Pechino, 2 set.- Pechino dichiara guerra all'inquinamento ambientale. Acque avvelenate, aria irrespirabile, se non addirittura tossica, terreni contaminati: questa l'istantanea scattata nei territori che circondano le innumerevoli industrie cinesi che hanno contribuito alla modernizzazione del Paese. Uno scenario cui il Dragone sembra deciso a dire basta, forse motivato dagli ultimi casi di avvelenamento e disastri all'ecosistema che hanno alimentato nei giorni scorsi le pagine dei giornali. A dischiudere venerdì i dettagli della 'lotta' è stato il ministero della Protezione Ambientale che, per bocca del vice ministro Zhang Liju, ha annunciato una campagna nazionale contro lo stoccaggio e lo scarico di rifiuti tossici che prenderà il via entro la fine dell'anno. Tutte le aziende che producono silicone policristallino, cromo, rifiuti elettronici e acque di scolo saranno sottoposte a speciali controlli. L'organo supervisore ha inoltre fatto sapere di aver bloccato la revisione di nuovi progetti industriali nella città di Qujing, nella provincia sud-occidentale dello Yunnan, almeno fin quando non sarà completamente libera dalle scorie di cromo e dall'inquinamento del terreno. La decisione – che equivale mettere un freno alla crescita economica di Qujing – è arrivata in seguito alla scoperta che nel solo mese di giugno la città ha prodotto illegalmente circa 5.000 tonnellate di rifiuti tossici contaminando le acque potabili e le specie viventi nella zona adiacente e mettendo in serio pericolo la salute dei cittadini.
"Non si tratta di un caso isolato. Tutt'altro: rappresenta una negligenza diffusa in tutto il Paese " ha affermato Zhang. "L'ultimo censo nazionale sull'inquinamento pubblicato nel 2007 ha mostrato che la Cina produce ogni anno 45,74 milioni di rifiuti tossici. E nel corso del Dodicesimo piano quinquennale (2011-2015), il numero è destinato ad aumentare ancora del 5-7%". "Tuttavia – ha continuato Zhang – ogni anno 8 milioni di tonnellate vengono smaltite in modo adeguato, appena il 20%, per via dei costi elevati, dell'assenza di controlli da parte delle autorità di supervisione e delle scarse conoscenze dei processi di smaltimento.
Il caso Apple
Mela non solo morsicata, ma anche avvelenata. Apple nell'occhio del ciclone in Cina dove un gruppo di ambientalisti ha accusato l'azienda di Cupertino di inquinare l'aria e i fiumi adiacenti alle numerose aziende fornitrici disseminate su tutto il territorio cinese. Non solo. Secondo gli ambientalisti, in un villaggio di circa cento persone, venti sono morte di cancro. Il tutto documentato in un rapporto di 46 pagine intitolato "Bad Apple" stilato dall'Istituto di Affari Pubblici e Ambientali e basato su indagini condotte per 5 mesi dai membri dell'organo stesso. E dalle ricerche è emerso che gli scarichi di sostanze inquinanti - in particolare rame, nichel e cianuro - collegati a fornitori Apple hanno un valore di 300 miliardi di dollari (circa 210 miliardi di euro). Sono oltre 27 i "fornitori presunti" di Apple, fa sapere ancora il gruppo di ambientalisti, ritenuti responsabili di danni all'ecosistema, approfittando dei controlli incompleti in Cina. "La nostra società è impegnata a raggiungere la massima adesione agli standard di qualità" ha dichiarato il portavoce della Apple Steve Dowling che ha poi aggiunto: Chiediamo ai nostri fornitori di garantire dignità, rispetto e sicurezza sul lavoro, e attenzione ai processi industriali con cui vengono realizzati i prodotti Apple affinché l'impatto ambientale sia minimo".
Tuttavia proprio all'inizio dell'anno da un rapporto pubblicato della compagnia californiana era saltato fuori che in un'azienda fornitrice di Suzhou, la taiwanese Wintek, era stata protagonista l'anno precedente di alcuni casi di avvelenamento (questo articolo). Poi, a febbraio, la protesta di cinque lavoratori dello stabilimento. "Un killer che colpisce invisibile": così i cinque avevano descritto l'N-esano - sostanza altamente nociva utilizzata dal maggio del 2008 ad agosto 2009 - in una lettera-denuncia inviata all'allora amministratore delegato di Apple Steve Jobs. Il reagente chimico che tra le sue caratteristiche conta quella di evaporare prima dell'alcol, era stato impiegato per velocizzare la pulizia degli schermi touch screen. Risultato: "i profitti di Apple e Wintek - si legge nella lettera - sono saliti di decine di milioni ogni mese, reddito accumulato sulle vite e la salute dei lavoratori". L'N-esano avrebbe avvelenato 137 impiegati affetti da vari disturbi quali sudorazione e intorpidimento delle mani e dei piedi, spossatezza e svenimento. E mentre Wintek assicurava di aver prestato soccorso ai lavoratori non appena comparsi i primi sintomi, gli 'avvelenati' affermano di avere subito danni permanenti. Un prolungato contatto con la sostanza infatti - sostengono gli esperti - può portare danni irreversibili al sistema nervoso.
di Sonia Montrella
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