Cina e Giappone più vicini dopo la morte di Kim Jong-il
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Cina e Giappone più vicini dopo la morte di Kim Jong-il

Cina e Giappone più vicini dopo la morte di Kim Jong-il

Corea del Nord. In migliaia ieri ai funerali del «Caro leader»
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PECHINO
Come in tutte le occasioni importanti non conta tanto chi c'è ma chi manca. Così ieri tra le migliaia di nordcoreani piangenti che sfilavano per l'ultimo saluto davanti alla salma del "Caro leader" Kim Jong-il e una manciata di ospiti stranieri, spiccava l'assenza di grandi dignitari di tutti i Paesi vicini, preoccupati per il futuro di Pyongyang. C'era un alto dirigente cinese, il vice premier Zhang Dejiang, che parla coreano, ma non gli altissimi leader che invece qualche ora prima, nei giorni di Natale e Santo Stefano, a Pechino avevano siglato un importante accordo monetario.
I due Paesi, mettendo da parte le cocenti controversie sul confine marittimo delle isole Senkaku e i giacimenti di gas, hanno concluso un'intesa di scambio diretto yuan cinese contro yen giapponese. Lo yuan non è pienamente convertibile e in precedenza gli scambi avvenivano attraverso un passaggio per dollari americani. Inoltre i due Paesi si sono accordati per lasciare apprezzare le rispettive valute contro il dollaro e l'euro. Infine il Giappone si è dichiarato disposto ad acquistare debito cinese, anche se Pechino non ne ha bisogno.
Tutti questi elementi sono molto importanti nel breve e nel lungo periodo. Nel breve un apprezzamento delle monete della seconda e terza economia del mondo significano uno sforzo dei due Paesi ad aiutare l'America e l'Europa oggi più in difficoltà. Le esportazioni cinesi e giapponesi dovrebbero avere più difficoltà e quelle americane ed europee essere facilitate. Ciò in concreto dovrebbe essere un danno sostenibile per le esportazioni dei due Paesi, ma dovrebbe invece aiutare le importazioni di prodotti stranieri. Più a lungo termine l'accordo rafforza il ruolo internazionale dello yuan ed è un passo molto importante per il libero scambio della moneta cinese.
La Cina ha già accordi di scambio valutario con una dozzina di Paesi, ma il Giappone è il suo secondo partner commerciale e quindi l'impatto globale di questo accordo è molto più importante. Manca a questo punto solo un'intesa di scambio con l'area euro per affermare il nuovo pieno spazio globale dello yuan. Questo significa certo un passo indietro globale per il dollaro, ma ciò avviene con la rivalutazione dello yuan, cosa su cui Washington premeva, e poi senza sganciare lo yuan dalla banda di oscillazione bilaterale.
C'è comunque un risvolto politico. L'accordo lega molto i destini dei due Paesi e quindi limita le tensioni che si erano accumulate negli ultimi mesi, come conferma il rinvio del vertice bilaterale previsto inizialmente per il 12-13 dicembre. La morte di Kim Jong-il invece sembra sia stato un catalizzatore dei rapporti. Per motivi paralleli Cina e Giappone sono entrambi preoccupati che un nuovo disordine possa emergere nella regione dopo la scomparsa di Kim, risucchiandola in un buco nero di tensione. Ma sono anche preoccupati dalla prospettiva di una Corea riunificata, molto nazionalista e con contese politiche e territoriali verso Cina e Giappone, che ospitano significative minoranze coreane.
L'accordo economico diventa così una piattaforma per una convergenza politica. Un riavvicinamento delle due diplomazie significa trovare nel concreto un modo di seguire e auspicabilmente anche pilotare le pericolose evoluzioni della penisola. Se ciò avvenisse intorno alle prospettive future della Corea del Nord, potrebbe costruirsi un nuovo ordine regionale e la Cina potrebbe trovare nel Giappone, allineato con l'America (che qui ha ottenuto nell'ultimo decennio successi significativi) un partner importante. Viceversa, nelle prossime settimane dovremmo aspettarci un'impennata di tensioni politiche ed economiche su scala globale.
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29/12/2011
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