LIBIA: PECHINO CHIEDE CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO
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LIBIA: PECHINO CHIEDE CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO

LIBIA: PECHINO CHIEDE CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO

Politica Internazionale
LIBIA: PECHINO CHIEDE CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO
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Roma, 23 mar.- Cessate il fuoco: l'appello della Cina arriva dopo il terzo giorno di attacchi aerei nei cieli libici. E intanto Pechino si interroga sulle conseguenze della sua astensione alla risoluzione sulla NO-Fly Zone (questo articolo)  approvata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che autorizza l'intervento militare in Libia. Membro permanente dell'Onu insieme alla Russia - quindi con diritto di veto -, la posizione di Pechino al Palazzo di Vetro ben rappresenta il dilemma che la Cina si trova ad affrontare, combattuta tra la volontà di restare allineata con gli Usa e la difesa di una politica di non ingerenza.

 

Pechino, 21 mar. - La Cina pronuncia una nuova, forte condanna agli attacchi contro la Libia: in un editoriale pubblicato oggi sul Renmin Ribao, l'organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, Pechino accusa Washington e tutti i suoi alleati di violazione delle norme internazionali. "La tempesta di sangue che l'Iraq sta attraversando da otto anni e le indicibili sofferenze alle quali è stato sottoposto il suo popolo costituiscono allo stesso tempo un ammonimento e un'immagine speculare di quanto sta accadendo oggi" si legge nell'articolo. "Dopo la guerra afgana e quella irachena, l'attacco militare alla Libia rappresenta la terza occasione in cui alcuni Paesi si scagliano militarmente contro una nazione sovrana. Ma ogni volta che si adoperano mezzi militari per la risoluzione di una crisi, si colpiscono le Nazioni Unite e le regole delle relazioni internazionali".

 

L'editoriale è firmato 'Zhong Sheng', pseudonimo che in cinese suona come "Voce del Centro" o "Voce della Cina", segno che l'articolo riflette le opinioni del governo cinese ai massimi livelli. Il China Daily, la versione internazionale del quotidiano di partito, non usa toni più leggeri, e definisce "una scusa" la preoccupazione manifestata dagli alleati verso i civili libici, sostenendo che l'intervento militare potrebbe "aprire una Vaso di Pandora" e precipitare l'intera area nel caos.

 

Il ministero degli Esteri di Pechino aveva già espresso "serie riserve" sulla soluzione militare, ed ha annunciato stamattina che in settimana il delegato per il Medio Oriente visiterà Israele, Libano, Siria, Qatar e i territori palestinesi. Nel corso della votazione sulla risoluzione ONU che ha condotto all'azione militare, tuttavia, la Cina – come la Russia – si è astenuta, allineandosi agli appelli con i quali numerose nazioni arabe chiedevano un intervento diretto delle Nazioni Unite. La posizione riflette la tradizionale ritrosia di Pechino a esercitare il diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

 

Il Dragone mostra da tempo un crescente dinamismo anche nell'area nordafricana e in quella mediorientale. La scorsa settimana Tripoli aveva nuovamente invitato Cina, Russia e India – nazioni definite "amiche", con le quali Gheddafi mostra di voler stringere accordi sempre più stretti – a siglare contratti per lo sfruttamento diretto dei giacimenti libici, ma non si hanno conferme ufficiali se tali proposte siano state accolte o meno. All'inizio di marzo Fethi Faraj, un leader dell'opposizione locale di Tobruk che lavora per la Arabian Gulf Oil Company, aveva dichiarato che la prima petroliera che aveva lasciato le coste libiche dallo scoppio della ribellione era diretta proprio verso la Cina. Nel 2010 circa la metà dell'import di greggio cinese proveniva dal Medio Oriente e dal Nord Africa.

 

di Antonio Talia

 

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