Pechino, 2 ago.- A luglio il manifatturiero cinese cresce ai ritmi più lenti registrati negli ultimi 17 mesi: lo mostrano due diverse elaborazioni del PMI (Purchasing Manager's Index) – un indicatore fondamentale per il settore- diffuse oggi; ufficiale la prima, indipendente la seconda. Il PMI è un indice basato su diversi fattori -tra cui nuovi ordini, produzione e consegne- che fotografa un mercato in espansione quando si attesta sopra quota 50, e denota invece una contrazione al di sotto di questa cifra. In Cina viene elaborato dalla CFLP (China Federation of Logistics and Purchasing), i cui rilevamenti per il mese scorso mostrano un manifatturiero che si attesta a 51.2 punti contro i 52.1 del mese di giugno. Ma se l'indagine della CFLP -che si basa su un campione di più di 700 società- registra un netto calo pur mantenendosi al di sopra dell'asticella, quella prodotta da HSBC (su un campione di circa 400 società) mostra una verità diversa: secondo gli economisti di una delle prime banche del mondo,a luglio il manifatturiero del Dragone si sarebbe già inoltrato in territorio negativo, totalizzando 49.4 punti contro i 50.4 del mese di giugno. "Il dato suggerisce che la crescita della produzione nel manifatturiero continua a rallentare grazie all'effetto combinato della stretta sul credito, delle misure per raffreddare il mercato immobiliare e dei provvedimenti adottati dal governo per tagliare la produzione nei settori ad alto consumo di energia" scrive in una nota di commento il capo economista HSBC per la Cina Qu Hongbin. Secondo HSBC si tratta della prima contrazione registrata dal marzo 2009, ma Qu ritiene che l'economia cinese continuerà comunque a crescere: "Nonostante questa frenata ci aspettiamo una crescita attorno al 9%- ha concluso- sostenuta soprattutto dagli immensi investimenti in infrastrutture e dalla crescita costante dei consumi interni".
A pesare sul risultato, secondo numerosi analisti, sarebbe soprattutto il rallentamento dell'industria pesante, in parte causato dalla campagna lanciata dal governo per chiudere gli impianti più inquinanti e più costosi in termini di energia: i dati disaggregati della seconda indagine, ad esempio, mostrano un indice della produzione a quota 52.7 rispetto al 55.8 del mese di giugno, un indice dei nuovi ordini sceso a 50.9 rispetto al 52.1 del mese precedente, e un indicatore delle esportazioni in calo per il terzo mese consecutivo che si stabilizza a quota 51.2. Una frenata ancora più evidente dell'economia cinese sarebbe in grado di causare un rallentamento della ripresa mondiale, già duramente provata dal peso dei debiti e dalla disoccupazione registrata nelle economie più sviluppate. Tuttavia Zhang Liqun, ricercatore del Consiglio di Stato di Pechino, ha dichiarato ieri che, nonostante un raffreddamento della crescita, l'espansione annuale alla fine del 2010 potrebbe comunque risultare in un + 9.5%, un lieve miglioramento rispetto al + 9.1% raggiunto l'anno scorso.
© Riproduzione riservata