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Per Getra, che progetta e produce trasformatori elettrici di grande e media potenza per le centrali e le reti di trasmissione e distribuzione, e sistemi di interconnessione delle reti di alta tensione, orientarsi all'export è stata una scelta lungimirante, prima ancora che obbligata dalla crisi della domanda interna.
«Tra il 2005 e il 2008 il volume d'affari è cresciuto del 25% all'anno, da 42 a 100 milioni di euro. Nel 2009 - spiega ancora Zigon - abbiamo mantenuto stabile il fatturato del 2008 compensando il calo del 40% sul mercato italiano con ricavi dall'estero». La tendenza si è consolidata nel 2010 fino a capovolgere il rapporto tra vendite domestiche e estere, con le esportazioni che hanno raggiunto il 60% del volume d'affari complessivo. Non solo in Nord e Centro Africa e Medio Oriente, ma anche in Europa (Balcani soprattutto) e Centro America. «Questo significa complicarsi non poco la vita – spiega Zigon – perché non è semplice gestire rapporti con paesi diversi, ciascuno con i suoi standard e le sue regole». Tanto per restare al Marocco, il contratto «ha richiesto un lungo ed impegnativo percorso di accreditamento presso l'autorità elettrica locale». Intanto però si raccolgono i frutti: il fatturato è tornato a crescere dopo due anni di stasi e «per il 2011 le attese sono di un incremento del 15%».
Il processo di internazionalizzazione di Getra è bi-direzionale. «Siamo molto interessati a installare stabilimenti nelle aree del mondo a forte crescita. Da tempo, e con fatica, stiamo portando avanti una joint venture in Cina con una grande azienda quotata, Boasheng» racconta Zigon. Nei prossimi mesi dovrebbe partire la costruzione dello stabilimento nel distretto di Baoying a 400 chilometri da Shangai. «Ma per una media azienda come la nostra è una sfida difficile: i cinesi sono venuti a cercarci perché volevano qualcuno con la nostra tecnologia e non una multinazionale. Ma trattare con un partner che è un colosso non è facile». Un'operazione analoga sta partendo in India dove «stiamo già avviando contatti» mentre in Brasile «siamo alla fase di studio. Vogliamo capire quanto può essere duratura la crescita che il paese sta vivendo».
E anche per trovare tecnici e ingegneri, Zigon deve guardare all'estero. «Stiamo selezionando una decina di ingegneri indiani, anche donne, con una cultura della mobilità impensabile in Italia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18/06/2011
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