La Banca Mondiale abbassa ulteriormente le sue previsioni sul pil cinese: nel 2009, secondo la World Bank , la Cina non riuscirà ad andare oltre una crescita del 6.5%. Si tratta della seconda revisione delle stime per l'anno in corso, che precedentemente si erano attestate a quota +7.5% e, a novembre, su un ottimistico +9.2%. Nel "China Quarterly Update"- un bollettino sulla Cina che la Banca Mondiale pubblica regolarmente- si osserva che l'economia cinese sta reggendo all'urto nonostante sia stata colpita con durezza dalla crisi globale. Ma anche se al momento le banche del dragone asiatico sembrerebbero scarsamente esposte alla crisi finanziaria, le esportazioni sono sotto tiro: in febbraio l'export cinese è calato del 25.7% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, mentre in gennaio- sempre secondo i dati ufficiali- era sceso del 17.5%, registrando così la peggiore performance degli ultimi dieci anni. L'incitamento al "Bao ba"- "difendiamo l'8%"- col quale il premier Wen Jiabao ha incitato la nazione la scorsa settimana rimarrà un traguardo irraggiungibile? I dati diffusi in questi giorni dall'Ufficio Nazionale delle Statistiche di Pechino sono scoraggianti: il surplus commerciale, adesso, ammonta a 4.84 miliardi di dollari; un risultato opaco se confrontato coi 39.1 miliardi di dollari di gennaio. Gli Stati Uniti, la principale fonte di questo gigantesco surplus, hanno smesso di acquistare: riuscirà Pechino a sostenere la sua crescita con la domanda interna? Per raggiungere la crescita dell'8% -da molti analisti indicata come la soglia minima necessaria per mantenere la stabilità nel paese- si punta tutto sull'immenso piano di stimolo da 4mila miliardi di yuan (464 miliardi di euro) varato nel novembre scorso. E mentre il popolo cinese, tradizionalmente risparmiatore, invia segnali contrastanti, sono in molti a ritenere che il vero nodo da risolvere per compiere la missione "Bao ba" sia proprio quello del consumo interno.