Di Eugenio Buzzetti
Pechino, 15 lug. - L'eco della strage di Nizza e le dispute territoriali nel Mare Cinese Meridionale hanno segnato l'apertura a Ulaanbaatar, in Mongolia, dell'undicesimo summit biennale dei Paesi membri dell'Asem (Asia-Europe meeting). La scorsa edizione del summit si era tenuta in Italia, a Milano, nell'ottobre 2014. Prima dell'apertura, i delegati dei 49 Paesi presenti al meeting hanno osservato un minuto di silenzio per commemorare le vittime della strage (84, con 50 feriti in condizioni critiche) e hanno emesso una condanna unanime dell'attentato.
Il primo ministro Shinzo Abe ha definito "imperdonabile" l'attentato e sottolineato l'importanza di continuare a combattere "contro la violenza estrema e l'odio". A condannare l'attacco di Nizza anche il primo ministro cinese, Li Keqiang, nella mattina di oggi, mentre il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha condannato il gesto ed espresso al suo omologo francese, Jean-Marc Ayrault, le condoglianze della Cina alle famiglie delle vittime. Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, ha sottolineato il "tragico paradosso" dell'attacco portato in occasione della festa nazionale francese che celebra libertà, uguaglianza e fraternità e ha accennato all'importanza di tutti i Paesi all'adesione al diritto internazionale. In molti hanno accolto in quest'ultima affermazione, un richiamo velato alla Cina, che ha dichiarato di non rispettare la sentenza della Corte Permanente di Arbitrato dell'Aia emessa martedì scorso, e che non riconosce diritti storici a Pechino nel Mare Cinese Meridionale. L'arbitrato era stato richiesto dalle Filippine nel 2013 per risolvere le dispute territoriali che dividono da anni Pechino e Manila nella regione.
Proprio le dispute territoriali sono state al centro delle discussioni nella giornata di oggi. Il momento di più alta tensione è stato tra il primo ministro cinese, Li Keqiang, e il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, che aveva sollevato per primo la questione del Mare Cinese Meridionale nel corso del summit. Li ha detto apertamente ad Abe di "smettere di fare propaganda e di interferire" nella questione del Mare Cinese Meridionale, dopo che il primo ministro giapponese aveva affermato che la sentenza di un tribunale internazionale deve essere rispettata. Il fronte dei Paesi membri dell'Asean, l'associazione dei Paesi del sud-est asiatico, non si è mostrato, però, compatto contro Pechino, nelle sue rivendicazioni. Prima dell'inizio del vertice, il premier cinese aveva incassato l'appoggio del Laos (che non ha sbocchi sul mare) nella disputa; oggi anche la Cambogia (che non ha rivendicazioni territoriali nel Mare Cinese Meridionale) ha tenuto un basso profilo: il primo ministro Hun Sen, ha dichiarato che il suo Paese manterrà una posizione "giusta e obiettiva". Entrambi i Paesi, tra i più poveri del sud-est asiatico, sono tradizionali alleati di Pechino e contano molto sugli aiuti economici e sugli investimenti cinesi. Più critico, invece, il Vietnam, che ha sottolineato, insieme al Giappone, l'importanza di osservare il giudizio del tribunale dell'Aia.
Un approccio più incline al dialogo, infine, è quello delle Filippine. Al summit mongolo, il segretario agli Esteri di Manila, Perfecto Yasai, ha riaffermato l'importanza dell'esito dell'arbitrato, sottolineando anche la volontà di risolvere la disputa in modo pacifico. La volontà di riaprire il dialogo nei prossimi giorni, con l'iniziativa del neo-presidente filippino, Rodrigo Duterte, di inviare a Pechino l'ex presidente Fidel Ramos, è stata accolta con favore dal Ministero degli Esteri cinese, che ha sottolineato, tramite il portavoce Lu Kang, la disponibilità a riaprire il dialogo bilaterale. "La porta non è mai stata chiusa", ha spiegato Lu da Pechino, lasciando intravvedere uno spiraglio nella ripresa delle trattative, dopo i toni forti utilizzati dalla Cina nei giorni scorsi contro la sentenza dell'Aia.
15 LUGLIO 2016
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