MANIFATTURIERO CINESE IN CONTRAZIONE A NOVEMBRE

MANIFATTURIERO CINESE IN CONTRAZIONE A NOVEMBRE

Pechino, 1 dic.- Adesso è ufficiale: a novembre il manifatturiero cinese è entrato in una fase di stallo, registrando il primo rallentamento negli ultimi tre anni.

 

Secondo i dati pubblicati giovedì dalla China Federation of Logistics and Purchasing – statistiche ufficiali, approvate dal governo di Pechino - a novembre il Purchasing Managers' Index è sceso a quota 49.0 contro il 50.4 registrato a ottobre.

 

Il Purchasing Managers' Index è un indice basato su diversi fattori (tra cui nuovi ordini, produzione, consegne, ecc.) che evidenzia una crescita del manifatturiero quando si attesta oltre i 50 punti e al di sotto di tale soglia segnala invece un mercato in contrazione. In Cina, la statistica ufficiale viene elaborata dalla China Federation of Logistics su un campione di 820 società appartenenti a 28 settori differenti, ma esiste anche un indice "ufficioso" elaborato da HSBC che si basa su un campione di 430 società, viene elaborata su un campione tra l'85% e il 90% del totale ed esce in anticipo rispetto a quella di CFL.

 

Al di là delle differenze sulle cifre – per HSBC l'indice si è addirittura fermato a quota 48 punti – stavolta statistiche ufficiali e ufficiose concordano: il mese scorso il sistema produttivo del Dragone ha subito la prima botta d'arresto dal 2008, anno dello scoppio della crisi finanziaria globale (questo articolo).

 

Gli effetti della crisi del debito pubblico europeo e della mancata ripresa americana si ripercuotono così anche sul sistema cinese, tradizionalmente orientato verso le esportazioni. Nel pomeriggio di mercoledì si erano avvertite le prime avvisaglie: con una mossa a sorpresa, People's Bank of China aveva annunciato un taglio di 0.50 punti percentuali del coefficiente di riserva obbligatoria, ossia la quota che gli istituti di credito devono obbligatoriamente depositare presso la Banca centrale. Una manovra espansiva, decisa per aumentare la liquidità in circolazione e contrastare i venti di crisi che spirano da Occidente: secondo i calcoli di Citigroup la decisione di PBoC immetterà a partire dal 5 dicembre prossimo 370 miliardi di yuan (circa 43 miliardi di euro) nel sistema finanziario. Ma anche una mossa molto significativa, se si pensa che finora il problema della Banca centrale era stato esattamente di segno opposto, ossia ridurre la massa di denaro in circolazione per frenare il costo della vita: dall'inizio del 2011 PBoC aveva aumentato il coefficiente di riserva, con l'obiettivo di frenare il boom del credito che ha caratterizzato la Cina degli ultimi tre anni e impedire alle banche di continuare l'erogazione di nuovi prestiti.

"Nei prossimi mesi la produzione industriale cinese calerà probabilmente dell'11%-12% anno su anno, a causa del forte indebolimento della domanda estera e del rallentamento della domanda interna" aveva predetto la scorsa settimana l'economista di HSBC Qu Hongbin.

 

Un orizzonte cupo, in parte confermato dai funzionari del governo: "Le prospettive dell'export cinese nell'immediato futuro non sono ottimistiche" ha detto due settimane orsono il  portavoce del ministero del Commercio Shen Danyang nel corso di una conferenza stampa di presentazione dei dati relativi ai primi dieci mesi del 2011. Le previsioni del ministero mostrano che alla fine del 2011 il surplus commerciale cinese dovrebbe declinare fino a quota 150 miliardi di dollari. "Nel corso dell'anno abbiamo assistito a un continuo declino del surplus- ha detto ancora Shen- e se il trend discendente dovesse continuare, alla fine dell'anno registreremo una diminuzione pari a circa 30
miliardi di dollari".

 

di Antonio Talia

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