Roma, 22 dic. – Ne è uscita rafforzata la cooperazione commerciale tra Cina e Ue dai colloqui commerciali annuali tra UE e Cina. Esportazioni di prodotti high tech, crisi del debito pubblico, terre rare e protezionismo: sono questi gli argomenti 'caldi' affrontati nel corso di quella che secondo molti rappresenta "un'occasione per trovare un compromesso su questioni che hanno generato tensioni tra le due potenze". Un appuntamento cui hanno preso parte il ministro del Commercio cinese Chen Deming , il vice premier Wang Qishan, il commissario dell'Ue Karel De Gucht e il vice presidente della Commissione europea Joaquin Almunia.
"Cina e Unione europea hanno raggiunto il consenso sull'incremento del traffico commerciale di prodotti tecnologici e presto sarà organizzato un meeting per approfondire alcune questioni" ha dichiarato il vice premier Wang Qishan. L'Ue – principale partner commerciale del Dragone – aveva imposto una serie di restrizioni sull'esportazione di beni high tech verso la Cina, ma a Pechino ha annunciato di essere disposta a riesaminare la questione. Una decisione che gli esperti hanno definito "un segno positivo" nonostante Bruxelles non sia ancora intenzionata a lasciar cadere le barriere doganali. "L'Unione europea ha lanciato segnali positivi di collaborazione" ha dichiarato Chen Xin, ricercatore della Chinese Academy of Social Sciences che ha poi aggiunto che l'eliminazione delle barriere garantirebbe un equilibrio della bilancia commerciale per entrambi i Paesi"
In agenda anche la crisi del debito europeo per cui la Cina poi si è detta "molto preoccupata per il modo in cui verrà gestito". La crisi del debito europeo preoccupa Pechino. A dichiararlo è lo stesso ministro del Commercio cinese Chen Deming impegnato a Pechino insieme al vice premier Wang Qishan, al commissario dell'Ue Karel De Gucht e al vice presidente della Commissione europea Joaquin Almunia, nei colloqui commerciali annuali tra UE e Cina: un'occasione secondo molti per trovare un compromesso su questioni che hanno generato tensioni tra le due potenze. La Cina si è detta "molto preoccupata per il modo in cui la crisi del debito europeo verrà gestito". "Vogliamo capire – ha dichiarato il ministro del Commercio cinese Chen Deming - se l'Unione europea è in grado di controllare i rischi sul debito sovrano e se il consenso possa tradursi in azioni reali che consentano all'Europa di venir fuori presto e in buona salute dalla crisi finanziaria".
Il Dragone, che ha investito in euro parte dei 2,65 trilioni di dollari di riserve valutarie – la cifra esatta dell'investimento non è mai stata rivelata –, non ha nascosto di attendere risultati più consistenti dalle misure introdotte dai funzionari europei per fronteggiare la crisi. "Ci auguriamo che tramite i provvedimenti introdotti l'Ue ottenga dei risultati in tempi rapidi" ha dichiarato il vice premier Wang Qishan, anch'egli intervenuto ai colloqui.
Il timore che il debito possa estendersi e 'infettare' gli stati membri dell'Eurozona, quali Italia e Spagna, ha già avuto, quest'anno, ripercussioni sul mercato azionario. E allo scopo di proteggere i propri investimenti nella zona dell'euro, il Dragone ha manifestato più volte il suo sostegno nei confronti della divisa europea. Pechino – ha assicurato Wang Qishan - ha fatto la sua parte per ridurre parte dei problemi economici di Bruxelles. "La Cina ha appoggiato gran parte delle misure adottate dall'Ue e dal Fondo Monetario Internazionale per stabilizzare i mercati finanziari. Inoltre ha portato avanti azioni concrete di sostegno ad alcune nazioni europee colpite dalla crisi del debito sovrano" ha continuato Wang. A ottobre, in occasione della visita di stato in Europa di Wen Jiabao, il premier cinese aveva accordato la disponibilità ad acquistare titoli greci una volta che Atene fosse tornata sui mercati internazionali. "La Cina ha promesso di supportare la Grecia quando questa deciderà di tornare sul mercato dei bond", aveva fatto sapere una fonte del governo greco (leggi questo articolo)
Debito sovrano a parte, i rischi esistono e sono dovuti alla debolezza della domanda mondiale e all'imprevedibilità dei mercati finanziari 'inondati' di liquidità, ha fatto notare Wang. Uno scenario che vedrebbe la Cina, anticipa Wang, impegnata a perseguire una politica monetaria prudente e una politica fiscale attiva affinché quella che ormai si è affermata coma la seconda potenza economica al mondo possa continuare a crescere a ritmo sostenuto.
Non solo debito europeo: a Pechino le due potenze si sono confrontate anche su protezionismo, anti-dumping e terre rare. "La Cina ha dato ai consumatori europei la possibilità di acquistare prodotti a prezzi più abbordabili. E ciò ha portato un beneficio a entrambi i Paesi" ha dichiarato il vice presidente della Commissione europea Joacquin Almunia, che ha aggiunto: "Adesso è essenziale per entrambe le economie che la Cina apra alle aziende europee".
Dal canto suo, il ministro del Commercio Chen Deming ha auspicato che l'Europa riconosca presto alla Cina lo status di economia di mercato. Un 'titolo' che renderebbe il Dragone meno vulnerabile alle accuse di dumping mosse dagli Stati Uniti secondo cui la Cina violerebbe le regole del WTO. Solo pochi giorni fa l'Organizzazione mondiale del Commercio aveva messo fine a due dispute sui dazi doganali in corso tra Pechino e Usa e Pechino e Ue (leggi questo articolo). E mentre dalla controversia con Bruxelles il Dragone è uscito vincitore - il WTO ha definito illegali i dazi quinquennali pari a 575 milioni di Euro imposti dall'Ue sull'importazione di prodotti in ferro o acciaio Made in China -, diverso è il verdetto della disputa con gli Stati Uniti. "Riteniamo che con l'imposizione delle misure protezionistiche adottate il 29 settembre 2009 sulle importazioni di pneumatici cinesi, gli Usa non abbiano trasgredito i loro obblighi" così l'Organizzazione ha respinto il ricorso presentato da Pechino (leggi questo articolo)
A conclusione del vertice, la promessa di Pechino a Bruxelles: "La Cina ha assicurato che non interromperà i rifornimenti di terre rare diretti in Europa" ha fatto sapere il commissario europeo per il Commercio Karel De Gucht. Una promessa che, almeno per il momento, farà tirare a molti un sospiro di sollievo: la Cina detiene il 60% delle riserve mondiali di questi17 minerali fondamentali per la fabbricazione di numerosi prodotti hi-tech -dalle pale eoliche agli schermi per computer, dalle automobili ibride ad altre apparecchiature per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. Una quota che regala potere a Pechino che più volte è stato accusato da alcune delle maggiori potenze economiche, tra cui il Giappone, di utilizzare le terre rare come strumento di contrattazione. E sebbene il Dragone abbia sempre rigettato tali accuse, il Giappone ha lamentato un calo nei rifornimenti di minerali rari provenienti dalla Cina (leggi questo articolo ). Una discontinuità che ha messo in allarme le potenze industrializzate nella cui produzione industriale le terre rare hanno ormai un posto privilegiato.
di Sonia Montrella
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