Ningbo, 01 apr. - L'uomo è un animale pigro. Si schioda dalle sue routine e cambia abitudini soltanto quando minacciato. Nel 2010 mi chiedevo quanto la Cina fosse distante dalla Corea in occasione della crisi militare, la settimana scorsa ho sentito il bisogno di misurare la distanza tra Tokyo e Shanghai. C'è stato anche il tempo per una crisi di panico dopo tre giorni trascorsi scrutando ogni novità sui reattori della centrale di Fukushima. La Cina è un luogo sicuro dove trascorrere un periodo di emergenza? E' poi trascorsa una settimana e tutto sembra tornato alla normalità.
La notizia del terremoto, dello tsunami e dell'emergenza nucleare è arrivata in Cina dopo alcuni anni di crescente tensione diplomatica con il vicino Giappone. La Cina, che quest'anno ha superato il Giappone per PIL (non procapite ovviamente, questo articolo), da tempo cerca espandere l'area di influenza della sua diplomazia nella regione e di estendere le operazioni della sua marina militare oltre la corona di isole che delimitano il mar cinese orientale. La sovranità di alcune di queste isole è peraltro contesa per ragioni storiche, militari ed economiche(questo articolo). In Cina, inoltre, è ancora viva la memoria delle atrocità compiute dai Giapponesi durante l'occupazione delle regioni costiere tra il 1937 e il 1945. Vicende spaventose sulle quali sono sorti in Cina musei della memoria simili a quelli dedicati nel mondo alla Shoah
In occasione della tragedia giapponese la Cina non ha però esitato a prestare ogni possibile soccorso: squadre di protezione civile, carburante, viveri. In particolare sono partiti macchinari per intervenire sulla centrale nucleare danneggiata che dista circa 1500 km dalla costa Cinese. Tra gli altri vicini, la Corea del Sud ha inviato sostanze chimiche per moderare la reazione del combustibile nucleare, i russi gas ed elettricità, i militari americani di stanza nelle controverse basi militari hanno impiegato personale di tutte le forze armate. Occorre ricordare che l'attuale primo ministro giapponese, Naoto Kan, succede nel giugno 2010 al dimissionario Yukio Hatoyama costretto ad abbandonare bruscamente la vita politica per l'impossibilità di mantenere la promessa elettorale di non rinnovare la concessione delle basi militari agli americani.
Superata l'emergenza - in realtà le notizie degli ultimi giorni ci indicano che la situazione nella centrale è tutt'altro che chiara -, la Cina ha iniziato a gestire la preoccupazione domestica per la fuga radioattiva. Immediatamente sono stati rafforzati i controlli di aria e acqua lungo la costa. I porti e gli aeroporti hanno iniziato a monitorare il traffico di merci e di persone. E' stato persino necessario (in pieno stile cinese) arrestare un blogger che diffondeva notizie allarmanti su internet. Tuttavia la temuta censura di stampa e tv non c'è stata. Le televisioni di stato hanno ospitato lunghe e dettagliate analisi della situazione. Una certa tensione si è comunque diffusa.
L'anno scorso i timori per l'influenza suina e la credulità popolare cinese causarono l'inflazione dell'aglio al dettaglio e all'ingrosso. I cinesi masticavano aglio crudo per proteggersi dall'influenza. Oggi assistiamo ad un'altra bizzarria, la corsa al sale. L'allarme nucleare ha spinto i cinesi dapprima in farmacia, a cercare ioduro di potassio, subito esaurito, successivamente al supermercato a comprare sale da tavola. Non se ne capisce il motivo visto che il sale cinese tra l'altro viene dalle miniere, non dal mare, e non contiene iodio.
Le istituzioni europee, nonostante i loro difetti, garantiscono ormai standard di sicurezza alimentare elevatissimi. Si è soliti lamentarsi di alcuni eccessi della burocrazia di Bruxelles in Italia. In questo momento, un europeo espatriato in Cina non può che sentire la mancanza di una democrazia liberale che non nasconde nulla ai propri cittadini e che è dotata di infrastrutture sanitarie e di protezione civile di primo livello. Eppure, anche il Giappone è una democrazia liberale, ma tra le poche cose certe della gestione dell'emergenza nucleare, sembra potersi affermare che non tutto è stato detto, e non subito.
di Andrea Bernardi
Andrea Bernardi, lecturer in Organisational Behaviour presso The University of Nottingham, China Campus, Ningbo.
La rubrica "Lettere dalla Cina" ospita gli interventi di giovani italiani che vivono e lavorano in Cina, offrendo spunti di vita quotidiana e riflessioni originali. Andrea Bernardi, Corrado Gotti Tedeschi, Elisa Ferrero e Gianluca Morgese.
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