INFLAZIONE RALLENTA: +6.2% AD AGOSTO

Pechino, 9 set.- Tutto come previsto, tutto come anticipato da media e analisti cinesi: ad agosto l'inflazione nell'Impero di Mezzo rallenta fino a un +6.2%, situandosi a un livello leggermente inferiore rispetto a quel +6.5% che a luglio aveva segnato il nuovo record degli ultimi tre anni.

 

Governo e mercati possono tirare un sospiro di sollievo? L'aumento del 6.2% è in linea con le previsioni di Bloomberg basate su un campione di 31 economisti, ma è ancora ampiamente al di sopra del tetto del 4% entro il quale il governo intende mantenere gli aumenti del costo della vita per il 2011. La scorsa settimana il primo ministro cinese Wen Jiabao aveva dichiarato che, anche se la stabilizzazione dei prezzi rimane la priorità del governo, le misure restrittive devono evitare "shock eccessivi" sull'economia reale. Dall'inizio del 2011 la Banca centrale cinese ha innalzato tre volte i tassi d'interesse e ha aumentato ben sei volte i requisiti di riserva obbligatoria delle banche nel tentativo di raffreddare un'economia che si teme in fase di surriscaldamento. Adesso il governo potrebbe concedere una pausa alle misure più drastiche, considerando anche le previsioni di stagnazione o recessione che gravano su Stati Uniti ed Europa, come riferito giovedì dall'OCSE.

 

"Una minore pressione inflattiva sulla Cina significa che il governo ha maggiori margini di manovra per attuare eventuali politiche di stimolo nel caso di un calo della domanda globale" scrive in un rapporto Mark Williams di Capital Economics. Ma secondo un'altra nota, stilata da Alistair Thornton di IHS Global Insight, "in Cina l'inflazione è scesa, ma è ancora un problema. Forse si è superato il picco, ma rimarrà a livelli elevati per un periodo significativo di tempo ,e ciò complica le politiche monetarie". "Il rallentamento non poggia su basi solide- scrive ancora Thornton- e va attribuito principalmente al fatto che i prezzi della carne di maiale continuano ad aumentare, ma a ritmi più lenti". Ad agosto il prezzo della carne di maiale, la più consumata dai cinesi, è comunque cresciuto di 45.5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e nelle ultime settimane sta registrando ulteriori accelerazioni. A ciò vanno aggiunti anche rincari considerevoli in altri settori, come i carburanti, che hanno registrato un aumento del 14.9%.

 

"È ancora troppo presto per dire se le pressioni inflazionistiche si sono fermate –sostiene Liu Li Gan, economista di stanza a Hong Kong per Australia & New Zealand Banking Group Ltd . - i prezzi della carne di maiale sono ancora in crescita, e indicano che potrebbero esserci ulteriori aumenti dell'indice dei prezzi al consumo nei mesi a venire. Inoltre, nei prossimi mesi potrebbero aumentare i costi alla produzione, sospingendo ulteriormente l'inflazione verso l'alto".

 

Pechino, insomma, si trova ancora una volta davanti a un dilemma: è costretta a tenere sotto controllo il costo della vita, perché rialzi eccessivi potrebbero creare allarme sociale e malcontento, ma contemporaneamente deve sostenere la crescita, soprattutto alla luce della scarsa crescita americana e della crisi del debito sovrano che attanaglia l'Unione europea.

 

Infine, come fanno notare diversi analisti, stabilire in termini reali la forza dell'inflazione in Cina è estremamente difficile. Un piccolo aiuto arriva dalla differenza tra il PIL nominale e il PIL reale, il cosiddetto deflatore del PIL, una misura che consente di considerare il Prodotto Interno Lordo al netto della crescita dei prezzi. Secondo questi calcoli, l'inflazione del 2010 in termini reali totalizzava circa il doppio del +3.3% riportato dalle statistiche ufficiali. Se questa misura è valida, oggi l'inflazione cinese sta correndo su numeri a due cifre.

 

di Antonio Talia

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