Di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 11 lug. - La sesta edizione del dialogo economico e strategico tra Cina e Stati Uniti, che si è tenuto negli sorsi giorni a Pechino ha portato ad alcuni punti condivisi tra le due sponde del Pacifico, anche se con impegni piuttosto vaghi in tema di cooperazione. Uno dei risultati più apprezzabili rimane probabilmente la promessa della banca centrale cinese, pronunciata dallo stesso governatore Zhou Xiaochuan, di rendere lo yuan più flessibile e in linea con i tassi di mercato. "La direzione è chiara per la riforma del mercato dei cambi della Cina. Manterremo il tasso di cambio dello yuan a un livello ragionevole e bilanciato e lasceremo che il mercato decida il tasso" ha dichiarato il governatore della People's Bank of China a margine degli incontri bilaterali.
Il tasso di cambio dello yuan è uno dei temi di maggiore attrito tra Cina e Usa. Washington ritiene la valuta cinese molto sottovalutata e chiede da tempo a Pechino di accelerarne il processo di liberalizzazione. Durante il vertice Cina-Usa dei giorni scorsi, il ministro delle Finanze cinese, Lou Jiwei, aveva però ancora parzialmente deluso le aspettative americane di sentire messaggi incoraggianti dalle autorità di Pechino, spiegando che il governo avrebbe continuato a intervenire sullo yuan per via della debolezza dell'economia cinese, ai primi segnali di ripresa oggi, dopo sei mesi di rallentamento. La tradizionale cautela nella politica monetaria è stata ribadita anche dallo stesso Zhou, che ha spiegato che la Cina continuerà a intervenire sulla propria valuta nel caso in cui ci siano grandi fluttuazioni nel mercato e nel caso di revisioni della politica monetaria dei grandi Paesi.
Sulla stessa linea di prudenza anche gli analisti finanziari cinesi del settore. Li Jianjun, dell'Istituto di Ricerca sulla Finanza Internazionale di Bank of China ha spiegato al China Daily come a condizionare in questo momento le scelte in politica monetaria della banca centrale sia la manovra di tapering messa in atto dalla Federal Reserve che sta mettendo sotto pressione le economie emergenti e provocando un deflusso dei capitali. "I mercati emergenti - spiega l'analista cinese - hanno anche un deficit commerciale con la Cina, esattamente come gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti potrebbero unirsi a questi Paesi per spingere verso uno yuan più forte".
Alcuni segnali incoraggianti per la riforma del tasso di cambio dello yuan erano arrivati nei giorni scorsi, quando la State Administration of Foreign Exchange cinese aveva annunciato che le banche potranno fissare il cambio con il dollaro in linea con i valori di mercato per alcuni clienti selezionati. Si tratta di una misura che, per il momento, copre solo una piccola parte delle transazioni e ha più valore sperimentale che sostanziale, ma che ha come obiettivo quello di "migliorare ulteriormente la formazione di un meccanismo di tasso di cambio dello yuan regolato dal mercato" spiegava in un comunicato l'ente regolatore dei tassi di cambio.
11 luglio 2014
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