Pechino, 29 gen. - Nuova vampata nella "guerra del web", scoppiata più di due settimane fa dopo la minaccia di Google di abbandonare la Cina: stavolta è il turno di Twitter, il portale di microblogging oscurato da mesi da Pechino, che sceglie l'attacco frontale. Nel suo discorso al World Economic Forum in corso a Davos, l'amministratore delegato e cofondatore di Twitter Evan Williams ha reso noto che la compagnia sta lavorando a un metodo per "superare la censura messa in atto da alcuni paesi". "Siamo parzialmente bloccati in Cina e in altri paesi, e lo eravamo anche in Iran – ha spiegato Williams – ma secondo noi il modo migliore per lottare non è collaborare con la Cina e con tutti quei governi la cui essenza stessa sta agli antipodi rispetto a ciò che è Twitter". Il social network di microblogging, che consente di inviare in rete post della lunghezza di un sms, è stato spesso usato come veicolo per il dissenso politico, come nel caso iraniano. Domenica scorsa una manifestazione su Twitter contro "la grande muraglia dell'internet cinese" era riuscita a fare risalire l'argomento tra le 10 parole chiave del momento; dal canto suo, il quotidiano China Daily – che esprime la voce ufficiale del Partito Comunista Cinese – aveva accusato gli USA di avere creato una "brigata di hacker" responsabile della regia dei disordini in Iran proprio "attraverso social network come Twitter e YouTube". Williams non è entrato nei dettagli sui mezzi tecnologici che Twitter intende utilizzare per aggirare l'oscuramento, ma ha sottolineato come il portale disponga di un vantaggio: a differenza dei semplici siti web i suoi flussi informativi sono veicolati attraverso diversi canali, come le applicazioni per telefoni cellulari e i siti in syndication. Ieri la situazione si era parzialmente attenuata con il colloquio a Londra tra il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi e il segretario di Stato americano Hillary Clinton, definito da quest'ultima "una conversazione molto aperta e onesta". "Ho sollevato la questione Google e quella della libertà sul web – ha dichiarato la Clinton – e, ovviamente, la Cina ritiene di essere molto più aperta di quanto non le venga dato credito in materia". Fonti governative USA fanno sapere che il ministro degli Esteri cinese non ha risposto alla richiesta americana di un'indagine sul caso Google. La stessa Clinton, in un veemente discorso tenuto la settimana scorsa in un luogo simbolico come il museo della libertà di stampa di Chicago, aveva dichiarato che "una nuova cortina dell'informazione sta calando su larga parte del mondo" sancendo, di fatto, che la libertà sul web è un nuovo pilastro della politica estera USA. Lo scontro Google-Pechino era iniziato più di due settimane fa, con la minaccia del colosso del web di abbandonare la Cina in seguito a una serie di atti di pirateria informatica originati proprio dal territorio cinese.