Invenzioni globali targate Bric
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Invenzioni globali targate Bric

Invenzioni globali targate Bric

I CONFINI DELLA RICERCA
di lettura
A Londra, New York o Tokyo potrà sembrare un brand poco noto, ma Pulpy, la più venduta bevanda a base di frutta lanciata da Coca-Cola, sta facendo furore a Shanghai, Jakarta e Città del Messico. Introdotta in Cina da Minute Maid, filiale del gruppo di bevande americano e poi diffusa in Asia e America Latina, sta per essere lanciata anche in altri continenti fra i quali l'Europa orientale.
Pulpy è il primo prodotto internazionale della Coca-Cola elaborato nei paesi emergenti che ha dato un contributo significativo alle vendite. Come spiega Joanna Lu, un direttore marketing del gruppo: «Per Coca-Cola è uno dei nuovi prodotti più azzeccati del Ventunesimo secolo».
Il successo di questa bevanda dimostra la crescente importanza dell'innovazione nei mercati emergenti. Cina, India, Brasile e altri paesi non offrono solo rapide prospettive di crescita alle aziende, ma anche l'opportunità di generare nuovi prodotti, servizi e tecniche di produzione e strategie commerciali.
Si tratta di innovazioni che non comportano ancora trasferimenti tecnologici innovativi, poiché invenzioni del genere restano appannaggio dei paesi sviluppati con le loro università e i loro laboratori commerciali ben consolidati. Ma i paesi emergenti stanno elaborando idee nuove le cui implicazioni commerciali potrebbero cambiare le carte in tavola.
Le multinazionali che rinunciano a un'innovazione come la localizzazione, lo fanno a loro rischio e pericolo. I vantaggi che la concorrenza ne trarrà nei paesi emergenti saranno palpabili anche nei paesi ricchi. Come dichiara Christoph Nettesheim, del Boston Consulting Group, «tante multinazionali non vedono le innovazioni dei mercati emergenti perché non sono ancora arrivate sui loro mercati. Ma arriveranno». C'è un precedente: negli anni 70, i prodotti dei gruppi giapponesi emergenti sui mercati mondiali venivano spesso considerati imitazioni da pochi soldi e di scarsa qualità. Ci volle del tempo perché fossero riconosciuti come innovativi. E oggi, pur subendo la pressione dei gruppi occidentali in ripresa e dei nuovi concorrenti est-asiatici, le innovazioni giapponesi sono imitate ovunque.
L'innovazione nei mercati emergenti non è un fatto nuovo. Più di vent'anni fa Hindustan Lever, la filiale indiana del gruppo anglo-olandese Unilever, lanciò i minisacchetti per far arrivare i suoi prodotti per l'igiene alle fasce più povere di consumatori. La novità sta nell'aumento di volume di queste innovazioni, nella rapidità con la quale grazie a internet conquistano i mercati e nel ruolo sempre più importante delle aziende locali, in particolare cinesi, indiane, brasiliane e sudafricane.
Certo, le economie emergenti producono anche tanti prodotti scadenti, molti dei quali mere imitazioni degli originali occidentali e giapponesi, ma di fronte alla spietata concorrenza delle principali economie, di quella cinese in particolare, sul lungo termine la mera imitazione non paga. Come spiega Dieter May, un vicepresidente del gruppo Nokia, l'azienda finlandese di telefonini: «Non hanno più bisogno di rubare le idee. Lo scopiazzamento è finito».
L'anno scorso la Cina ha superato il Giappone ed è diventata la seconda economia mondiale. Huawei, leader nella tecnologia di commutazione, fa concorrenza alla Ericsson svedese persino in Europa. Mindray, azienda produttrice di apparecchiature mediche, ha messo a punto monitor che costano il 10% di quelli occidentali. Haier, azienda di elettrodomestici, produce minifrigoriferi innovativi a prezzi molto competitivi.
In India Tata Motors ha rivoluzionato il settore delle automobili low-cost con la sua Nano, a 2.500 dollari. Il gruppo farmaceutico Ranbaxy ha messo a punto un farmaco antimalarico. La SAB Miller, azienda sudafricana che produce birra, ha lanciato una birra economica a base di sorgo, una coltivazione locale che sostituisce il costoso malto d'importazione. In Brasile Embraer è leader mondiale nella produzione di jet commerciali. E persino in Russia, dove il commercio è particolarmente in difficoltà, ci sono interessanti innovazioni da segnalare: i laboratori Kaspersky, un gruppo di software che esporta programmi di sicurezza molto competitivi.
Quanto ai servizi, Bharti Airtel è diventata l'azienda leader indiana nel settore della telefonia mobile esternalizzando quasi tutto, dalla rete di trasmissione alla fatturazione. Alcune aziende hanno trasformato interi settori globali. In fatto di outsourcing, gruppi indiani guidati da TCS e Infosys, hanno rivoluzionato la gestione dell'informazione appaltando all'estero parte del lavoro svolto da costosi consulenti locali.
Scienziati emergenti
Nel campo della scienza, i paesi emergenti hanno ancora molta strada da fare. Solo la Russia vanta un numero significativo di scienziati premi Nobel. Ma per ingegneri e scienziati il primato mondiale va alla Cina: 2 milioni l'anno, cinque volte superiore a quello degli Stati Uniti secondo la società d'investimento asiatica Research-Works.
I cervelli migliori se ne vanno: il 30% circa degli scienziati e ingegneri PhD degli Stati Uniti sono nati in Cina. Win Yinga, a capo del China Capital Group, un fondo di venture capital cinese spiega: «Le nostre istituzioni nel campo dell'istruzione sono deboli. Sono strutturate per un apprendimento di tipo meccanico e non per forgiare menti innovative». Ma le cose sanno cambiando. Un numero sempre maggiore di accademici cinesi che ha studiato in Occidente sta tornando nel suo paese. La Cina produce più articoli scientifici che vengono pubblicati di qualsiasi altro paese, Stati Uniti esclusi.
Ma il primato scientifico non porta necessariamente al successo economico. Come dimostra l'ascesa cinese, l'innovazione commerciale conta di più. La spesa per la ricerca e lo sviluppo ha già superato quella del Giappone e nei prossimi vent'anni sorpasserà quella dell'Unione europea e raggiungerà quella degli Stati Uniti. Il costo della forza lavoro nel campo della ricerca e dello sviluppo cinese costa è dal 20 al 50% in meno rispetto a quella occidentale, dando così lavoro a un numero più alto di persone rispetto a Stati Uniti, Europa e Giappone.
Le aziende leader stanno dando i primi risultati. Nel 2008 Huawei ha depositato più brevetti di qualsiasi altra azienda secondo Wipo, l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale. Lo scorso anno era seconda alla giapponese Panasonic. Ma il cammino è ancora lungo: la ZTE specializzata in elettronica, è stata una delle due sole aziende cinesi che sono riuscite a entrare nella top 100.
Le multinazionali occidentali si lamentano che l'industria cinese rubi la tecnologia. Ma molti progetti sono stati espressamente ceduti sulla base di accordi di cooperazione. Le multinazionali sono pronte a scommettere che i rischi sarebbero maggiori dei vantaggi di entrare in Cina. Ma le aziende cinesi stanno entrando nei mercati mondiali, a volte in partnership con i loro concorrenti occidentali, come per esempio i treni ad alta velocità dove la CSR cinese sta lavorando con la General Electric americana o la Siemens tedesca.
Gli scettici minimizzano la portata di molte innovazioni provenienti dai mercati emergenti. Ma quando questi progressi portano a prodotti, servizi e sistemi migliori, i loro meriti commerciali sono innegabili. Gli ingegneri della filiale indiana della Siemens hanno messo a punto uno scanner a raggi x a basso costo, ma di qualità tale da essere adottato nel mondo occidentale. Peter Löscher, amministratore delegato di Siemens, spiega: «Una buona idea o un buon prodotto proveniente per esempio dall'India, può essere inserito nel sistema globale di vendita e produzione e contribuisce ad aumentare la competitività dell'azienda non solo nei mercati emergenti, ma anche nei paesi industrializzati».
E sono tante le multinazionali che lo fanno, GE vende in tutto il mondo elettrocardiografi realizzati in India e scanner a ultrasuoni di fabbricazione cinese. Nokia si serve di software indiani e cinesi per realizzare i suoi microtelefoni, Vodaphone ha lanciato M-Pesa, un sistema di pagamento via sms, attraverso Safaricom, il suo operatore telefonico keniano. E sistemi simili di "unbanked" sono stati lanciati in altri paesi africani e adesso anche in India.
Ricerca e sviluppo targati Bric
Le multinazionali stanno anche puntando sulla Ricerca e Sviluppo dei paesi emergenti, di Cina e India in particolare. Il 12% dei 30mila lavoratori Siemens impiegati nella R&S è concentrato in Asia, rispetto al 7% di cinque anni fa. Un centinaio di grosse aziende con centri di R&S in Cina fanno capo al gruppo americano Microsoft. GE è una di più di 50 aziende che hanno centri di R&S in India. Come spiega Navi Radjou, esperto di business all'Università di Cambridge: «In passato le soluzioni commerciali andavano solo da ovest a est, oggi anche da est a ovest».
Le aziende non sono solo in fase di espansione geografica e rispondono a pressioni di ordine politico volte a localizzare la R&S. Vogliono che le idee vengano da persone appartenenti a diverse fasce culturali ed economiche. Idee low cost.
Una volta molte multinazionali puntavano solo ai segmenti più ricchi delle società emergenti. Oggi invece si stanno rivolgendo ai gruppi di reddito medio, in rapida ascesa. Secondo Abbas Hussain, responsabile dei mercati emergenti dell'industria farmaceutica inglese GSK: "Dobbiamo portare i prodotti più in basso nella piramide".
Ma ridurre i costi non basta. I consumatori dei mercati emergenti vogliono qualità, convenienza ed eleganza, spiega Jean-Philippe Salar, capo dell'ufficio stile di Renault a Mumbai. "Gli indiani vogliono auto dalle linee dinamiche. L'apparenza è molto importante." Oltretutto, quei consumatori devono fronteggiare l'austerity: "L'India è il luogo ideale per disegnare nuove auto. Devono essere frugali, piccole e leggere rispetto a quelle di dieci anni fa."
Navi Radjou sostiene che il mobile phone banking sviluppato da Safaricom potrebbe essere esteso anche ai paesi sviluppati. Persino negli Stati Uniti ci sono ben 17 milioni di persone che non hanno un conto in banca. Alcuni governi occidentali stanno studiando il sistema di cure a basso costo sperimentato in India, altri acquistano apparecchiature mediche a basso costo come lo scanner a ultrasuoni realizzato in Cina da GE.
L'innovazione globale è difficile da mettere in pratica. Gli industriali dei paesi sviluppati spesso sottovalutano i loro colleghi dei mercati emergenti. Le linee di comunicazione si possono rompere nel tentativo di abbracciare culture diverse.
Ma non resta molta scelta, perché i consumatori si trovano nelle economie emergenti. A dire di Mark Foster, della società di consulenza Accenture: «L'innovazione non avviene dentro scatole nere, ma sui mercati».
Traduzione di Francesca Novajra
© THE FINANCIAL TIMES LIMITED 2011

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La Siemens utilizza i paesi emergenti per sviluppare prodotti innovativi. La filiale indiana ha sviluppato uno scanner a raggi X di basso costo ed elevata qualità, che sarà utilizzato anche nei paesi più sviluppati.
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La brasiliana Embraer si è affermata in tutto il mondo come leader nella produzione di piccoli jet per l'aviazione commerciale. Punto di forza: il 90% della produzione è destinato all'esportazione sui mercati globali.
Bharti Airtel è riuscito a diventare il più grande operatore indiano di telefonia mobile grazie a un'intensa attività di appalto all'esterno di molte attività, dalle rete di trasmissione alla fatturazione alla clientela.

Tra i pionieri c'è Coca-Cola. L'invenzione di un mini-box refrigerante per conservare le sue bottiglie, adatto alle dimensioni dei negozi dei villaggi rurali, ha fatto scuola. Non mancano altri esempi, dalle aranciate studiate per le carenze vitaminiche dei ragazzi dei villaggi agli shampoo monodose. Ma i paesi emergenti non sono solo un grande mercato di destinazione. Sono anche un formidabile laboratorio di innovazione di beni e servizi, di processi produttivi pronti, a loro volta, a tentare lo sbarco su tutti i mercati mondiali.

07/01/2011
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