ADV
Alla fine, i numeri annunciati ieri segnalano che le misure introdotte da Pechino per evitare un surriscaldamento dell'economia – senza pigiare troppo sul freno – stanno avendo successo. Arrivato alla vigilia del G-20 finanziario che si apre oggi in Corea, il dato sul Pil cinese ha lasciato spazio a interpretazioni opposte tra gli analisti nei suoi possibili effetti sulla politica valutaria di Pechino, sottoposta a forti pressioni internazionali perché rivaluti lo yuan.
Per alcuni esperti, il rallentamento della crescita dovrebbe indurre il governo cinese a guardarsi bene dal favorire un rialzo significativo della divisa; altri traggano conclusioni differenti. «L'economia cinese sta ancora crescendo a un passo piuttosto robusto: questi ultimi dati dovrebbero consentire al governo di essere più condiscendente e accettare uno yuan più forte in vista del G-20», afferma l'economista Wei Yao di Société Générale.
Un piccolo "giallo" tecnico ha indotto molti operatori a ipotizzare una imminente accelerazione del cambio, dopo il modesto 2,7% guadagno sul dollaro dal 19 giugno scorso, quando fu varata l'ultima riforma. Sul China Foreign Exchange Trade Systems è inizialmente apparso un fixing mediano di 6,6495 sul dollaro, corretto alcuni minuti dopo a 6,6695 prima che si aprisse il mercato: molti trader hanno suggerito che si dovrebbe essere trattato di un errore umano, ma di questi tempi è ovvio che abbia trovato consensi la teoria secondo cui la banca centrale avrebbe inviato un segnale di disponibilità a varare un nuovo round di piccoli rialzi.
Così lo yuan ha continuato il trend recente di quotazione al di sopra della linea mediana, a riflesso delle aspettative di mercato verso ritocchi, se non immediati, almeno intorno a metà o fine novembre. «Ogni cooperazione cinese in termini di politica valutaria - aggiunge Société Générale - resterà probabilmente cauta e limitata, in quanto le priorità rimangono concentrate sulla stabilità domestica».
Una conclusione che trova supporto nelle dichiarazioni del governatore della banca centrale, Zhou Xiaochuan: «Si moltiplicano in modo significativo i rischi macroeconomici connessi a eccessiva liquidità, inflazione, bolle di asset e aumento ciclico dei prestiti in sofferenza», ha detto, sottolineando anche come l'espansione del credito resti forte mentre i flussi di capitale cross-border possano aggravare i potenziali rischi.
Intanto la stampa cinese riporta un fenomeno che sta diventando rilevante: a fronte delle restrizioni introdotte da 13 province agli acquisti immobiliari, gli investitori cinesi si stanno orientando a acquistare case all'estero, in particolare negli Usa ma anche in località come Vancouver, Singapore e Londra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22/10/2010
Condividi
ADV