LEGGE ANTI YUAN PASSA AL SENATO USA: LA RABBIA DI PECHINO

Pechino, 12 ott.- Il Senato americano approva la cosiddetta "legge anti-yuan", e la reazione di Pechino arriva puntuale e gelida: "Si tratta di una norma protezionista che viola gravemente le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, -  scrive mercoledì mattina sul sito del ministero degli Esteri di Pechino il portavoce Ma Zhaoxu - la Cina chiede urgentemente alla Casa Bianca e al Congresso di opporsi con risolutezza all'approvazione attraverso i mezzi forniti dalla legislazione americana vigente,  evitando così di creare ulteriore confusione sull'argomento e di aumentare le pressioni sul tasso di cambio dello yuan".

 

La norma, che ufficialmente si chiama "Currency Exchange Rate Oversight Reform Act", è stata approvata nella sera di martedì con 63 voti favorevoli e 35 contrari. Adesso, dovrà passare lo scrutinio della Camera dei Rappresentanti e ottenere la firma di Barack Obama, che ha finora mantenuto un atteggiamento cauto e - pur avendo sostenuto di condividerne gli obiettivi - non l'ha appoggiata ufficialmente.

 

La bozza di legge gode di un sostegno bipartisan, ha come bersaglio tutte le "valute straniere che vengono scambiate a un valore inferiore a quello reale", ma in realtà è un siluro puntato direttamente contro Pechino: se approvata, consentirebbe alle aziende Usa di chiedere al governo di adottare imposte per bloccare l'import di beni cinesi. Anche se l'applicazione delle nuove tasse contro la concorrenza sleale andrebbe adottata caso per caso, ci sono i presupposti per una dura battaglia commerciale contro Pechino: da anni Washington accusa la Cina di mantenere lo yuan troppo debole rispetto al suo valore effettivo, dato che la moneta cinese è solo parzialmente convertibile e il suo tasso di cambio veine deciso di volta in volta dalla Banca centrale. Una forma di "dumping monetario", secondo i senatori statunitensi, che consente al Dragone di avvantaggiarsi slealmente a scapito dei prodotti di altre nazioni.

 

Il governo cinese aveva già fatto sentire tutta la sua disapprovazione nelle ultime settimane, man mano che la legge proseguiva il suo iter al Senato Usa, e anche lunedì, alla vigilia della votazione, il viceministro degli Esteri Cui Tiankai aveva dichiarato che una norma del genere potrebbe "innescare una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e bloccare la ripresa dell'economia mondiale".

di Antonio Talia

 

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