Il tetto alle immatricolazioni affonda i titoli dell'auto
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Il tetto alle immatricolazioni affonda i titoli dell'auto

Il tetto alle immatricolazioni affonda i titoli dell'auto

Ambiente e motori. Mossa a sorpresa della municipalità della capitale
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Agitato risveglio post-natalizio per l'industria globale dell'auto. Al primo inatteso «regalo di Natale» arrivato da Pechino – sotto forma di un rialzo dei tassi che rischia di rallentare il passo della crescita economica e quindi dei consumi durevoli – si è accompagnata una notizia con implicazioni negative dirette per il settore delle quattro ruote: la decisione della municipalità della capitale cinese di limitare drasticamente le nuove immatricolazioni – a 240mila nel 2011, circa un terzo del totale delle licenze assegnate quest'anno – al fine di contrastare la congestione del traffico e l'inquinamento.
Una mossa che, specie se troverà imitazioni in altre città, potrebbe costringere i costruttori a rivedere le stime di vendita o – nello scenario peggiore – persino i piani di investimento nel principale mercato mondiale.
Gli investitori se ne sono accorti e, dopo aver già venerdì scorso (a ruota dell'annuncio) penalizzato i titoli dei costruttori cinesi, hanno preso di mira ieri soprattutto le case automobilistiche europee: l'indice Stoxx Europe del comparto ha perso quasi il 3,9%, trascinato in ribasso dalle società tedesche Bmw (-6,4%), Volkswagen (-5,76%), Daimler (-4,6%) e Porsche (-4,9%). Un po' meno hanno ceduto Fiat (-3,4%) e Peugeot-Psa (-2,1%), mentre Renault è riuscita a limitare i danni a un -0,65 per cento.
Gli osservatori più ottimisti ritengono che il cedimento sia in parte collegato all'ottima performance borsistica del settore in Europa da inizio anno e segnalano il fatto che, per ora, i titoli dei costruttori giapponesi e americani risultano poco mossi. Secondo altri, è ovvio che sia stato introdotto un forte elemento di incertezza, la cui portata è ancora tutta da valutare.
Luo Lei, vicesegretario generale della China Automotive Dealers Association, ha precisato che le vendite di nuove vetture nell'area di Pechino dovrebbero contrarsi di circa il 50% a poco più di 400mila unità: alle 240mila nuove immatricolazioni dovrebbero aggiungersi circa 160mila unità facenti capo a chi sostituisce un'auto vecchia con una nuova (utilizzando, come consentito, la medesima targa).
Luo ha gettato altra acqua sul fuoco evidenziando che il boom di vendite di quest'anno è trainato proprio dall'aspettativa di più severe restrizioni per l'anno prossimo (quando oltretutto sono in scadenza alcuni incentivi pubblici a stimolo dell'economia).
L'88% delle nuove targhe, che saranno estratte a sorte, andrà a vetture intestate a singoli privati (non a flotte aziendali); tra le altre misure anti-traffico, la municipalità prevede un aumento delle tariffe di parcheggio in zone centrali ma non l'assegnazione delle targhe a titolo oneroso (come invece fa Shanghai). Non sono in pochi a prevedere, come risultato collaterale, il decollo di un mercato nero delle targhe.
Se Citic Securitis ha tagliato dell'1% le sue stime sulla crescita del mercato cinese nel 2011, Nomura International ha rivisto al ribasso le sue previsioni del 3% al 13,4%: l'analista del broker giapponese Yankun Hou sostiene che ci sarà un «impatto sostanziale» pur rinviando anche a future e necessarie «chiarificazioni della politica da parte del governo centrale e di quelli locali».
Il timore è che altre città, a partire magari da Guangzhou, si accodino a Pechino nel giro di vite anti-traffico, secondo una tendenza che potrebbe intensificarsi al di là del 2011.
Dai portavoce delle case automobilistiche tedesche sono arrivati ieri inviti corali a non drammatizzare. Daimler, per esempio, continua ad attendersi una crescita delle vendite a doppia cifra nel 2011, mentre dalla Bmw hanno fatto notare che non si tratta della prima volta che vengono introdotte restrizioni sul mercato cinese. «La Cina è ancora, come lo è da qualche tempo, la principale causa dell'ottimo andamento del business per i costruttori tedeschi», osserva però Jürgen Pieper, analista della Bankhaus Mezler. «Se questa spinta dovesse davvero trovare ostacolo, allora certamente suonerebbe un campanello d'allarme».
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28/12/2010
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