IL "SOFT POWER" CINESE
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IL "SOFT POWER" CINESE

IL "SOFT POWER" CINESE

A cura di The European House-Ambrosetti
IL "SOFT POWER" CINESE
di lettura
"Utilizzare i costumi cinesi per cambiare i costumi degli stranieri: non vi è nulla di più importante di questo"  (da un memoriale dei Ming 1425).
Milano, 03 set. - Soft Power e hard power costituiscono le due componenti imprescindibili e complementari dell'ascesa di uno stato sul piano internazionale. Se, secondo la definizione di Nye, la crescita dell' hard power di uno stato è misurabile (e comparabile)  ricorrendo a variabili militari ed economiche, quantificare il soft power è operazione molto più complessa. Con  il termine soft power infatti, ci si riferisce alla generica "capacità"  (di uno stato) "di ottenere ciò che vuole tramite la propria attrattiva piuttosto che con il ricorso alla coercizione o a compensi in denaro" (Nye 2005, p.34). Lo stato che pianifichi di aumentare il suo soft power dunque, dovrà ricorrere a politiche in ambito culturale, internazionale e scientifico, capaci di rafforzare la  sua immagine ed influenza all'estero.
Sono poche le grandi potenze che abbiano saputo utilizzare e ad incrementare il proprio soft power in maniera strategica. Fino agli anni 2000 sicuramente gli Stati Uniti, attraverso un fine dosaggio – tra gli altri –  di Mc Donald e  Hollywood, aiuti economici e scambi culturali, sono riusciti a edulcorare i malumori relativi alla loro  presenza militare sempre più capillare a livello mondiale  attraverso una "vendita" attenta dell'American way of life, come sistema di valori universalista e vero proprio stile di vita.
La Cina sta percorrendo una strada – si dice - per certi aspetti simile. Il cosiddetto modello di soft power cinese e le politiche a questo connesse testimoniano dell'identità culturale propria di Pechino e della sua capacità di adottare politiche lungimiranti e di grande successo internazionale.
Il Giappone è stato per lungo tempo considerato come "il pericolo giallo" capace di minare l'egemonia politica economica e culturale americana. Il paese viene quindi spesso utilizzato come pietra di paragone per il caso cinese.
Per meglio valutare l'esistenza, l'estensione e la profondità di questo soft power abbiamo confrontato (si veda la tabella allegata) alcune dimensioni, su cui si può esercitare il soft power, per la Cina di oggi, il Giappone di oggi e il Giappone degli anni '80 ("all'apice della sua potenza").
Questa comparazione non ha alcuna pretesa di onnicomprensività, mette però in luce la maggiore pervarsività – già ad oggi – del modello di soft power cinese rispetto  a quello giapponese negli anni ottanta e ai giorni nostri.
Le politiche di promozione degli scambi culturali, anche nei confronti di paesi emarginati e sottosviluppati, l'apertura di oltre 280 istituti Confucio, l'aumento dirompente delle borse di studio universitarie, così come l'esplosione di brevetti made in China costituiscono elementi che non trovano precedenti nel caso giapponese, fatto salvo per il successo isolato di alcuni prodotti culturali nel mondo della moda e del cinema. Il successo planetario del fenomeno Lang Lang, le quotazioni in borsa milionarie delle opere degli artisti emergenti cinesi, ma anche le modalità di azione di Pechino nei paesi sottosviluppati testimoniano della novità e dell'efficacia del soft power cinese e dell'impossibilità di comprenderlo utilizzando schemi di confronto tradizionali.
Ci sembra quindi che il considerare il soft power cinese come la replica di quello giapponese, siasbagliato e strategicamente rischioso. Sbagliato, perché storicamente parlando non consente di cogliere l'indipendenza culturale dal modello occidentale e giapponese portata avanti dalla Cina. Rischioso perché si basa su una lettura del miracolo cinese di breve termine che si dimostra miope nei confronti degli scenari di sviluppo politico economico e culturale globali di lungo periodo.
a cura di The European House-Ambrosetti
 
Apri qui sotto la tabella in pdf "Confronto di alcune dimensioni del soft power della Cina degli anni dieci del 21° secolo e del Giappone degli anni ottanta del 20° secolo e di oggi"

 


 

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