Roma, 19 dic.- "Sconvolta" e "addolorata". Così, stando alle dichiarazioni ufficiali, la notizia della morte dell'ex dittatore nordcoreano Kim Jong Il ha lasciato Pechino, unica alleata del regime del "Caro leader". Ma Zhaoxu, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha definito il defunto un "grande leader che ha fornito importanti contributi alle relazioni sino-coreane". La sua morte tuttavia – è il messaggio di Ma - non deve coincidere con il deterioramento dei rapporti tra i due Paesi. Il portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato che le due Repubbliche Popolari "continueranno a consolidare e a sviluppare la tradizionale amicizia tra i rispettivi Partiti comunisti, governi e popoli, e a preservare la pace e la stabilità nella penisola coreana e nell'intera regione".
Dietro le dichiarazioni di Ma Zhaoxu, si nascondono, secondo gli analisti, tutti i timori di Pechino riguardo l'imminente cambio di guardia a Pyongyang e sui possibili squilibri che comporterà sia all'interno che all'esterno del regime. A Kim Jong Il succederà di fatto suo figlio Kim Jong Un, classe 1983, il quale però non gode di grande stima tra gli ambienti militari nordcoreani. Per diversi anni, dal 1998 al 2001, l'ex dittatore nordcoreano sembrò aver individuato come successore alla poltrona di Pyongyang il suo primo erede nato nel 1971 Kim Jong Nam, attualmente residente a Macao. Il 2001 fu l'anno dell "l'incidente del Giappone": il rampollo fu fermato mentre tentava di entrare in Giappone con un passaporto falso per visitare Disneyland. Un errore che, secondo gli osservatori, lo fece uscire dalle grazie del padre il quale spostò le sue attenzioni verso Kim Jong Un. Terzo figlio (prediletto) del dittatore, formazione universitaria a Berna, amante del Basket e "in tutto e per tutto uguale a suo padre", Kim Jong Un – o il Brillante Compagno, come viene chiamato - secondo molti, non ha la stoffa del suo predecessore e, di sicuro, non è ancora pronto per guidare il Paese. E a capitanare l'opposizione alla sua successione si pose tempo fa emerse proprio suo zio Chang Suang-Taek, marito della sorella del caro leader e potente membro della Commissione nazionale di Difesa. E il timore è che il Brillante Compagno non sia in grado di esercitare un controllo serrato come quello messo in atto negli ultimi 17 anni da suo padre.
Secondo gli analisti, i leader cinesi sarebbero preoccupati che l'improvvisa morte del dittatore abbia lasciato poco tempo al suo erede per prendere in mano le redini del controllo. "L'idea della Cina era che Kim Jong Il vivesse per almeno altri due anni e che fosse in grado di mettere in moto il meccanismo di successione al potere" commenta Stephanie Kleine-Ahlbrandt, analista a Pechino per l'International Crisis Group. "Se la successione non dovesse funzionare, ci sarebbero molti disordini" dichiara all'AFP Joseph Cheng, professore all'Università di Hong Kong. "Pechino – continua Cheng – desidera in tutti i modi evitare che in Nord Corea si verifichi una crisi di governo perché le conseguenze potrebbero ripercuotersi lungo i confini".
Un indebolimento di Pyongyang potrebbe spianare la strada a Seul verso una riconquista della penisola coreana. E con il crollo del regime di Pyongyang, i leader del governo di Pechino si ritroverebbe sotto gli occhi uno scenario a tinte cupe: da un lato il Dragone si ritroverebbe con i soldati americani - alleati della Corea del Sud - fino al cortile di casa; dall'altro ci sarebbero i milioni di profughi nordcoreani entrati nelPaese oltrepassando i 1,415 kilometri di frontiere, vera e propriaemergenza umanitaria. Proprio la scorsa settimana, la notizia dell'ingresso in Cina di sei guardie di confine nordcoreane armate ha fatto innalzare il livello d'allerta. Forze dell'ordine cinesi e funzionari dell'intelligence nordcoreana sono stati immediatamente spediti a Dandong, cittadina lungo il confine in cui le guardie erano state avvistate, per setacciare la zona. Sin dal 1950 più di 21.700 nordcoreani sono fuggiti dal Paese piegato dalla fame e dalla povertà, si tratta però per lo più di civili, mentre più rare sono quelle dei soldati.
Intanto per Pechino è arrivato un messaggio dai toni provocatori da parte del ministro degli Esteri francese Alain Juppé. Il ministro ha infatti dichiarato di non condividere la tristezza espressa da Pechino per la morte del dittatore nord-coreano Kim Jong Il, auspicando che il Paese recuperi la libertà. "La morte di un uomo non è mai una gioia, ma la sofferenza di un popolo mi rattrista", ha affermato Juppé commentando il messaggio di condoglianze della Cina al popolo coreano. Il Ministro francese, ha aggiunto che la Francia è "vigile" sulla questione della successione della leadership in un Paese che Juppé ha definito"completamente chiuso". Poi l'appello alla Cina: "Il dialogo in corso con la Corea del Nord ha alti e bassi, ma dobbiamo portarlo avanti con l'appoggio della Cina e di altri paesi, affinché la Corea del Nord rinunci ai suoi armamenti nucleari".
di Sonia Montrella
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