Pechino, 14 luglio - Pechino lancia una nuova campagna anticorruzione: sotto esame, oltre ai funzionari di partito, ci sono anche i management delle compagnie di proprietà dello Stato. Secondo le nuove norme promulgate domenica scorsa i leader e i manager che con "condotte negligenti o in cattiva fede" causano proteste o incidenti di massa possono essere sospesi dal loro incarico. La legge prevede anche indagini più penetranti sui parenti dei manager di stato, spesso usati come prestanome per condurre affari poco puliti. Oltre alle normali conseguenze giudiziarie saranno licenziati istantaneamente anche i dirigenti che con le loro decisioni causano perdite in termini finanziari o d'immagine. Proprio l'immagine sembra essere una delle maggiori preoccupazioni per la leadership di Pechino in questo momento: già prima del rallentamento dell'economia la condotta dei funzionari locali innescava spesso problemi di ordine pubblico in tutta la Cina; ma adesso, con l'approssimarsi del 60simo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese- il primo ottobre prossimo- la dirigenza centrale vuole cautelarsi contro qualsiasi minaccia che potrebbe rovinare le celebrazioni. L'ultimo, clamoroso caso di corruzione ha avuto per protagonista l'ex sindaco di Shenzhen Xu Zongheng, uno degli artefici del boom economico della megalopoli, che avrebbe ricevuto bustarelle in cambio dell'aiuto ad alcune imprese negli appalti per le Universiadi del 2011. "La corruzione sistemica della Cina è come un albero marcio che si regge ancora, ma non porta più frutti" ha scritto Pei Minxin, direttore del Keck Center for International and Strategic Studies al Claremont McKenna College, studioso di scienze politiche da sempre molto critico verso la leadership cinese. "Se non sarà il successo economico a porre fine al regime monopartitico, potrebbe essere la corruzione a farlo". Un'eventualità che il governo centrale di Pechino vuole scongiurare a tutti i costi.