Pechino, 17 mar. - Ogni sabato, alle 6 di sera, prendo la mia messa prefestiva presso la sede dell`Istituto di Cultura a Pechino. Pochi i fedeli, soprattutto spanofoni, nessun cinese. Sabato scorso ho notato, seduta vicino a me, una ragazza cinese dall'espressione un po' spaesata. Spinto dalla curiosità, ho voluto attaccar bottone: "Come mai sei qui?". Mi risponde: "Sono venuta ad assistere ad un concerto di pianoforte che si è concluso poco fa e poi ho deciso di restare non avendo programmato nulla dopo". A quel punto le dico che da li a poco sarebbe cominciata una messa in italiano. La sue risposta è immediata: "Io non sono cristiana e non capisco l'italiano, ma sono curiosa.". La incalzo: "verso cosa?". La replica è tanto profonda quanto inaspettata: "La vostra fede in Gesù. Noi cinesi, purtroppo, non abbiamo alcun credo. Retaggio del passato...Mi incuriosisce il fatto che voi cristiani sembriate persone cosi felici e solidali". Finita la messa, la osservo, e noto con piacere che era scomparsa, in lei, quell'espressione iniziale di smarrimento. Beati i puri di cuore... Fino ad un anno fa, invece, prendevo la messa domenicale, l'unica in inglese, nella Cattedrale del Sud qui a Pechino. La chiesa era spesso gremita di persone per la maggior parte occidentali, filippini e qualche cinese. Ricordo che fuori dalla chiesa c'era una statua dedicata al secondo italiano più conosciuto in Cina dopo Marco Polo, Matteo Ricci. Chi era costui? Ricci era un gesuita maceratese che venne in Cina nel 1582 all'epoca della Dinastia Ming e proprio con il bene placito dell`imperatore cinese, ebbe la possibilità di dire messa in pubblico e poter evangelizzare. Alla sua morte nel 1610, la cristianità in Cina contava 2.500 convertiti (500 nel 1603), di cui ben 400 a Pechino. Era un vero illuminato dalla fede e dalla ragione che ha contribuito ad avvicinare l`Europa alla Cina. Come? Introducendo la geometria, la matematica, la scienza ed il mondo greco nella cultura cinese, catturando cosi l'interesse dei cinesi verso la nostra cultura e storia. Per me Ricci è stata una figura chiave nella storia cinese per il contributo enorme, purtroppo sottovalutato, che egli ha apportato. Questa figura continua ad affascinarmi. Inoltre, come professionista espatriato in Cina, ritengo Matteo Ricci un modello di riferimento. Un vero stratega che decise di "farsi cinese tra i cinesi" calandosi profondamente nella cultura confuciana del tempo in modo tale da diffondere appropriatamente la nostra cultura occidentale. Facendo un'analogia, Matteo Ricci fu il primo vero investitore strategico in Cina a capire che per approcciare efficacemente il mercato cinese, al fine di apportare know how scientifico e competenze, è necessario capire la cultura, le usanze e la lingua locale. Lui si che applicò alla lettera il famoso slogan tanto noto a noi consulenti "Think global Act Local".
di Corrado Gotti Tedeschi
Corrado Gotti Tedeschi, laurea in Economia e Commercio conseguita presso l'Università Cattolica di Louvain-la-Neuve (Belgio), ha collaborato con Osservatorio Asia prima di approdare in Cina nel 2006, dove ha maturato la propria conoscenza del mercato cinese a Pechino prima presso la Camera di Commercio Italiana in Cina, poi in Boston Consulting Group e Palazzari&Turries. Oggi si occupa di consulenza strategica nel settore delle Telecomunicazioni presso Value Partners.
La rubrica "Lettere dalla Cina" ospita gli interventi di giovani italiani che vivono e lavorano in Cina, offrendo spunti di vita quotidiana e riflessioni originali. Andrea Bernardi, Corrado Gotti Tedeschi, Elisa Ferrero e Gianluca Morgese