Pechino, 11 ott. - Si è concluso con un nulla di fatto il vertice del Fondo Monetario Internazionale a Washington. Nessun accordo o passo in avanti sulla questione dello yuan: irremovibili sia la Cina che gli Stati Uniti. Nonostante la moneta cinese sia giunta ai massimi storici – 6,6732 sul dollaro - Pechino sembra non intenzionata ad andare incontro alle richieste internazionali e a Washington ha ribadito ancora una volta la sua posizione: "Quello della rivalutazione non sarà un processo rapido" ha garantito Zhao Xiaochuan, presidente della Banca Centrale cinese che si è dichiarato contrario a una "terapia choc". Una tesi già espressa da Wen Jiabao che nel corso della sua visita di stato in Europa ha più volte smentito tale ipotesi: "Una rivalutazione improvvisa dello yuan comporterebbe la chiusura di moltissime aziende cinesi e un balzo della disoccupazione – ha detto Wen a più riprese – provocando danni sociali incalcolabili". Maneggiare lo yuan "è un'arte complessa" ha dichiarato Zhao secondo cui bisogna tenere presenti più fattori quali l'inflazione, la disoccupazione, il PIL e la bilancia commerciale.
Qualche giorno fa il direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn aveva parlato di una "guerra di valute" in quanto molti userebbero la valuta proprio come un'arma. L'FMI invita al compromesso: "L'economia mondiale ha bisogno di essere riequilibrata -si legge nel nuovo rapporto FMI sullo stato di salute dell'economia mondiale- nazioni con larghi deficit commerciali e di budget come gli Stati Uniti hanno bisogno di sollevare le esportazioni, mentre quelle con enormi surplus come la Cina debbono ridurre la loro dipendenza dalle esportazioni e aumentare i consumi interni". Ma più che mai lontani dall'accordo, Cina e Stati Uniti sembrano sempre più distanti. Il Financial Times parla di scompiglio: "La Cina accusa gli Usa di destabilizzare le economie emergenti lasciando che una politica monetaria ultra allentata inondi di soldi i paesi emergenti, mentre gli Stati Uniti insistono nel dire che il Fondo monetario internazionale dovrebbe concentrarsi di più sui tassi di cambio e sull'accumulazione di riserve della Cina".
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