FALLIMENTI A WENZHOU, RISCHIO CONTAGIO?

Pechino, 4 ott.- Cosa succede in città? Se la città in questione è Wenzhou, ormai siamo abituati ad aspettarci uno sconcertante dinamismo imprenditoriale e stretti legami con la diaspora cinese in tutta Europa, Italia compresa. Ma da qualche tempo a questa parte nella metropoli dello Zhejiang si sta verificando una catena di fallimenti di piccole e medie imprese che ha attirato l'attenzione degli istituti bancari internazionali. E mentre il governo locale scende in campo con una norma specifica per affrontare la situazione, alcuni economisti stanno già lanciando l'allarme: gli scricchiolii nella struttura economica di Wenzhou avranno ripercussioni in molte altre zone della Cina.

 

Tra i primi ad analizzare la vicenda c'è stata May Yan, a capo della struttura di analisi di Barclays Capital per la Cina. In un dossier, May Yan e i suoi analisti sottolineano l'enorme numero di piccole e medie imprese che si rivolgono al "credito informale" che non passa attraverso i canali bancari tradizionali, un circuito nel quale si praticano  tassi d'interesse tra il 20% e il 180%. Fin qua ben poco di nuovo: nonostante i tassi siano ampiamente al di là di quella che in molti altri paesi viene percepita come usura, gli imprenditori di Wenzhou e di numerose altre zone della Cina hanno sempre utilizzato questo sistema bancario "parallelo".  Ma adesso la situazione si sta evolvendo molto rapidamente a causa di due fattori: la stretta creditizia del governo centrale, che ha costretto una fascia enorme di aziende a rivolgersi al "credito informale", e l'aumento dei fallimenti nella zona di Wenzhou.

 

"Da gennaio ad oggi, sono 19 le aziende di medio livello che hanno dichiarato bancarotta - si legge nel dossier Barclays - , una cifra che rappresenta solo una minuscola porzione delle 3993 società attive a Wenzhou. Ma i mercati stanno iniziando a temere che tali fallimenti possano segnare l'inizio di una crisi del credito tra le piccole e medie imprese".  Il dossier è molto chiaro su un punto: "I fallimenti a Wenzhou sono inevitabilmente contagiosi, e si possono diffondere nel resto del paese". Come dire che, se vacilla una roccaforte dell'impresa come Wenzhou, le scosse sismiche si possono avvertire ovunque.

 

Alla fine della scorsa settimana il governo di Wenzhou ha introdotto una norma per fissare un tetto ai tassi d'interesse dei prestiti "informali" e provare a regolamentare un settore che finora è stato un vero e proprio Far West. "I prestiti dovranno mantenere tassi d'interesse massimi pari a quattro volte il tasso nazionale sui depositi fissi - si legge nel comunicato pubblicato sul sito del governo lunedì scorso -, qualsiasi prestito che supera tale soglia viene giudicato illegale, e pertanto il debitore potrà rifiutarsi di versare la differenza". 

 

Il benchmark nazionale dei tassi fissi sui depositi annuali è attualmente al 3.5%. Secondo quanto riportano i media locali, i tassi mensili tra il 6% e il 10%  applicati nel "sistema bancario parallelo" stanno spingendo moltissimi costruttori verso la bancarotta e hanno innescato una lunga scia di fughe di imprenditori, che spariscono nel nulla per evitare di ripagare i debiti.

 

Ma quanto è diffuso il fenomeno? Una stima della Banca centrale indica che, a causa della stretta creditizia operata dal governo di Pechino contro l'inflazione, quest'anno a Wenzhou i prestiti "informali" abbiano raggiunto quota 110 miliardi di yuan (pari a circa 13 miliardi di euro, o 17.2 miliardi di dollari). L'autorevole China Securities Journal cita un rapporto della sezione di Wenzhou della Banca centrale secondo il quale, a luglio, nella metropoli dello Zhejiang circa l'89% delle famiglie e il 60% delle società erano in qualche modo coinvolte nel sistema bancario ombra, con tassi medi di circa il 25% all'anno.

 

Stabilire cifre precise in questo territorio sommerso, tuttavia, sembra al momento impossibile. Molti analisti ritengono che i rischi di una diffusione sistemica siano tutto sommati contenuti, dato che si tratta di prestiti al di fuori dei circuiti bancari ufficiali, che quindi non possono essere impacchettati in prodotti finanziari o comunque utilizzati per scommesse speculative. Ma un altro rapporto, l'ultima edizione del dossier mensile sulla situazione delle banche cinesi realizzato da KPMG, sottolinea che il fallimento di piccole e medie imprese può ripercuotersi su altre società attraverso la cosiddetta "triangolazione del debito", ovvero quella reazione a catena nella quale una prima società a corto di liquidità ritarda i pagamenti ai suoi fornitori, i quali a loro volta ritardano, e così via.

 

"Questi ultimi avvenimenti rappresentano una serie di problemi di liquidità che le piccole e medie imprese stanno attraversando in tutta la Cina - ha dichiarato in una nota al South China Morning Post Yao Wei, chief economist per l'area Asia-Pacifico di Societé Generale - e non siamo assolutamente giunti alla fine della storia. Il fatto che ci sia una fascia di piccole e medie imprese disposta ad accettare questi tassi d'interesse significa che sono alla disperata ricerca di liquidi o che sono coinvolte in qualche forma di speculazione, perché nessun vero business può generare ricavi così elevati da ripagare i debiti".

 

E se davvero, come sembrano indicare numerosi gruppi bancari, Wenzhou rischia di essere il primo tassello di un domino, in quali altre zone della Cina possono trovarsi le altre tessere? Secondo Yao, la Mongolia Interna – con la sua attivissima tela di prestiti paralleli e un mercato immobiliare surriscaldato dovuto al boom delle miniere di carbone - è un candidato probabile, insieme al Guangdong e al Delta del Fiume delle Perle. Ma in questa complessa rete di prestiti sotterranei l'eventualità di un contagio resta ancora tutta da verificare.

 

di Antonio Talia

 

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