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A disegnare la mappa 2.0 del rischio economico e politico è l'ufficio studi di Euler Hermes, società tedesca di assicurazioni del gruppo Allianz. Nell'era dell'interdipendenza non solo economica, ma anche politica – lo dimostra bene l'effetto domino della rivoluzione tunisina dei gelsomini - la valutazione del rischio si fa più volatile, nel senso che si modifica più velocemente, e anche più complessa, nel senso che deve prendere in considerazione fattori nuovi.
Oggi bisogna tener conto della scarsità di materie prime e delle strategie per il loro accaparramento a livello mondiale. C'è l'aumento degli scambi commerciali, che quando è molto intenso rende le sorti economiche di due paesi partner assai collegate fra di loro. Soprattutto, c'è un crescente squilibrio nella distribuzione della ricchezza generata nei paesi emergenti: troppi giovani, tecnologicamente interconnessi ma spesso privati della libertà di espressione, sono tagliati fuori dall'occupazione e dall'accesso alla classe media.
Ed eccoci poi alle questioni finanziarie: il finanziamento del debito sovrano è sempre più nelle mani di altri stati o di soggetti esteri, e anche in questo caso l'effetto sui sistemi bancari può essere imprevedibile. A insegnarcelo, del resto, è stata l'ultima crisi finanziaria mondiale.
Euler Hermes ha sistematizzato tutte queste osservazioni e ha dato vita a una nuova mappa. La prima osservazione che ne deriva è l'aumento del divario tra i paesi a basso e quelli a più alto rischio: il mondo è molto più polarizzato di un tempo. Poi ci sono i singoli avanzamenti e arretramenti di carriera. «In generale, nel tracciare la nuova mappa abbiamo migliorato le valutazioni, cioè abbassato il rischio, di tutti i paesi asiatici – spiega Karine Berger, direttore marketing e studi economici di Euler Hermes – così come abbiamo acceso i riflettori su un complessivo peggioramento del quadro nell'Europa dell'Est».
A stupire Karine Berger sono però tre paesi, più degli altri: «Cina e India, innanzi tutto, la cui stabilità si è ormai fatta strutturale». Dal canto opposto, invece, è la Spagna, che è più malconcia di quanto non appaia effettivamente. Tra chi incassa il peggioramento più significativo ci sono poi due paesi baltici su tre (Lettonia e Lituania), con l'Estonia che – insieme alla Slovenia – accusa il colpo solo in parte, e questo grazie all'effetto protezione derivato dall'essere entrata nell'Eurozona.
Quanto al rischio rivoluzione nei paesi arabi, la responsabile dell'ufficio studi di Euler Hermes è più ottimista di molti altri analisti: «Crediamo che il Marocco, ma anche gli Emirati e l'Arabia Saudita, non siano polveriere pronte a esplodere, ma sapranno disinnescare il malcontento attraverso un processo di riforme. Nel caso della Tunisia, infine, pur essendo costretti a mantenere la vigilanza alta (rischio sensibile, ovvero tre in una scala da 1 a 4) per gli avvenimenti contingenti, siamo convinti che ha tutte le carte in regola per ritornare rapidamente al livello più basso di pericolosità».
micaela.cappellini@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
09/05/2011
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