LA STRATEGIA DEL GO ABROAD

Di Eugenio Buzzetti

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Pechino, 23 mar. - L'ingresso di China National Chemical in Pirelli rappresenta uno dei più grossi investimenti all'estero di un gruppo di Stato cinese, che porterà ChemChina a controllare il quinto produttore di pneumatici al mondo, e rappresenta un salto di qualità negli investimenti cinesi in Italia, con un gruppo statale cinese che punta al controllo di un gruppo italiano. Negli ultimi mesi gli investimenti cinesi in Italia hanno toccato tutti grandi nomi dell'industria. Lo scorso anno, la banca centrale cinese, People's Bank of China è entrata con quote di poco superiori al 2% nel capitale di Eni ed Enel, Fiat Chrysler, Telecom Italia e Generali, solo per citare alcuni nomi. Il valore totale di Pirelli dopo l'accordo, è oggi di 7,1 miliardi di euro, e le prospettive per il gruppo sono di raddoppiare la presenza sul mercato cinese, arrivando a quota dodici milioni di pneumatici venduti all'anno, secondo le stime di Camfin. Il caso Pirelli rappresenta anche un investimento di assoluto primo piano comparato ad altri investimenti cinesi all'estero degli ultimi anni. Prima di oggi, tra i grandissimi investimenti cinesi, c'era stata l'acquisizione della canadese Nexen da parte di Cnooc, il gruppo cinese del petrolio offshore, nel febbraio 2013, per 15,1 miliardi di dollari, che aveva provocato molte polemiche in Canada.

I gruppi cinesi sono incoraggiati dalla politica di "go abroad" da parte del governo nelle acquisizioni all'estero. Nel 2014, gli investimenti cinesi all'estero hanno superato superato la soglia dei cento miliardi di dollari, a quota 102,9 miliardi, e per il 2015, l'obiettivo è di arrivare a 113 miliardi, con un aumento del 10% su base annua. L'obiettivo delle acquisizioni sui mercati stranieri è stato spiegato al China Daily dallo stesso presidente del Center for China & Globalization di Pechino, Long Yongtu. "Andare all'estero servirà a costruire una piattaforma per i gruppi cinesi per crescere attraverso la partecipazione nell'economia globale", ha spiegato Long. "La crescita sostenibile e la capacità di competere sul palcoscenico globale - spiega ancora Long - dipendono dalla velocità con cui la Cina può favorire le sue compagnie internazionali".

Tra i casi di spicco degli ultimi mesi figurano quelli di Everbright Securities, che il mese scorso ha rilevato una quota di controllo di Sung Hun Kai Financial per 500 milioni di dollari dalla famiglia Kwok di Hong Kong, e, in Europa, di Haitong Securities, uno dei grandi broker cinesi, che ha investito una cifra analoga per una quota di maggioranza in Banco de Santo Espirito. Molto attiva anche Anbang Securities, con investimenti nei settori bancario e assicurativo in Belgio e Corea del Sud, ma a fare notizia era stato soprattutto l'acquisto, finalizzato il mese scorso, del Waldorf Astoria Hotel, uno dei simboli di New York, per 1,95 miliardi di dollari.

Degli 870 miliardi di dollari di investimenti totali nel mondo da parte dei gruppi cinesi, circa 400 miliardi sono relativi al settore dell'energia, focalizzati sia sulle condotte e sugli idrocarburi, che sullo sviluppo dell'energia nucleare, in piena ripresa in Cina dopo la catastrofe di Fukushima. Al secondo posto, ci sono, invece, gli investimenti nel settore dei trasporti e delle infrastrutture, per un totale di 134 miliardi di dollari, indirizzati verso lo sviluppo dei collegamenti ferroviari lungo la via della Seta e il trasporto marittimo, con i progetti di investimenti nell'allargamento del Canale di Suez e nel canale di Nicaragua, su cui  gravitano però molti dubbi riguardanti la trasparenza. Oltre a questi due settori, in crescita ci sono anche gli investimenti nelle industrie ad alto valore aggiunto, con 6,3 miliardi di investimenti solo nella prima metà del 2014 a livello globale, e gli investimenti nell'immobiliare all'estero, con il Portogallo come ultima meta privilegiata per gli investimenti nell'immobiliare, e che oggi figura al terzo posto in Europa, dietro Gran Bretagna e Spagna.

 

23 marzo 2015

 

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