INVESTIMENTI ESTERI: +23,4% A GENNAIO
ADV
ADV
INVESTIMENTI ESTERI: +23,4% A GENNAIO

INVESTIMENTI ESTERI: +23,4% A GENNAIO

Economia
INVESTIMENTI ESTERI: +23,4% A GENNAIO
di lettura

Pechino, 17 feb.- Impennata a gennaio degli investimenti diretti esteri (Fdi) in Cina. Secondo quanto riferito dal portavoce del ministero del Commercio cinese Yao Jian, il mese scorso il Dragone ha visto affluire dall'estero capitali per oltre 10 miliardi di dollari (7,3 miliardi di euro), il 23,4% in più rispetto a gennaio del 2010. La Cina continua a rappresentare la meta ideale degli investitori internazionali, nonostante le misure introdotte dal governo per fronteggiare l'inflazione galoppante (questo articolo). Ultima in ordine di tempo quella che riguarda l'aumento dei tassi di interesse della scorsa settimana, il terzo in quattro mesi (questo articolo). Proprio mentre Pechino cerca di drenare l'eccesso di liquidità che ha inondato il mercato, i dati relativi al mese di gennaio mostrano un aumento 4,9% dell'indice dei prezzi al consumo. Parallelamente alle notizie sulle spinte inflattive però, lunedì è arrivata la conferma del sorpasso della Cina sul Giappone come seconda potenza economica al mondo (questo articolo). Un dato, questo, che non fa che incentivare gli investimenti esteri nel Paese di Mezzo. Il sostenuto ritmo di crescita economica e le aspettative per una maggiore rivalutazione dello yuan - sostengono gli analisti - hanno calamitato l'attenzione degli investitori in cerca di maggiori guadagni.

 

Intanto il rischio di un surriscaldamento si fa sempre più reale. "Gli afflussi di capitali esteri che si riversano nel Paese minano i tentativi del governo di assorbire liquidità in eccesso e contenere l'inflazione" ha spiegato Scott Chen, economista della Bank SinoPac a Taipei. "Inoltre – ha aggiunto – questi investimenti a lungo termine aumenteranno le pressioni su un apprezzamento più repentino dello yuan/renminbi". Se l'anno scorso gli Fdi in Cina hanno raggiunto la cifra record di 105,7 miliardi di dollari (circa 78 miliardi di euro), il 2011 non sembra essere da meno: ad attirare i capitali esteri - sostiene Chen  -saranno soprattutto la crescente domanda di beni di lusso e il settore dei servizi.

 

Secondo quanto emerso ad aprile dal rapporto annuale Hurun Wealth, nel 2010 erano 875mila le persone che disponevano di un patrimonio di 10 milioni di yuan (circa 1 milione di euro), il +6,1% rispetto all'anno precedente. E sono loro i nuovi clienti delle brand più famosi. Louis Vuitton, De Beers, Zenith sono solo alcune delle firme internazionali che hanno già pianificato di investire nel 2011 in punti vendita e campagne pubblicitarie in Cina. Prada invece ha invece da pochi giorni avviato la procedura per la quotazione alla borsa di Hong Kong. In aumento anche gli investimenti nel terziario che a gennaio hanno registrato un aumento del 31,8% rispetto all'anno precedente, equivalente a 4,69 miliardi di dollari. Tra i settori che hanno destato maggiore attenzione il manifatturiero, il real estate, l'agricolo e quello dei servizi.

 

Pechino esercita da mesi un regime di stretto controllo sui capitali stranieri, che secondo molti analisti potrebbe permettere alla Cina di proteggersi dall'onda di liquidità che la politica monetaria ultraespansiva della FED non mancherà di riversare sulle economie emergenti, un processo che comporta rischi collaterali come un aumento eccessivo dell'inflazione. Le preoccupazioni di Pechino nel novembre dello scorso avevano trovato riscontro tentativo di mettere un freno alla presenza straniera nel mercato immobiliare, quando il SAFE (ufficio cambi cinesi) aveva imposto limiti sull'acquisto di case da parte delle compagnie straniere (questo articolo).

 

Secondo alcuni esperti l'afflusso di capitali potrebbe però subire un rallentamento quest'anno in seguito alla decisione del Consiglio di Stato di voler riesaminare le procedure di acquisizione e fusione che coinvolgono le aziende estere al fine di "salvaguardare la sicurezza nazionale". La mossa annunciata sabato scorso potrebbe rendere difficile per le compagnie non cinesi stringere accordi commerciali in Cina. Intanto il Consiglio di Stato sta già lavorando alla costituzione di un panel di esperti che avranno il compito di esaminare gli investimenti esteri nelle aree della difesa, agricoltura, energia, risorse, infrastrutture, trasporti, tecnologia e attrezzature manifatturiere. Una prospettiva che non sembra preoccupare Ren Xianfang, analista di IHS Global Insight a Pechino, secondo cui la stretta sui Fdi non inciderà sull'afflusso di capitali in quanto la Cina attua già severi controlli sugli investimenti nei settori citati dal Consiglio di Stato.

 

di Sonia Montrella

 

©Riproduzione riservata

ADV
ADV