Pechino, 27 gen. – Sarà del 12% l'aumento del salario minimo annunciato dalle autorità del Jiangsu per il mese di febbraio. La provincia che ha dato i natali a Jiang Zemin (predecessore di Hu Jingtao alla presidenza della RPC) configura la tappa iniziale di un lungo processo? Solo a Nanchino – il capoluogo del Jiangsu – il salario minimo mensile registrerà un incremento dagli attuali 850 yuan (circa 88 euro) ai 960 yuan (circa 100 euro) previsti dal piano. Anche Pechino si appresta a mettersi in cordata; secondo il Beijing Times, la "Città Eterna" della Cina potrebbe aumentare i salari del 10% dai circa 800 yuan attuali (circa 83 euro). Il piano si estenderà a macchia d'olio anche nel Zhejiang e nel Guandong. La notizia, riportata dal China Daily, sembrerebbe premiare il lavoro svolto da una squadra di ricercatori della Renmin University di Pechino, che l'anno scorso (aprile 2008) avevano aderito al progetto WageIndicator. L'obiettivo: non esistendo in Cina un salario minimo uniforme per tutte le province, l'intenzione era quella di tracciare una mappa dei salari minimi in 75 paesi diversi e creare un sistema che permettesse di confrontarli su scala internazionale. A quasi due anni di distanza, sembrerebbero arrivare gli attesi risultati: l'annunciato aumento dei salari nel Jiangsu potrebbe essere la punta dell'iceberg della riforma del welfare. Il passo successivo sarà forse ridurre la forbice reddituale tra i residenti urbani e rurali. Secondo gli ultimi dati statistici, nel 2009 il reddito pro capite nelle città è stato pari a 17mila yuan (circa 1700 euro), con un aumento dell'8,8% rispetto al 2008; nelle zone rurali si è invece assestato sui 5mila yuan (circa 520 euro). Uno scarto netto, eppure il trend di crescita riallinea le due sponde: anche il reddito pro capite rurale ha registrato un incremento percentuale dell'8%, un chiaro segnale della volontà di incardinare il riassetto degli equilibri sociali. All'incremento dei salari fa eco però una realtà speculare: i salari non pagati. Il Jiangsu è infatti protagonista di un'altra notizia, questa volta riportata dalla rivista Caijing: la provincia "recupera 210 milioni di yuan per i lavoratori migranti". Il mancato pagamento dei salari è uno dei problemi più gravi che affliggono i lavoratori migranti cinesi (ossia, i contadini) "Lo scorso 8 dicembre i funzionari locali hanno lanciato un'azione a livello provinciale per garantire il pagamento dei salari ai lavoratori migranti" si legge in un articolo di Ivan Franceschini (giornalista e sinologo, autore di "Cronache dalle fornaci cinesi");"ad oggi i controlli delle autorità avrebbero coinvolto 21.000 datori di lavoro e 947.000 lavoratori migranti, portando al pagamento di salari arretrati per 210 milioni di yuan (circa 22 milioni di euro)a 108.000 lavoratori. Ogni anno a dicembre i governi locali lanciano campagne su grande scala per garantire il pagamento dei salari in vista delle imminenti festività: non sono infatti rari i casi di migranti che, dopo aver lavorato per mesi, non hanno neppure i soldi per comprare un biglietto ferroviario per tornare a casa. Una situazione che va a detrimento della stabilità sociale". Il sindacato cinese dirama cifre allarmanti: in occasione del capodanno e della Festa di Primavera del 2007, sono stati forniti aiuti finanziari pari a 250 milioni di yuan (circa 26 milioni di euro) a favore di 657.000 lavoratori.