Pechino, 15 apr. – Riflettori puntati sulla riforma del sistema monetario ad Hainan, in Cina, dove si è tenuto il vertice dei BRICS, acronimo con cui si indicano le nuove econome emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e, da quest'anno, anche Sudafrica. Secondo i leader dei cinque Paesi in via di sviluppo, è necessaria una riforma radicale del sistema che sia basato su più valute e che sia quindi "in grado di assicurare una maggiore stabilità". "Le cinque potenze - ha spiegato Wu Hailong, collaboratore del ministero degli Esteri cinese - sono concordi su un riesame del paniere che compone i Diritti Speciali di Prelievo (la moneta "virtuale" del Fondo Monetario Internazionale). La proposta era già stata lanciata dal governatore della Banca centrale di Pechino Zhao Xiaochuan all'indomani dello scoppio della crisi finanziaria del 2008. In quell'occasione Zhao aveva definito debole un sistema monetario internazionale basato esclusivamente sul dollaro, auspicando il passaggio ad un sistema basato sui Diritti Speciali di Prelievo (DSP) in cui alle attuali valute del dollaro, euro, yen e sterlina andrebbe ad aggiungersi lo yuan. Una soluzione proposta anche lo scorso mese dal presidente francese Nicholas Sarkozy e dal segretario del Tesoro americano Timothy Geithner, riuniti a Nanchino in occasione del vertice finanziario G20. Ma "per essere inclusa nel paniere che forma i Diritti Speciali di Prelievo una moneta deve essere pienamente convertibile" ha precisato sempre a Nanchino il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet.
La strada verso una convertibilità della valuta cinese si incrocia proprio con la controversia in merito al tasso di cambio dello yuan: gli Usa, infatti, accusano da tempo il Dragone di mantenere artificialmente basso il valore della moneta per ottenere un vantaggio sleale negli scambi con l'estero. E ad Hainan nessun riferimento alla questione dell'apprezzamento dello yuan che, ha sottolineato Wu, "non era in agenda". I 5 Paesi emergenti hanno però espresso preoccupazione riguardo l'economia mondiale: "L'instabilità dei prezzi delle commodity potrebbe rallentare la ripresa economica, mentre l'afflusso di capitale rischia di compromettere lo sviluppo delle economie emergenti" si legge nel rapporto diffuso al termine del summit. Quanto a sviluppo, quello dei BRICS cresce d'importanza: lo scorso anno il Pil complessivo incideva per il 18% di quello mondiale. In aumento anche il traffico commerciale tra la Cina e gli altri BRICS: Nel primo trimestre del 2011 gli scambi sono aumentati del 45,8% rispetto allo stesso periodo del 2010 raggiungendo così i 59,9 miliardi di dollari. In particolare nei primi 3 mesi la Cina ha importato beni (prevalentemente materie prime, carbone, acciaio e petrolio) per circa 33 miliardi di dollari (+57,2% anno su anno), mentre le esportazioni hanno raggiunto i 26,85 miliardi di dollari (+33,8%).
E dall'economia i BRICS sono passati poi alla politica internazionale e al ruolo di quest'ultimi in sede Onu. I cinque sono tornati a ribadire l'importanza di una riforma del Consiglio di sicurezza dell'Onu che dia più rappresentatività alle potenze emergenti. Nella dichiarazione diffusa dal summit i leader di Cina e Russia, già membri permanenti del Consiglio, "ribadiscono l'importanza dello status di Brasile, India e Sudafrica negli affari internazionali e sostengono la loro aspirazione a svolgere un ruolo maggiore nell'Onu". I tre Paesi puntano a un seggio permanente o almeno a una più forte rappresentanza regionale. "La riforma dell'Onu e del Consiglio di sicurezza è essenziale", ha avvertito il presidente brasiliano, Dilma Rousseff, "è impossibile rimanere legati ad assetti nati nell'immediato dopoguerra". Il presidente sudafricano, Jacob Zuma, ha riferito che i BRICS hanno convenuto sulla necessità di una riforma che renda "più rappresentativo ed efficiente" il Consiglio di sicurezza. La Russia sostiene la richiesta di un seggio permanente per Brasile, India e Giappone mentre la Cina non si è ancora sbilanciata, anche per la rivalità con Tokyo.
Ultimo tema caldo in esame, la crisi libica e il relativo intervento della Nato. A questo proposito i BRICS hanno ribadito quella che la loro posizione: "l'uso della forza in Libia va evitato". Pur non condannando apertamente le operazioni della Nato nel Paese nordafricano, le potenze emergenti si sono limitate a sottolineare la necessità di "un dialogo in cui abbiano un ruolo adeguato l'Onu e i governi della regione". "Condividiamo il principio secondo cui la sovranità, l'indipendenza, l'unità territoriale e l'integrità nazionale debbano essere rispettati". Una posizione già espressa al Palazzo di Vetro lo scorso 18 febbraio in occasione dell'approvazione della risoluzione sulla no-fly zone e che ha visto l'astensione di Cina, Russia - con diritto di veto in quanto membri permanenti -, Brasile e India. Allineato invece il Sud Africa.
di Sonia Montrella
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