Pechino, 24 nov. - La linea sta per essere oltrepassata: le più importanti banche cinesi sono vicine a superare la quota di prestiti erogati fissata dal governo di Pechino per il 2010, mentre i controlli esercitati dall'authority sugli istituti di credito si fanno sempre più penetranti. Le voci hanno trovato oggi conferma nel racconto di quattro fonti diverse, tutte "con conoscenza diretta dei fatti", che hanno parlato con alcuni media cinesi e stranieri a condizione di restare anonime: i dati ufficiali della Banca centrale mostrano che ad ottobre gli istituti di credito avevano aperto nuove linee per 6900 miliardi di yuan (circa 779 miliardi di euro), mentre il quotidiano 21st Century Business Herald riferiva ieri che a novembre i prestiti erogati si avvicinavano a 600 miliardi di yuan, raggiungendo così il tetto dei 7500 miliardi (847 miliardi di euro) stabilito dal governo per l'anno in corso. Le quattro fonti anonime, riportate dal quotidiano ufficiale China Daily, si spingono ancora più in là: al momento, tre delle quattro più importanti banche cinesi - Industrial and Commercial Bank of China; Bank of China; Agricultural Bank of China - starebbero estendendo nuovi prestiti solo a condizione del rientro di quelli già esistenti, e una di esse - Agricultural Bank of China - avrebbe già oltrepassato il limite fissato per il mese di novembre. Complessivamente, la soglia fissata per le "4 grandi" per l'anno 2010 ammonta a 3200 miliardi di yuan (circa 361 miliardi di euro).
L'incredibile boom del credito registrato nel 2009 ha causato diversi brividi alla leadership di Pechino: alla fine del 2008, infatti, il governo aveva deciso di sospendere il tetto dei prestiti erogabili e incoraggiare le banche ad aprire quante più nuove linee possibili, raggiungendo così nell'anno successivo la cifra record di 9590 miliardi yuan. Questa ondata di liquidità senza precedenti ha innescato un continuo aumento dei prezzi delle case e un'impennata dell'inflazione, che nel mese di ottobre è cresciuta del 4.4% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, ben al di là del limite del 3.5% che il governo intende mantenere per l'anno in corso. Il mese scorso la Banca centrale ha alzato il tasso d'interesse per la prima volta in tre anni, e in novembre ha già innalzato due volte i requisiti di riserva obbligatoria, nel tentativo di porre un freno tanto all'eccesso di liquidità in circolazione che all'aumento dei crediti in sofferenza. A destare preoccupazione, in particolare, sono i prestiti erogati alle amministrazioni locali attraverso le cosiddette Local Investment Companies (questo articolo) (agenzie semipubbliche che negli ultimi anni sono sorte come funghi e hanno offerto alle banche la terra - che in Cina è proprietà dello Stato - a garanzia dei finanziamenti): dei circa 7mila miliardi di yuan concessi a questi veicoli finanziari, circa il 23% sarebbe a rischio e un buon 50% navigherebbe nell'incertezza. I portavoce delle quattro grandi banche cinesi hanno rifiutato di commentare la notizia riportata dai misteriosi insider, mentre non si è ancora spento l'eco delle polemiche cinesi per il quantitative easing deciso qualche settimana fa dalla Federal Reserve, che potrebbe dirottare oltre la Grande Muraglia altri capitali speculativi e contribuire così ad un'ulteriore aumento dell'inflazione (questo articolo e questo articolo ): Pechino si prepara ad una nuova stretta creditizia? Secondo molti analisti cinesi il limite fissato per l'anno prossimo non supererà i 6500 miliardi di yuan.
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