(di Alessandra Spalletta)
Un "risultato fruttuoso" è il bilancio della missione d'acquisto per la promozione degli investimenti cross-border e del commercio bilaterale tra Cina e Italia. La missione si è tradotta in un risultato concreto, con 37 accordi siglati tra controparti di prestigio: "Per molti contratti d'acquisto il Forum si configura come la tappa finale di un percorso negoziale iniziato tempo fa con il nulla osta del Mofcom (Il Ministero del Commercio Estero)" chiosa Alfonso Urso al termine della Conferenza Stampa svoltasi in chiusura dell'evento all'Hilton Cavalieri. Tra i settori maggiormente rappresentati, figurano quello della meccanica, dell'elettronica (la voce merceologica principale degli scambi Italia-Cina), delle telecomunicazioni, dell'automotive, del tessile-abbigliamento e dell'agroalimentare. Il Forum ha quindi risposto con una sterzata di concretezza all'appello dei leader che hanno presidiato l'evento – il Premier Berlusconi e il Presidente Hu – a canalizzare maggiori incentivi alla cooperazione tra PMI sino-italiane sul fronte delle tecnologie per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni che – su un valore complessivo pari a 2 miliardi di dollari – si aggiudicano le maggiori commesse.
Il Forum ha riunito i "potenti" delle due sponde attorno a una ideale tavola rotonda che ha fatto emergere una piattaforma da cui rilanciare i rapporti bilaterali in chiave strategica, superando il pregiudizio anti-cinese che per molti anni ha condizionato – per usare una perifrasi rovesciata – il "going to china", facendo da deterrente all'apertura del mercato italiano agli investimenti cinesi (percepiti come "pericolosi" per una presunta – ancorché reale - perdita dell'indotto) e limitando gli investimenti diretti delle imprese italiane in Cina.
La crisi globale urla a sirene spiegate, e l'Italia scatta sull'attenti con la convinzione che si debba stringere una tempestiva alleanza con la locomotiva globale – la Cina – con un duplice obiettivo: da un lato, superare la crisi cavalcando l'onda e lasciarsi presto alle spalle l'ombra del credit crunch; dall'altro, puntellare gli investimenti nella Terra di Mezzo al fine di recuperare il ritardo accumulato rispetto agli altri Paesi europei - Germania, Olanda, Francia e UK - che da più tempo presidiano con strategie lungimiranti il mercato cinese. Lo slogan "non basta l'export se non viene sostenuto da investimenti diretti" viene sdoganato anche in Italia segnando una rivoluzione copernicana in chiave fortemente espansiva. Il Sistema Italia – un sogno nel cassetto sulla cui apparente irrealizzabilità il Paese aveva calato il sipario tornando al più autentico pattern sparpagliato di presidio dei mercati all'estero – torna ad affermarsi come il filo conduttore della presenza italiana in Cina.
L'unanimità con cui industria e istituzioni hanno accolto gli "gli amici cinesi" sembra voler sottolineare come l'Italia voglia segnare un punto di svolta e polverizzare cattive abitudini. E' chiaro a tutti come in passato di una scelta miope, tendente a una strategia difensiva nutrita di infondate incertezze, l'industria italiana abbia pagato le conseguenze perdendo il primo treno del "miracolo economico cinese", con un disavanzo commerciale difficile da riassorbire e una posizione marginale se inquadrata in un contesto globale. L'Italia, che pure vanta punte d'eccellenza nel comparto industriale, è riuscita comunque a strappare una quinta posizione tra i Paesi europei investitori in Cina – un miracolo italiano – e oggi mira a salire sul podio del numero tre. Grazie agli sforzi mirati e congiunti di enti preposti al commercio estero, quali l'ICE e il SIMEST, che da anni lavorano ai fianchi le istituzioni italiane con l'obiettivo di supportare le imprese italiane in Cina e veicolare maggiori investimenti mirati, oggi è possibile lanciare autorevoli giavellotti d'impresa. Oggi questo impegno diventa quindi congiunto e vede il pieno appoggio del Governo in chiave ufficiale. Si raccoglie l'eredità dell' impronta lasciata nel 2004 da Berlusconi quando "lanciò" l'appello a un partenariato strategico che e' stato continuamente aggiornato e rafforzato. Il nuovo approccio trova pieno riscontro in chi nel Sistema Italia ci ha sempre creduto, come Giancarlo Lanna (Presidente di SIMEST) che in esclusiva ad Agichina24 dichiara: "per noi la Cina è da sempre il primo Paese a cui guardare sia per gli investimenti diretti che per la gestione agevolata dell'export. Abbiamo favorito l'ingresso nel mercato cinese di 200 imprese italiane che hanno investito complessivamente 1 miliardo e 200 milioni di euro: la Cina è un mercato fortemente attrattivo per l'industria italiana, in particolar modo per le imprese specializzate nell'esportazione dei macchinari. La "missione d'acquisto" offre oggi lo scenario ideale per raggiungere un pieno partenariato con la Cina e consolidare un sempre maggiore interscambio tra i due Paesi".
E se Hu offre alla platea cinese un prezioso biglietto da visita accreditando l'Italia come "partner strategico globale" della Cina, il sottosegretario del Mofcom He Qiu Hong si affretta a smentire – quasi a voler dissipare eventuali dubbi residuali - la (presunta) sterzata protezionistica che recentemente ha suscitato una ondata di polemiche sulla stampa internazionale, risvegliando l'incubo della competizione sleale dispiegata a tutto campo dal 'Made by China'. "La Cina smentisce altresì le presunte misure restrittive in materia di Foreign Direct Investments (FDI). La crisi globale ha avuto un impatto negativo sull'interscambio Italia-Cina, che nei primo semestre del 2009 ha registrato una diminuzione del 19,8% rispetto allo stesso periodo del 2008. Ma la crisi deve essere colta come una sfida da cui possono sbocciare nuove opportunità". E che dalla crisi si possa uscire rafforzati lo dimostra la performance del Dragone che corre a vele spiegate: nonostante la shock anafilattico inferto dalla crisi globale, il mercato cinese continua a dipanare uno sviluppo senza arresti: nel 2009 la Cina ha registrato un volume di investimenti diretti inbound pari a 42 miliardi di dollari, in crescita del 23,6% rispetto ai dati relativi allo scorso anno. Di questi, solo 52.15 milioni sono riconducibili all'Italia.
Ma se gli investimenti italiani in Cina sono destinati a crescere, anche l'Italia spalanca le porte agli investitori cinesi: con oltre 50 aziende cinesi presenti ad oggi nel mercato italiano, si calcola che i cinesi abbiano iniettato nel nostro sistema circa 400 milioni di dollari. A fare eco all'omonimo cinese interviene Stefania Craxi che – senza stemperare gli entusiasmi - spiega come sia prioritario riequilibrare il disavanzo commerciale sino-italiano, che nel 2008 ammonta a 17 miliardi di euro, ed evitare l'adozione tout court di misure protezionistiche. "Fino a qualche anno fa le imprese cinesi erano viste come una minaccia, oggi invece sono percepite come una fonte di valore". Accanto alle success story di colossi cinesi quali Cosco e Huawei, Craxi sottolinea l'importanza degli investimenti di piccole e medie aziende cinesi, citando in particolare come il settore turistico - fortemente attrattivo e dalle grande potenzialità – possa fare la parte del leone.
A stimolare la penetrazione delle imprese cinesi in Italia, un ruolo rilevante è stato pienamente riconosciuto dal ministro Scajola al Fondo Mandarin "A testimonianza del nuovo impulso fornito dalle nostre relazioni, l'esperienza del Fondo Mandarin: un autentico "ponte finanziario" tra Italia e Ciba, che ha consentito il più grande investimento cinese in Europa". Lorenzo Stanca, managing partner del Fondo e tra gli speaker del Workshop "Investire in Italia" tenuto nel corso del Forum, afferma ad Agichina24 che "l'idea di base del Fondo – un ponte tra Italia e Cina – ha trovato pieno riscontro operativo: ci vengono presentate decine e decine di opportunità di investimento cross-border rispetto alle quali il Mandarin, come del resto tutti i fondi di PE, è estremamente selettivo, in particolare in una fase delicata come quella che stiamo attraversando. Ad oggi abbiamo chiuso tre operazioni con un investimento complessivo di oltre 70 milioni di euro (il fondo ha una dotazione di 330 milioni di euro): due 'Italy to China' nel settore farmaceutico e in quello delle componenti per valvole e per l'industria petrolchimica - Euticals e Gasket - e una 'China to Italy', l'acquisizione di Cifa da parte di Zoomlion. Un bilancio complessivo delle operazione non può prescindere dalla evidente difficoltà in cui versano attualmente gli operatori finanziari; ma nel nostro settore la crisi globale ha dischiuso anche nuove opportunità di business, grazie al fatto che possiamo sfruttare la moderazione dei prezzi delle imprese.
Ma l'appello al "Sistema Italia" proviene con forza dalla voce autorevole di Invitalia, promotore dell'evento e in prima linea per il sostegno della presenza italiana in Cina. E' infatti a Domenico Arcuri, amministratore delegato dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, che vanno i maggiori ringraziamenti degli interlocutori cinesi, tra cui Liu Yajun – il direttore di CIPA – che sciorina i dati forniti dal rapporto UNCTAD sul China's Attractiveness. Umberto Vattani, il presidente dell'ICE, stupisce la platea citando un detto di Confucio che va a creare la cornice emotiva dell'incontro "Gli amici vengono da lontano, e ne siamo felici". L'ottimismo confuciano sembra essere contagioso se anche Paolo Zegna – a conclusione del suo intervento incentrato sulle misure da adottare per rafforzare l'import – cita un antico detto cinese "la disgrazia dipende dalla fortuna, e la fortuna nasce dalla disgrazia" con chiaro riferimento a un approccio risolutivo congiunto per uscire dalla crisi. Un auspicio che, nelle parole di Giancarlo Lanna, trova riscontro nella volontà immediata di aggiornare i rapporti sino-italiana su tre livelli "organizzativo, paritario e sostenibile". L'interdipendenza si gioca sulla complementarità dei due sistemi; da un lato l'acquisizione di know-how per i cinesi, conditio sine qua non per diventare attori globali; dall'altro, la ricerca di nuovi canali di sbocco, l'acquisizione di capacità manifatturiere e la ricerca di canali di distribuzione per gli italiani. Per entrambi, la necessità di una piattaforma globale da cui prendere la rincorsa per ottenere un ruolo sempre più strategico nell'arena internazionale, surclassando il rischio della terziarizzazione.
Di forte richiamo il prossimo appuntamento all'expo di Shanghai nel 2010, che sarà una tappa non solo un traguardo. "Il mondo delle imprese è pronto a farsi carico del compito che gli spetta: fare sì che le nostre relazioni economiche e commerciali divengano sempre più strette, efficaci e fruttuose", afferma la Presidente di Confindustria Mercegaglia a fine giornata.
Il parterre di speaker di prestigio sul palco del Forum sembra avvalorare la convinzione generale che la crescita del PIL cinese riuscirà a raggiungere nel 2009 il fatidico tetto dell'8% . La locomotiva asiatica sbuffa, e l'Italia sembra tirare un respiro di sollievo. "Occorre a questo punto verificare da che parte pende l'ago della bilancia" osserva Federico Roberto Antonelli, responsabile China Desk di Studio Pirola. "Se si osservano i risultati prodotti da questa missione d'acquisto, sembra evidente come gli accordi siglati vadano maggiormente in direzione di un aumento degli investimenti italiani in Cina, che non il contrario. Sarà interessante tirare le somme tra qualche mese e verificare se la missione avrà anche incentivato investimenti cinesi di natura commerciale in Italia: un aspetto non irrilevante se ci si pone come obiettivo quello di ribilanciare la bilancia commerciale".
Ma a voler tirare subito le somme occorre una riflessione aggiuntiva che dia atto dello stato d'animo delle aziende italiane che da anni presidiano il mercato cinese. "Un bilancio positivo, siamo molto ottimisti" dichiara ad Agichina24 Valerio Gruppioni, CEO di Sira Group (leader nella produzione di radiatori per il riscaldamento) "è importante che si cerchi di attrarre investimenti cinesi in Italia. Ma credo che sarebbe ugualmente importante supportare con i mezzi giusti le imprese italiane che stanno già investendo pesantemente in Cina. Un supporto che Sira Group ha ricevuto grazie all'egregio lavoro svolto da SIMEST e all'impegno profuso dall'Ambasciata Italiana in Cina e dall'ICE, e che ci ha consentito di aggredire anziché subire la crisi, portando a casa ottimi risultati malgrado la congiuntura economica sfavorevole". Di storie di successo come questa l'Italia dovrà cercare di riempire gli spalti. Ed oggi il Sistema Paese ha fatto il pieno di gasolio ed è pronta a partire in quarta. Per mordere il mondo, anziché subirlo.