Il concetto è quello dei 'nouveaux riches' d'antan, ma attualizzato alla maniera del Dragone: c'è una schiera di trenta – cinquantenni che popolano, si muovono, si agitano, vivono – ma, soprattutto, COMPRANO – seguendo metodiche difficilmente codificabili, nella fase attuale, tracciando l'identikit di quel consumatore infedele, pratico e volubile che è il neo-benestante cinese. Di che numeri stiamo parlando? Secondo Boston Consulting, a fine 2008 in Cina c'erano oltre 460.000 nuclei familiari benestanti, in possesso di beni per 7 milioni di RMB, ossia circa 700mila euro. Entro la fine del 2011, le famiglie ad alto reddito sono previste diventare 750mila. Si tratta di un numero che potrebbe anche essere considerato non enorme, se consideriamo i cinesi nel loro totale, ma è comunque nettamente superiore a quello dei ricchi britannici e francesi ed anche spalmato su un territorio più ampio. Non aumenterà solo il numero di questi nuovi ricchi, ma aumenterà anche il loro patrimonio complessivo, che dovrebbe addirittura raddoppiare tra il 2008 e il 2011, da 12mila miliardi di RMB (circa 1200 miliardi di euro) a 23mila miliardi (circa 2300 miliardi di euro). Il mercato cinese viene vissuto come il potenziale mercato del domani – e non v'è errore in questa previsione – e non si tratterà nemmeno di cercare di vendere in Cina quello che ormai non si vende più in Occidente, bensì - a dipendere dai segmenti di cui ci si occupa – di rincorrere, intercettare e soddisfare il gusto del nuovo sfuggente consumatore. Un dato certo? La battaglia più golosa si svolgerà nel settore del lusso. Lo studio del BCO rileva che la percezione del lusso in Cina è molteplice e differenziata a dipendere dalla singola provincia presa in esame. E questo è di facile comprensione: le influenze di un tipo di acquisizione – quello di oggetti di lusso, appunto – arrivano per lo più da culture straniere e sono quindi percepite in maniera più o meno veloce dalle zone cinesi più o meno avanzate rispetto al processo di occidentalizzazione. Il benessere sta quindi allargandosi a macchia d'olio dalle metropoli della costa orientale alle città minori del nord e dell'ovest del paese ed i luxury stores nascono come funghi. E la battaglia si gioca a colpi pesanti tra i diversi marchi di lusso che colonizzano questa o quella porzione del mercato. Diverse però devono essere le politiche di vendita, perché quello che funziona a Pechino o a Shanghai potrebbe non valere a Shenyang o a Urumqi. Sbagliare la politica di vendita significa cedere le proprie quote ad un avversario ben preparato a raccoglierle. Importante diventa quindi appoggiarsi a partner locali reputati che siano in qualche modo ben riconoscibili sul territorio, anche se questi stessi non sempre hanno l'expertise di marketing necessaria per trattare l'oggetto di lusso proposto con la necessaria portata di orgoglio. Succede quindi a volte che marchi di estremo clamore (un Lamborghini, per esempio) vengano affiancati dallo stesso rivenditore a marchi minori locali che gli vengono attribuiti in scia. I grandi marchi, i marchi del lusso: sì, ma quali sono? I cinesi non ne sono poi così sicuri. Dalla ricerca del Boston Consulting Group emerge che solo il 3% delle donne intervistate è stato in grado di citarne i 4 maggiori nel settore abbigliamento, mentre addirittura il 47% ne è riuscito a nominare a malapena uno! Fatta la dovuta proporzione per i maschi è stato anche peggio. Molti consumatori inoltre confondono marchi di alto e medio livello, facendo forse imbizzarrire i vari Valentino e Dolce & Gabbana, ma offrendo un'inusitata chance ai brand non ancora affermati, che possono arrivare a notorietà proprio in Cina.Un cliente ideale, ma infedele e pasticcione, però molto portato alla spesa di lusso. Nel 2008, i nuovi ricchi cinesi hanno speso in beni di lusso 8,6 miliardi di dollari - per un incremento annuo del 25% pro capite - e a luglio 2009, il Dragone ha superato gli Usa e si è collocato al secondo posto - dopo il Giappone - per il consumo di oggetti di lusso. Senza contare l'ammontare degli acquisti cinesi all'estero. Nel giro di 5 -7 anni la Cina dovrebbe diventare il primo sbocco per i prodotti di lusso, nel mondo.
di Katia Gruppioni
Anticipiamo un altro editoriale della rubrica "La parola all'esperto" che AgiChina24 proporrà ai lettori a partire da gennaio 2010. La rubrica avrà un aggiornamento settimanale e ospiterà gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alterneranno proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Katia Gruppioni curerà per AgiChina24 la rubrica di costume&società.
Katia Gruppioni è responsabile marketing, comunicazione, relazioni internazionali e istituzionali per le aziende del gruppo del Sira Group (Italia, Cina, Russia, Romania). Pubblicista e saggista, esperta di Cina, membro del Comitato Scientifico di Osservatorio Asia.