MAXI CYBER-SPIONAGGIO, SOSPETTI SU PECHINO

MAXI CYBER-SPIONAGGIO, SOSPETTI SU PECHINO

Pechino, 3 ago. – E' Pechino il primo sospettato della più grande operazione di cyber-spionaggio della storia. A denunciare il fatto, un rapporto della società di sicurezza informatica McAfee che ha riscontrato la violazione dei database di 72 organismi tra cui l'Onu, i governi di Usa, Canada, Corea del sud, India e Taiwan e decine di società americane del settore hi-tech e della difesa. E mentre per alcuni esperti il responsabile è  un "soggetto statale" non meglio specificato, James Lewis, esperto di cibernetica presso il Center for Strategic and International Studies -, non sembra avere dubbi: dietro le quinte si nasconde il Dragone.  "Molti degli obiettivi presi di mira sono di particolare interesse per la Cina" ha spiegato Lewis.

 

Tra le vittime dello spionaggio informatico ci sono infatti Taiwan  - provincia "ribelle" che si è resa indipendente e che il governo cinese mira a riannettere sotto il proprio controllo - e il Comitato olimpico internazionale (CIO), che ha registrato infiltrazioni on e off proprio nei 28 precedenti le Olimpiadi di Pechino e l'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico Asean. "Tutto riconduce alla Cina.  Potrebbe anche essere la Russia, ma è molto più improbabile" aggiunge Lewis.

 

L'operazione di spionaggio, sostengono gli esperti della McAfee, andrebbe avanti da diversi anni. Dei 72 soggetti spiati, 49 hanno base negli Stati Uniti e tra gli obiettivi c'erano dati top secret sui sistemi militari e di comunicazione americani, ma anche compagnie petrolifere, una società di real estate della Folorida e le sedi di Hong Kong e New York dell'Associated Press, si legge sul Washington Post. Quanto all'attacco alle Nazioni Unite, gli hacker sono entrati nel sistema di computer del segretariato di Ginevra nel 2008 e li sono rimasti per circa due anni. "Siamo rimasti colpiti dall'enorme diversità delle organizzazioni vittime e dall'audacia degli esecutori", ha scritto Dmitri Alperovitch, vicepresidente di McAfee per la ricerca delle minacce, nel rapporto di 14 pagine diffuso oggi. ""Società e agenzie governative vengono violate ogni giorno. Stanno perdendo il vantaggio economico e segreti nazionali a vantaggio di concorrenti senza scrupoli. "Siamo di fronte al più grosso trasferimento di ricchezza della storia in termini di proprietà intellettuale" ha poi aggiunto Alperovitch.

 

In fatto di spionaggio informatico, il primo a puntare il dito contro la Cina è stato Google denunciando più volte infiltrazioni negli account gmail di diversi esponenti dell'amministrazione americana, funzionari, militari, giornalisti e attivisti cinesi. In particolare, l'ultimo attacco sferrato dagli hacker cinese che risale allo scorso giugno  – secondo la denuncia del direttore del colosso di Mountain View - sarebbe partito da Jinan, nella provincia orientale dello Shandong, con un bersaglio ben preciso: centinaia di account di posta elettronica di funzionari e attivisti.  L'hackeraggio  era stato presto sventato, ma la vicenda aveva messo in subbuglio anche Washington che aveva fatto sapere di "prendere sul serio e di esaminare la faccenda".

 

La compagnia  di Mountain View è presente in Cina dal 2005, ma il rapporto tra il motore di ricerca e il gigante asiatico è sempre stato altalenante per via del bavaglio imposto dal governo cinese. Nel marzo dello scorso anno, dopo aver dichiarato di essere stato vittima di un attacco informatico – che Wikileaks assicura essere stato diretto da due membri del Politburo, Google aveva dirottato le sue operazioni su Google.com.hk sbloccando di fatto i contenuti sgraditi al governo di Pechino. Un tentativo inutile in quanto la censura che Google si rifiuta di esercitare fu prontamente reintrodotta dai filtri governativi che resero inaccessibili le pagine incriminate. La schiarita arrivò poi a luglio con il rinnovo della licenza di ICP di Google da parte di Pechino. Ma il braccio di ferro continua tuttora.

 

di Sonia Montrella

 

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