Diversi sono i fattori che hanno rafforzato lo slancio all'importazione di prodotti agro-alimentari in Cina: il progressivo miglioramento dei sistemi di trasporto, la riduzione delle imposte per l'importazione, la liberalizzazione del settore della distribuzione, lo sviluppo della ristorazione internazionale e l'impatto del modello alimentare occidentale sui consumatori cinesi. Come è noto, infatti, la comparsa dalla metà degli anni '90 dei supermercati sta cambiando il volto di molte città cinesi e sono gli abitanti delle aree urbane, che rappresentano circa il 40% della popolazione totale, i principali destinatari delle merci vendute. In seguito alle nuove tendenze nei consumi, anche la dieta dei cinesi sta cambiando: diminuisce l'impiego di prodotti tradizionali, come riso, verdure e carne suina e aumenta il consumo di carni bianche, latticini e olii vegetali raffinati. Sebbene quindi si registri un relativo miglioramento dello scenario per l'esportazione, sussistono ancora degli ostacoli, dei quali i principali sono: la tradizione 'forte' della cucina cinese, alla quale è difficile contrapporre un concorrente, le restrizioni e i divieti imposti dall'articolato sistema burocratico, l'inadeguatezza dei canali della distribuzione, l'ignoranza delle caratteristiche del mercato cinese da parte delle imprese italiane e l'assenza di strutture alberghiere italiane.
Tra i paesi esportatori di prodotti agroalimentari in Cina (il cui volume di affari si aggirava sui 21,5 miliardi di dollari alla fine del 2006), l'Italia si classifica al 27° posto alla fine del 2007, con un volume complessivo di circa 88 milioni di dollari e una crescita del 30% rispetto all'anno precedente.
Come mostra la tabella seguente, è interessante notare che il cioccolato è il prodotto maggiormente esportato dall'Italia verso
Prodotto | Valore (mln USD) | Variazione % 06/07 | Posizione tra i fornitori |
Cioccolato | 26.04 | - 3 | 1 |
Vino | 20.40 | + 68.3 | 4 |
Olio d'oliva | 9.66 | + 14.59 | 2 |
Pasta | 3.87 | + 24.87 | 1 |
Caffè | 2.61 | + 41.1 | 4 |
Formaggio | 1.62 | + 58.19 | 6 |
(Fonte: Vinitaly)
Le prime joint venture sino-francesi di aziende produttrici di vino hanno cominciato ad investire in questo settore circa venti anni fa e la produzione si è poi sviluppata con un tasso annuo del 12-15%. I marchi nazionali principali sono Great Wall, Dragon Seal, Changyu, il più grande produttore di vini in tutta l'Asia, Huadong e Lou Lan. La produzione del vino nel
Un'indagine basata sulle risposte date da 1.800 soggetti ha rivelato che più dell'80% ritiene che il vino francese sia il migliore, seguito dal vino italiano e poi da quello cinese, spagnolo, australiano e tedesco.
Sebbene
Si calcola che il numero dei consumatori di vino superi i 10 milioni e che questa cifra tenderà ad aumentare. Il consumatore tipo fa parte del ceto medio-alto, ha un età compresa tra i 30 e i 45 anni ed un alto livello di scolarizzazione, abita in città e concepisce il vino soprattutto come status symbol. Secondo un dossier apparso su Vitisphere i criteri che determinano la scelta d'acquisto sono dettati soprattutto dalla marca (44%), dal gusto (28%), dal prezzo (16%), dall'origine (8%) e dall'imballaggio (4%).
I prezzi si aggirano tra 2-3 euro per il vino cinese in bottiglia e 8-18 euro per i vini d'importazione. Questi ultimi hanno conquistato l'80% del mercato del vino a Shanghai, città da sempre sensibile all'influenza di gusti e mode occidentali. Riguardo alla tipologia di vino, il consumatore tipo preferisce vini giovani, invitanti e di prezzo medio.
Per quanto riguarda la promozione, già alcuni anni fa, Lau Chi Sun, editore della rivista di Hong Kong Wine Now, sottolineava la necessità di considerare le abitudini diverse e radicate da secoli dei cinesi, delle quali occorre tener conto nelle strategie promozionali. Il consumo di vino, rispetto alle altre bevande alcoliche, rappresenta infatti una minima parte, schiacciato dallo strapotere della birra (78%) e delle bevande alcoliche cinesi (1%).
Significativi risultati nell'ambito della promozione sono stati ottenuti grazie ad eventi come
Prosegue il viaggio di Agichina nel settore alimentare in Cina. La puntata di oggi è dedicata al formaggio.
Il formaggio, per secoli, è stato "il grande assente" della dieta cinese. Da qualche anno però, il prodotto sta lentamente conquistando il mercato, attraverso il canale dei fast food, nella forma di pizze, burger e sandwich. Grazie alla rapida diffusione di western-style supermaket e catene come McDonald's e Pizza Hut, i cinesi stanno infatti iniziando a variare la propria dieta e ad apprezzare il sapore del formaggio. Naturalmente, si tratta di un fenomeno limitato alla popolazione urbana di un certo livello sociale ma che presenta importanti opportunità di crescita se si osservano l'intensa urbanizzazione, crescita economica e conseguente mobilità sociale che sta coinvolgendo
Puntare sul settore caseario implica, naturalmente, tutti quei rischi inevitabilmente connessi ai mercati vergini, ma in nessun altro paese al mondo l'industria lattiero-casearia presenta un potenziale e delle prospettive di crescita su lungo periodo così brillanti come in Cina; nel corso degli ultimi 20 anni, essa è infatti cresciuta da zero, fino a registrare un volume di vendite annue pari a quasi 2 miliardi di euro. Certo, il mercato è ancora minuscolo se paragonato a quello dell'Europa e se rapportato alla capacità offerta dal paese, ma in un arco di tempo variabile dai tre ai cinque anni si prevede che le giovani generazioni apprezzeranno sempre di più il formaggio. Secondo le previsioni dell'Istituto nazionale di Statistica Cinese, nel 2015 il volume del consumo di latticini pro-capite potrebbe raggiungere i
La produzione locale è ancora allo stato embrionale e il mercato è dominato dal formaggio straniero. Ma
Sebbene l'Europa rappresenti la più grande industria casearia del mondo, essa occupa solo una piccola parte del mercato cinese, trovandosi a competere con paesi che dominano quei segmenti del mercato in più forte crescita: si tratta di Australia e Nuova Zelanda, da cui proviene gran parte del formaggio utilizzato nelle catene di fast-food.
Le restanti tipologie di formaggi, provenienti da Francia, Olanda, Italia, sono utilizzate nel canale horeca (termine commerciale che si riferisce al settore dell'industria alberghiera e alle imprese che preparano e servono alimenti e bevande) e solo marginalmente sono vendute dalla grande distribuzione.
Il fatto che l'Europa esporti poco in Cina è un riflesso della struttura del mercato mondiale del formaggio. Sebbene l'Unione Europea detenga infatti il titolo di maggior produttore, consumi e scambi restano confinati all'interno della Ue. Al contrario, Nuova Zelanda ed Australia, che hanno il vantaggio dei bassi prezzi legati alla pastorizia, esportano più della metà della loro produzione.
Quello cinese è un mercato in continua trasformazione e le possibilità per la produzione europea sono legate soprattutto a quei segmenti di mercato che si stanno sviluppando più lentamente, ma che puntano sulla qualità.
FORMAGGI ITALIANI: I PROGETTIL'Italia è il paese più colpito dalla pirateria agroalimentare in Cina e il formaggio è uno dei prodotti che subisce più largamente la pratica della contraffazione. Sui banchi dei supermercati cinesi compaiono il Parmesan e il falso Provolone, così come Caciotta e Pecorino, ma con raffigurata sulla confezione una mucca al posto della pecora. Si tratta di una reale minaccia, che rischia di danneggiare non solo l'economia ma anche l'immagine del vero Made in Italy. Di fronte a questi rischi è necessario intervenire urgentemente con i controlli e con la trasparenza dell'informazione per consentire la rintracciabilità delle produzioni e scelte consapevoli da parte dei consumatori.
Messi da parte gli allarmismi legati al recente blocco della mozzarella, si respira un clima di ottimismo nei progetti legati all'esportazioni di formaggi e prodotti nostrani in Cina.
Progetto Trading Agro Crai
Nel marzo scorso è stata costituitaGli store, che saranno poi anche a Shanghai e Tianjin, vogliono essere una grande vetrina, con un assortimento totalmente italiano di prodotti sia artigianali che industriali; dall'Italia saranno importanti al 40% alimenti confezionati, al 30% formaggi e prosciutti, al 20% vini e al 10% olio di oliva.
Progetto CrossroadsA pochi mesi dalle Olimpiadi 2008 il Grana Padano, formaggio italiano per antonomasia, è diventato il binario su cui corre il progetto Crossroads "Where Lombard tradition meets chinese taste"; lo scopo è quello di promuovere la conoscenza dei prodotti lombardi con marchio di qualità e la diffusione del formaggio DOP Grana Padano in Cina. Prima iniziativa in programma, il libro di ricette sino-lombarde "Il gusto lombardo sulla via d'Oriente", in cui 30 piatti di tradizione cinese sono reinterpretati con ingredienti e gusto lombardi: dagli involtini primavera fritti con crema di gorgonzola al pollo al curry con sformato di riso al Grana Padano.
Fresca, secca, all'uovo o ripiena, la pasta rimane la regina incontrastata della gastronomia italiana. Tuttavia, è problematico attribuire a qualcuno la paternità di aver per primo mescolato grano polverizzato ad acqua così da ottenerne un impasto per uso alimentare. I maggiori indiziati sono proprio i cinesi: è molto radicata l'idea secondo cui fu Marco Polo, di ritorno dalla Cina, a diffondere gli spaghetti in Italia. In realtà, già 48 anni prima del viaggiatore veneziano, il termine "pasta" compariva in alcuni documenti italiani.
E' quindi più realistico pensare che i popoli antichi abbiano scoperto, ciascuno a modo suo, la pasta, spinti da esigenze ed abitudini diverse.
PASTA CINESE, PASTA ITALIANA
Il Regno di Mezzo è la terra madre dei noodles (spaghetti), in cinese miantiao; lo stesso termine viene utilizzato per indicare più in generale la pasta. E' soprattutto la cucina settentrionale a prediligerne l'uso: ravioli, spaghetti e tagliatelle, conditi con verdure, pesce o sugo di carne.
La pasta è quindi presente nella tradizione alimentare cinese e quindi concettualmente l'accettazione della pasta di grano duro italiana, sebbene diversa per consistenza (il grano usato dai cinesi è del tipo tenero: ecco perchè scuoce così in fretta!), non è così difficile.
Non si registra la presenza di produttori locali di pasta realizzata o i un prodotto ohe o duro secondo lo stile italiano. leo uso di pasta, ravioli, spaghetti e tagliatelle uso alimentarecon farina di grano duro secondo lo stile italiano: si tratta di un prodotto interamente importato. Numerosi invece i produttori, alcuni anche esteri, di noodles.
IMPORTAZIONE DI PASTA DI GRANO DURO
Le importazioni di pasta sono state di 12,3 milioni di euro nel 2006; l'Italia si colloca al primo posto nella classifica dei paesi fornitori, con più di 2 milioni e mezzo di euro. Considerando il fatto che la popolazione cinese è assai numerosa, la domanda potenziale del prodotto risulta amplissima, anche se il consumo pro-capite attuale si attesta ben al di sotto della media internazionale ed è circoscritto alle fasce medio-alte della società.
Diversi fattori contribuiscono alla diffusione della pasta in Cina: oltre alla fama della cucina italiana a livello internazionale, vi è il costo relativamente basso del prodotto, che permette un ampio consumo e la facile reperibilità degli ingredienti necessari per la preparazione, disponibili, a parte il formaggio, in qualsiasi mercato.
Attualmente, nei grandi centri urbani, la pasta italiana si trova ovunque, dal grande centro commerciale al piccolo alimentari sotto casa. Generalmente, la pasta viene esposta nei supermercati nell'area riservata ai prodotti di importazione, come al Carrefour o al Lotus. Tuttavia nei centri commerciali di dimensioni minori, sempre più spesso si vedono le penne, i fusilli o gli spaghetti in mostra nello stesso scaffale della pasta tradizionale, indice significativo dell'accettazione del prodotto italiano. Le principali aziende presenti in Cina sono Barilla, Agnesi, De Cecco, Pasta Zara, Ambra, Valdigrano, Monte Regale.
IL PRIMATO DEL CIOCCOLATO ITALIANOI cinesi golosi di cioccolato? A giudicare dalle dimensioni del mercato di questo prodotto, secondo solo agli Stati Uniti per volume, sembrerebbe proprio di sì. Il valore delle importazioni di cioccolato è in crescita e, nella classifica dei Paesi fornitori, l'Italia si aggiudica il primo posto, con una quota di mercato del 36,4%. Occorre notare che nel caso del cioccolato esistono in Cina tre tipi di prodotto: quello importato, di alta qualità e acquistato da una fascia alta di consumatori; quello prodotto in loco da joint venture con le multinazionali, di fascia media ma reso accattivante da una forte promozione commerciale, e infine quello locale, prodotto da aziende cinesi, di qualità bassa e con prezzi economici, poco competitivo sullo stesso mercato cinese. Nonostante il consumo pro-capite sia pari solo all'1% della media del consumo pro-capite mondiale, il mercato cinese è ancora molto promettente e, a partire dagli anni '90, molti produttori stranieri hanno fatto il loro ingresso in Cina.
Principali brand presenti in Cina
I 10 brand che si contendono circa il 90% del mercato del cioccolato in Cina sono Dove, Cadbury, Le Conte, Nestle, Hershey's, Golden Monkey, Ferrero, M&M's, Tresor Dore e Shenfeng. Le prime due controllano quasi i due terzi del mercato, e solo due delle dieci sono cinesi,
L'italiana Ferrero riscuote un grande successo, come dimostrato dai tentativi, recentemente puniti dalla legge, di imitazione dei suoi prodotti.
Produzione locale
I produttori cinesi hanno ancora diversi problemi da risolvere: le imprese impiegano macchinari desueti, mancano le infrastrutture necessarie e anche la ricerca su questo tipo di prodotto. Attualmente, la capacità produttiva annua supera le 100.000 tonnellate, ma l'alta competitività delle marche straniere mette in difficoltà la produzione locale, spesso incapace di raggiungere gli standard internazionalmente riconosciuti. Tra questi il regolamento in base al quale il contenuto di grasso diverso da burro di cacao non può superare il 5%, quello di burro di cacao non può essere inferiore al 20% nel cioccolato bianco e non meno del 18% in quello fondente. Delle 30 compagnie cinesi che producono oltre 100 prodotti di cioccolato, l'80% non soddisfa questi criteri e usa sostituti al posto del burro di cacao. I consumatori cinesi, però, anche in questo campo, stanno diventando degli intenditori e hanno cominciato ad apprezzare il cioccolato di qualità, in particolare quello fondente.
Solo poche aziende cinesi si distinguono per le scelte di produzione, come
Se l'Italia è, per antonomasia, il tempio del caffè,
Per conquistare il mercato cinese, l'espresso italiano deve, per prima cosa, esportare la cultura del caffè, simbolo incontestato dell'Italian Style; si tratta di un'impresa non facile in un Paese di tea drinkers, che del tè ha fatto un rito.
il successo di starbucksIl caffè in Cina è divenuto un prodotto conosciuto solo a partire dagli anni '90, inizialmente ad uso esclusivo delle élites cinesi; negli ultimi anni la tendenza al suo consumo si è diffusa anche tra la gente comune. A Shanghai e a Pechino è ormai facilissimo imbattersi negli Starbucks, prima catena di caffetterie occidentali ad entrare nel mercato cinese nel 1999. La fortuna di Starbucks e la vasta diffusione del caffè solubile (soprattutto Nestlé) hanno di fatto consentito l'accettazione del caffè, per lo più di quello americano, da parte dei cinesi, facendo delle caffetterie i luoghi-simbolo della cultura urbana.
Il gigante globalizzazione è riuscito ad oltrepassare, addirittura, le invalicabili porte della città proibita, che per bene 7 anni ha ospitato, al suo interno, uno Starbucks. L'autorizzazione per stabilire il piccolo locale all'interno del palazzo imperiale di Pechino era arrivata nel 2000, ma a luglio del 2007 la caffetteria è stata costretta a chiudere in seguito ad un lungo dibattito sociale. La polemica era nata dalle parole di Rui Chenggang, presentatore cinese, il quale aveva affermato che il locale della nota catena "sfregiava" un sito storico, calpestando brutalmente la cultura cinese.
Nonostante questo episodio, la catena americana resta oggi una delle più ramificate in Cina, con i suoi 240 negozi sparsi in più di 21 città del paese. Starbucks è diventato un vero punto di riferimento generazionale per milioni di giovani orientali che hanno mollato volentieri il tè verde degli antenati per lasciarsi sedurre da espresso, cappuccino e derivati.
Sta ora alle aziende italiane del settore dimostrare il valore e l'arte dell'espresso italiano, allargare il discorso sulla qualità e sul piacere di una tazza di buon caffè.
Strumenti indispensabili per la conquista del mercato sono, da un lato, la reale comprensione e conoscenza di una cultura tanto diversa quanto antica come quella cinese; dall'altro la formazione di una classe di professionisti del settore, in grado di valutare la qualità del prodotto. A questo scopo, nel settembre del 2006,
Il caffè e la "coffee-culture" stanno diventando una parte importante della quotidianità in molte regioni della Cina. Il crescente interesse del mercato cinese nei confronti della bevanda d'oltreoceano è manifestato dalla sua sempre più frequente presenza in fiere e manifestazioni del paese.