Chongqing, 18 nov.- Circa un mese fa, il mio coinquilino, uno studente italiano di giurisprudenza, entrò trionfante in casa annunciando la possibilità di partecipare al meeting Asean-Cina. Il forum si sarebbe tenuto presso la nostra università, la Southwest University of Political Science and Law di Chongqing, l'11 e il 12 novembre. Pensai che, per uno studente alla sua seconda esperienza in Cina, respirare l'atmosfera di un evento internazionale di tale portata fosse un'occasione irripetibile, anche perchè le mie conoscenze riguardo l'Asean e i suoi rapporti con la Cina si limitavano a qualche sporadica lettura: passai i giorni successivi cercando di colmare queste lacune.
"Vittime della disorganizzazione cinese", è stata questa la mia affermazione quando, a 12 ore dal forum e a seguito di un mese di trattative con l'ufficio delle relazioni internazionali, ci dissero di presentarci, alle 7 di mattina, di fronte all'ingresso principale dell'università. Apparentemente nulla di sconvolgente, fino a quando un messaggio dalla segreteria ci ricorda di indossare il "xizhuang", il completo in stile occidentale. Panico. Avevo circa due ore per trovare un vestito per l'occasione, che fosse non troppo costoso e allo stesso tempo non troppo cinese. Il quartiere commerciale delle "Lianglu" (lett. le due strade) era quello che faceva per me, vista la mancanza di tempo e di moneta liquida. I primi tentativi, nei negozietti cinesi lungo i sottopassaggi, sono stati fallimentari; mi dimenavo tra giacche da fattezze improponibili e colori assurdi e tra pantaloni che ricordavano vagamente Charlie Chaplin in Tempi Moderni. Preso dalla disperazione e giunto ormai in prossimità della chiusura dei negozi, mi sono accontentato di un austero – ma ben fatto – vestito nero, per la modica cifra di circa 70 euro (orlo dei pantaloni compreso).
La mattina del giorno 11 (novembre), primo dei due giorni di meeting, armato di penna, registratore ed iPad, mi avvio verso la sala conferenze dell'università che, ancora vuota, attende sia i partecipanti che gli uditori. Piano piano studenti, professori e ricercatori cominciano a prendere posto e a guardare con sorpresa la presenza di tre occidentali: i miei due amici ed io, che, nel frattempo, appuntiamo il titolo e il sottotitolo del forum: The 4th China-Asean Top Forum on Legal Cooperation and Development - Towards Mutual Benefits and Win-Win: Legal Cooperation after the Establishment of China-Asean Free Trade Area.
La cerimonia d'apertura è moderata dal sottosegretario del Comitato del Partito comunista cinese di Chongqing, Zhang Xuan, una simpatica signora dai capelli grigi cotonati. Al suo fianco siede il presidente della China Law Society, Han Zhubin, che introduce le tematiche trattate all'interno del meeting, incentrate sullo sviluppo di una solida base legale tra i paesi membri dell'Asean-Cina. La cerimonia si conclude con l'inaugurazione del Centro di ricerca, il primo in Cina, per l'analisi degli aspetti legali di tale accordo, siglato nel maggio 2002 in Cambogia. La pausa pranzo è l'occasione per rilassarsi ed attendere gli interventi pomeridiani delle delegazioni partecipanti.
Dopo aver conquistato un dignitosissimo posto in seconda fila mi concentro ad ascoltare le diverse dichiarazioni che, per quanto in lingue diverse, vertono sempre sulla stessa tematica: l'elogio al CAFTA (China-Asean Free Trade Agreement) ed ai benefici da esso ricavabili. L'unica voce fuori dal coro di consensi è quella dell'Alto Giudice della Suprema Corte di Indonesia che denuncia l'arretratezza dell'economia indonesiana e di conseguenza sottolinea l'impossibilità, da parte del Paese, di attendere agli obblighi previsti dall'accordo.
Con il passare del tempo la noia affligge anche gli stessi delegati che, tra un pisolino, una chiacchiera e l'invio di SMS in cui denunciano le condizioni igieniche dei bagni, ascoltano gli interventi dei colleghi. La giornalista al mio fianco continua a giocare con l'autoscatto del suo smartphone, forse per immortalare la sua presenza al forum.
In una pausa del meeting, spinto dai miei amici, e forse anche dalla disinvoltura tipica delle persone alla prima esperienza, mi avvicino al delegato dell'Indonesia per rivolgergli una domanda sul suo intervento. A causa del suo pessimo inglese, parlo con lui attraverso la moglie che mi accoglie con un "What do you want? Who are you?". Dopo una breve presentazione di me stesso pongo la fatidica domanda: "Lei è fiducioso negli strumenti del CAFTA per poter risolvere le dispute economiche tra Indonesia e Cina?". Lo sguardo della moglie del giudice è eloquente, non si aspettava una domanda simile tant'è che per rispondervi è costretta a richiedere l'ausilio tanto del marito quanto degli altri due membri della delegazione; dopo tanto tergiversare ottengo la mia risposta: "Si, siamo fiduciosi, anche se sarebbe meglio un confronto bilaterale al riguardo".
Insisto nel parlare con loro, cercando di ottenere altre informazioni, fino a quando una hostess, una ragazza cinese di mia conoscenza, non si avvicina al gruppo e comincia ad urlarmi contro: "Basta così! Basta così! dobbiamo andare all'albergo!". A mente fredda, non so se mi abbia disturbato più il metodo cinese del "non domandare" o il fatto che Merry, la ragazza cinese in questione, me lo abbia fatto notare in cinese per non farsi capire dai presenti.
Stanco ma allo stesso tempo emozionato, ritorno a casa riflettendo su questa esperienza particolare. Ho assistito ad un piccolo passo verso il futuro di una regione su cui sono puntati tutti i riflettori del mondo. Eppure, non so perchè, questa sera ho una gran voglia di bucatini all'amatriciana.
di Jacopo Ferranti
Jacopo Ferranti, sinologo classe 1987, laureato in Lingue e Civiltà Orientali presso l'Università di Roma "La Sapienza", attualmente studente di scambio presso la Southwest University of Political Science and Law di Chongqing.
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