Pechino, 09 nov. - Il prodotto dell'industria ambientale e delle tecnologie per il risparmio energetico potrebbe raggiungere in Cina i 2800 miliardi di yuan (circa 280 miliardi di euro) entro il 2012: lo ha dichiarato Xie Zhenhua, vicepresidente della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, il più importante organo cinese di pianificazione economica. "Questi settori sono divenuti un nuovo trampolino per la crescita economica e in Cina godono di ottime prospettive" ha detto Xie durante il quarto "China-Japan Energy Saving and Environment Protection Forum", iniziato nella capitale cinese domenica scorsa. Xie ha anche sottolineato che il governo cinese intende continuare a sostenere gli investimenti nel settore, e che è in corso una riforma per aggiornare il meccanismo di definizione dei prezzi di risorse come greggio e gas naturale. Una parte consistente del pacchetto di stimoli all'economia da 4mila miliardi varato giusto un anno fa dal governo cinese è stata effettivamente destinata a progetti basati su tecnologie "pulite". L'Italia, che ha lanciato nel 1999 un programma di collaborazione ambientale con la Cina, ha avviato nel corso di 10 anni circa 90 progetti nel settore. Ma se, sul fronte interno, la sensibilità ai temi dell'ambiente della leadership di Pechino è senz'altro aumentata negli ultimi anni, su quello esterno resta serrata la negoziazione in vista del summit sul riscaldamento globale che si terrà a Copenaghen nel dicembre prossimo. Mentre infatti numerosi paesi industrializzati (tra cui Giappone, Canada e Australia) hanno già manifestato l'intento di chiudere con gli accordi di Kyoto per entrare in una fase nuova, caratterizzata da impegni ancora più stringenti, i paesi in via di sviluppo guidati da Cina e India (riuniti in un blocco detto "G77") preferiscono una versione rafforzata del Protocollo di Kyoto, con la quale le nazioni più industrializzate manterrebbero i loro impegni contro il riscaldamento globale e quelle emergenti non sarebbero tenute a obblighi inderogabili.