FRANCESCO D'ARELLI (ISIAO), MAGIA DI UNA MAPPA RITROVATA
ADV
ADV
FRANCESCO D'ARELLI (ISIAO), MAGIA DI UNA MAPPA RITROVATA

FRANCESCO D'ARELLI (ISIAO), MAGIA DI UNA MAPPA RITROVATA

Cultura
FRANCESCO D'ARELLI (ISIAO), MAGIA DI UNA MAPPA RITROVATA
di lettura
Roma, 19 ott. - Oltre 30 metri di seta dipinta che fotografano la Mongolia del XVI secolo. E' l'incredibile "Mappa del paesaggio mongolo", documento unico che sarà in mostra a Roma, in prima mondiale, dal 21 ottobre al 26 febbraio per la rassegna "A oriente. Città, uomini e dei sulla Via della Seta".  Francesco D'Arelli, sinologo e curatore scientifico della mostra, la racconta ad AgiChina24.
Francesco D'Arelli è stato professore associato di Storia dei Rapporti fra Oriente e Occidente presso il Dipartimento di Studi sull'Asia Orientale dell'Università Ca'Foscari di Venezia negli anni 2001-2011 ed oggi è docente di Cultura e Società dei Paesi di Lingua Cinese presso la Libera Università degli Studi per l'Innovazione e le Organizzazioni (LUSPIO).  Attualmente ricopre gli incarichi di direttore editoriale e direttore della biblioteca dell'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) ed è socio ordinario della European Association of Chinese Studies e dell'Associazione Italiana per gli Studi Cinesi. Ha pubblicato numerosi saggi sulla diffusione e presenza del cristianesimo in Cina nei secoli XVII-XVIII, è autore di La Cina in Italia. Una bibliografia dal 1899 al 1999 (Roma 2007) ed è redattore delle voci relative al pensiero cinese nella Treccani Filosofia (2010), enciclopedia tematica, in forma di dizionario, dedicata allo sviluppo del pensiero filosofico in Oriente e Occidente dall'antichità fino al XXI sec.
"Una delle ragioni che rendono il rotolo così speciale – esordisce D'Arelli – è la sua lunghezza. Sono ben 32 metri di raffigurazione paesaggistica dell'Asia Centrale, dalla porta delle regioni occidentali della Cina di epoca Ming, il passo di Jiayu (Jiayuguan) nell'odierna provincia del Gansu, fino a La Mecca". In realtà sembra che manchino altri 8 metri di rotolo, raffiguranti il territorio che va da La Mecca fino a Costantinopoli, la Bisanzio dell'impero romano, secondo lo studio di Lin Meicun, importante archeologo della Scuola di Archeologia e Museologia dell'Università di Pechino, continua a spiegarci D'Arelli.
Secondo i recenti studi che l'hanno interessata, la mappa è stata realizzata tra il 1524 e il 1539, cioè in pieno dominio Ming (1368 – 1644), e rappresenta quindi quello che restava del grande impero mongolo (1279 – 1368), la dominazione di massima estensione territoriale che la Cina abbia mai avuto. "Si chiama Mappa del Paesaggio Mongolo perché rappresenta il territorio dei canati in cui fu frammentato l'impero mongolo alla sua caduta - spiega D'Arelli – non ha niente a che vedere con la Cina di Marco Polo, anche se nel rotolo sono evidenti tutte le conoscenze geografiche acquisite proprio in quel periodo".
Altra particolarità sono i 211 toponimi che compaiono sulla carta, "importantissimi perché sono traslitterazioni dellle lingue parlate nell'Asia centrale: l'uiguro, il persiano, addirittura anche il latino e il greco", continua il nostro intervistato, spiegando poi che, trattandosi di toponimi che ricordano le fonti classiche, non è stato semplice per gli studiosi che se ne sono occupati identificare la tradizione dei luoghi con quanto rappresentato nella carta.
Molto curiosa è la  storia del ritrovamento della Mappa del Paesaggio Mongolo: arrivata in un museo privato giapponese negli anni '20 del 1900 e classificata come una generica carta di paesaggio di epoca Qing, è stata acquistata da una società d'asta di Pechino nel 2002 e, finita nelle mani del presidente della commissione che analizza l'originalità dei  manufatti, Fu Xinian, ne è stato identificato il vero valore storico. "Da allora la carta non è mai stata esposta, è stata data in anteprima mondiale a questa mostra grazie alle attività di ricerca e studio che l'ISIAO, Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente , da anni conduce con la Scuola di Archeologia e Museologia dell'Università di Pechino. – rimarca D'Arelli – Naturalmente c'erano altri colleghi in tutto il mondo che l'avrebbero desiterata, ma la profonda amicizia che ci lega con Pechino ci ha favoriti!"
Nella mostra non verrà esibito soltanto il rotolo mongolo, ma anche altri pezzi importantissimi, di cui alcuni inediti, che riguardano sia gli scambi lungo la Via della Seta, sia la Cina del periodo, e raccontano questa storia seguendo le tracce delle principali religioni che ne sono protagoniste: Buddhismo, Islam, Taoismo.
"Tutto questo in uno spazio espositivo che solo l'Italia può vantare, le Terme di Diocleziano, una delle più grandi aree termali della Roma imperiale del IV secolo, quasi ad affermare l'antico legame tra l'Impero Romano e la Cina dell'epoca. - continua l'intervistato – "1700mq di esposizione in cui il visitatore percorre tutta la Via della Seta, partendo dall'Occidente più estremo, dalla Siria, e attraversando fisicamente l'Asia Centrale di allora per arrivare in Cina."
Un viaggio fonte d'ispirazione anche per la società contemporanea, immemore che la vera esperienza della globalizzazione fu già vissuta dagli uomini che ci hanno preceduto. "Oggi parliamo tanto di contaminazioni, di tolleranza, ma in realtà sono soltanto delle dichiarazioni di principio. In passato le conoscenze transitavano lungo la Via della Seta in maniera quasi spontanea, spesso senza l'intervento dell'uomo, e credo sia questo l'insegnamento principale."
di Annunziata Rispoli
ARTICOLI CORRELATI

 
 
 
LINK CORRELATI
 

© Riproduzione riservata
ADV
ADV