Con la conclusione della "China Sommellier Competition 2009" (organizzata in collaborazione con la francese Sopexa e Asia Business Group) si torna a parlare del futuro del mercato del vino in Cina: Hans Qu dell'Intercontinental Shenzhen si è aggiudicato il compito di rappresentare Pechino alla competizione della ASI (Association Sommellier Internationale) per l'area Asia- Oceania che si terrà ad Osaka nel novembre prossimo. Secondo Shinya Tasaki-presidente della commissione tecnica Asi ed ex campione del mondo - il livello della Cina sta nettamente migliorando, tanto da essere ormai alla pari con paesi con una tradizione più solida, come Singapore. "Ma la Cina è ancora priva di uno standard adeguato, e il settore necessita ancora di parecchi miglioramenti" dice l'esperto. In effetti, a confronto con il Giappone -che può vantare un'associazione di 8500 sommelier- l'industria dei sommelier professionisti cinesi appare ancora agli inizi. Tommy Lam- esperto di enologia che insegna alla Tianjin University of Commerce- si sta battendo da tempo per un'associazione di sommelier tutta cinese, che potrebbe tenere corsi di specializzazione e contribuire a migliorare il tessuto di tutta l'industria vinicola, anche d'esportazione. A lui AgiChina24 ha chiesto come sono posizionati i vini italiani nella classifica di gradimento dei consumatori cinesi e come l'Italia può migliorare le sue quotazioni: "Credo che in Cina, al momento, i vini italiani non posseggano sicuramente l'appeal di quelli francesi. Hanno la loro posizione nel mondo, e man mano che la cultura del vino si sviluppa nel nostro paese potrebbero arrivare, se sostenuti dagli sforzi dei produttori, a raggiungere il livello che meritano. Bisogna tenere presente che la Cina è ancora agli albori ma se la conoscenza e l'apprezzamento del vino escono dalle grandi città per arrivare anche nelle province la crescita sarà inarrestabile. Ritengo che la Cina possa piazzarsi entro il 2015 tra i primi dieci consumatori mondiali, o forse addirittura tra i primi cinque, perché in questo paese le cose cambiano a una rapidità incredibile. Di sicuro gli italiani dovrebbero investire di più in promozione, ad esempio invitando i sommelier cinesi in Italia o proponendo degustazioni da abbinare alla cucina italiana, che il popolo cinese sicuramente apprezza". La Cina ha recentemente azzerato i dazi sulle importazioni di vino nelle Regioni Autonome Speciali di Hong Kong e Macao, una mossa che per il consumatore si traduce in una diminuzione del costo finale per bottiglia del 20-30 per cento. Così, se una bottiglia del valore iniziale di 10 dollari Usa veniva venduta al dettaglio ad Hong Kong a 31 dollari, ora, senza alcun dazio, costerà meno di 23 dollari. I dati generali sul consumo di vino, però, sono molto discordanti: secondo l'OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino), il mercato cinese sarebbe il quinto al mondo con 13.6 milioni di hl nel 2006. Ma secondo le statistiche elaborate da Vinitaly nel China Focus 2008 sulla base di varie fonti (tra cui ICE e Foreign Agriculture Service del Dipartimento di Stato Usa) si tratta di un mercato ancora immaturo per i vini d'importazione, localizzato quasi esclusivamente nelle grandi città e con un numero di consumatori molto basso, pari a circa 10 milioni di persone, che bevono in media circa un litro l'anno. Il vino rappresenta solo il 5% del consumo totale di alcolici e solamente il 6% è costituito da vini d'importazione. In questo scenario l'Italia si colloca al sesto posto come esportatore verso la Cina dietro a Francia, Australia, Stati Uniti, Cile e Spagna. L'import dall'Italia è cresciuto del 24,4 per cento in quantità e del 13,1 per cento in valore nei primi 8 mesi del 2008, con un volume di quasi 51mila ettolitri per un totale superiore a 9,5milioni di euro, contro meno di 41mila ettolitri e 8,4milioni di euro dello stesso periodo 2007. Quali saranno i risultati per il 2009?