei piccoli passi. E dal punto di vista di Pechino, già questo cambiamento, concedere il "trading" diretto agli americani, è un passo quasi rivoluzionario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/01/2011
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