La marcia dello yuan a Hong Kong procede velocemente, anche se a molti broker e assicuratori piacerebbe che si premesse l'acceleratore. L'Hong Kong Monetary Authority, l'organismo che opera di fatto come Banca centrale dell'ex-colonia inglese, ha annunciato due settimane fa una serie di misure per permettere alle banche di condurre in yuan/renminbi uno spettro più ampio di affari con i clienti corporate e per consentire alle compagnie locali di emettere bond in valuta cinese. Hong Kong, che è stata restituita alla Cina nel 1997 e mantiene uno status semi-indipendente sulla base dello slogan "Un paese- due sistemi", batte una propria moneta –il dollaro di Hong Kong- e contemporaneamente avverte il fascino sempre più potente dello yuan. Pechino, da parte sua, sta utilizzando Hong Kong come banco di prova per il processo che dovrebbe condurre verso la definitiva internazionalizzazione della sua divisa, che non è convertibile e risulta, di fatto, ancorata al dollaro. Qual è la situazione attuale? Al momento le compagnie cinesi che vogliono effettuare un'Offerta pubblica iniziale o lanciare futures sulla piazza hongkonghese possono farlo esclusivamente in dollari dell'ex colonia, che devono essere successivamente rimpatriati in yuan. I singoli cittadini possono cambiare solo 20mila yuan (circa 2 mila euro) al giorno in dollari di Hong Kong, decisamente poco per condurre operazioni finanziarie di una certa importanza; inoltre, solamente individui e società che operano in sette settori determinati possono aprire conti in yuan presso le banche locali, e tra questi comparti non sono comprese né le compagnie assicurative né quelle di brokerage. Adesso, tutti i rappresentanti di queste categorie stanno effettuando pressioni sempre maggiori per una maggiore liberalizzazione: "Molti assicuratori e clienti mi chiamano per spingermi a lottare per ottenere polizze denominate in yuan, - ha dichiarato recentemente al quotidiano di Hong Kong South China Morning Post Chan Kin-Por, il legislatore che si occupa delle assicurazioni- perché tutti ritengono che lo yuan si apprezzerà nei prossimi decenni". "Penso che un progressivo allentamento di queste misure sia una buona idea, – dice ad AgiChina24 Lawrence Chia, managing director financial advisory services Deloitte per la Cina-che aiuta Hong Kong e, sul fronte dell'emissione dei bond in yuan, rende più facili le cose a molti clienti oltre la frontiera con la Cina. La maggior parte delle compagnie che arrivano dalla Cina devono ancora sottostare al vecchio sistema, cioè emettere titoli in dollari di Hong Kong e poi riportarli oltreconfine in yuan. Ma una mossa del genere incoraggerebbe molte società e molti investitori, oltre a costituire un punto d'osservazione che consentirebbe al governo cinese di stimare quanto lo yuan è accettabile come valuta di scambio, in previsione di una futura apertura". Secondo Francis Sheung Nim Lun, General Manager di Fullbright Securities, l'internazionalizzazione dello yuan si farà: "È solo questione di tempo". "La Cina è già la seconda economia mondiale, - spiega Sheung Nim Lun- e in termini di commercio estero basti pensare all'immensa massa di commodities che Pechino acquista ogni anno. Fissare in yuan i commerci esteri sarebbe la logica evoluzione di quanto sta già accadendo, come ad esempio gli swap di valuta con paesi come la Malaysia coi quali, grazie a un accordo bilaterale, è già possibile fissare gli scambi in renminbi. Ci vorranno forse dieci anni, forse anche di più, ma si farà: lo yuan diventerà completamente convertibile e la posizione di Hong Kong come piazza offshore per lo yuan si consoliderà". È opinione del manager, però, che l'attuale limite dei 20mila yuan fissato per i cittadini non verrà sollevato nel breve periodo perché causerebbe un'immediata fuga di capitali dalla Cina continentale. Il destino di Hong Kong, però, a suo dire è già stato tracciato: "L' Hong Kong Monetary Authority vuole sicuramente fare più affari in renminbi a Hong Kong: è stata svolta un'intensa attività di lobbying presso le autorità di Pechino affinché venissero emessi più bond denominati in yuan sulla piazza hongkonghese. Ritengo che si punti a trasformare Hong Kong in un centro offshore per la moneta cinese, un po' com'è accaduto con Londra che, da anni, è di fatto la piazza offshore per gli Stati Uniti".
di Antonio Talia