di Alessandra Spalletta
Roma, 12 mag. - La cooperazione internazionale sulla nuova via della Seta, Belt and Road Initiative (BRI), lanciata nel 2013 da Xi Jinping, sarà il tema del summit di Pechino del 14 e 15 maggio, che vedrà la partecipazione di ventotto tra capi di Stato e di governo, tra cui anche il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Qual è il significato della partecipazione di Gentiloni al Forum per lo sviluppo dei rapporti tra Italia e Cina?
La partecipazione del presidente Gentiloni al Forum di Pechino ha un grandissimo significato per lo sviluppo delle relazioni sino-italiane.
Andrà in primo luogo a rafforzare la fiducia reciproca. L'anno scorso il presidente Xi Jinping, durante lo scalo tecnico in Sardegna, ha incontrato l'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi per un summit informale. A febbraio di quest'anno, il presidente Sergio Mattarella ha compiuto una importante visita di Stato in Cina. Xi e Mattarella hanno ampliato il partenariato strategico. Nel corso della prossima visita istituzionale, il premier Gentiloni incontrerà il leader cinese in un bilaterale, rafforzando ulteriormente la fiducia tra i due Paesi.
In secondo luogo, la presenza di Gentiloni al Forum è importante per costruire il futuro delle relazioni. Cina e Italia hanno formulato due piani triennali di cooperazione economica. In previsione del cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, che decade nel 2020, i due governi formuleranno un nuovo piano di azione, intessendo così una roadmap delle relazioni bilaterali.
In terzo luogo, la partecipazione sarà importante anche per promuovere una cooperazione pragmatica e onnicomprensiva. I leader dei due Paesi dovranno lavorare in sintonia per rafforzare la cooperazione politica, economica, culturale, e nella sfera dell'innovazione. Sono convinto che durante questa visita il premier Gentiloni inietterà nuove energie nello sviluppo delle relazioni tra i nostri due Paesi.
Il progetto non convince tutti, e sul piano di sviluppo infrastrutturale tra Asia ed Europa si erano addensati diversi dubbi nel corso degli anni. "Molti sono preoccupati dalla 'Belt and Road'. Alcuni, inizialmente l'avevano identificata come un nuovo piano Marshall. Perché la Cina ha lanciato il programma Belt and Road? Si tratta di un modello di globalismo sinocentrico o di un tentativo di esportare il modello cinese?
La Via della Seta affonda le radici nell'antichità: per migliaia di anni è stata soprattutto la via dell'amicizia che ha legato Oriente e Occidente, promuovendo uguaglianza, apertura, tolleranza, mutuo beneficio, non solo a vantaggio del popolo cinese ma anche dei popoli confinanti, creando prosperità, progresso e mettendo in comunicazione i Paesi eurasiatici. L'iniziativa "Belt and Road", nata nell'epoca della globalizzazione, raccoglie l'eredità dall'antica Via della Seta. "Una cintura, una via" è una "sinfonia" in cui ogni Paese partecipa e da cui ogni Paese trae beneficio. Il progetto, promosso dalla Cina, segue il principio di "partecipazione egualitaria e volontaria". L'invito che la Cina rivolge a tutti i Paesi attraversati dalla Via della Seta è di trarre un beneficio in base ai propri interessi: per salire a bordo del treno cinese per lo sviluppo, Pechino non pone particolari condizioni. La Cina lavora affinché ogni Paese raggiunga il proprio obiettivo di crescita, senza la pretesa di esportare il suo modello o imporlo in modo unidirezionale. Quindi "Belt and Road" è un percorso di cui "possiamo discutere insieme", da "costruire insieme" e da cui "beneficiare insieme". E', in altre parole, il prodotto di una cooperazione senza limiti, non è uno strumento geopolitico. Nessuna dietrologia: dobbiamo abbandonare la mentalità da guerra fredda.
Gli investimenti cinesi nei Paesi che si stendono lungo l'antica Via della Seta, nel primo trimestre 2017 hanno raggiunto quota 2,95 miliardi di dollari, per un totale di 43 Paesi raggiunti dagli investimenti cinesi. Dal 2013 a oggi, sono stati investiti dalla Cina oltre cinquanta miliardi di dollari nei Paesi toccati dall'iniziativa di sviluppo infrastrutturale cinese e sono state create 56 aree di cooperazione economica e commerciale che hanno generato 1,1 miliardi di dollari di ricavi fiscali. Quale può essere il ruolo dell'Italia nella Via della Seta? Le nostre aziende come possono concretamente prendere parte al progetto?
La Cina invita l'Italia a partecipare attivamente all'iniziativa. A mio avviso, sono tre i punti di forza.
Primo, i nostri sistemi economici sono complementari e questo rappresenta indubbiamente vantaggio. L'Italia è tradizionalmente una grande potenza industriale, con un tessuto composto da piccole e medie imprese (PMI) competitive a livello internazionale. La Cina ha intensificato le riforme, aperto nuovi mercati, puntato sulla qualità della produzione. Le prospettive di cooperazione tra i due Paesi riguardano soprattutto i settori del manifatturiero, della protezione ambientale e del risparmio energetico, dell'agroalimentare, della protezione dei beni culturali, dello sviluppo delle PMI e dell'urbanizzazione sostenibile.
Secondo, Cina e Italia sono entrambi in una fase cruciale del proprio sviluppo. La strategia cinese "Made in China 2025" e "Internet Plus", da un lato, e l'operazione italiana "Industria 4.0" e il piano di innovazione scientifico e tecnologico, dall'altro, creeranno un collegamento maggiore tra i due Paesi, garantendo alle nostre imprese la possibilità di sviluppare diversi ambiti di crescita e di cooperazione.
Terzo, affacciarsi al mondo. Noi siamo a favore di un forte collegamento tra le aziende dei due Paesi. Insieme possiamo affrontare i mercati internazionali.
L'Italia è in grado di attrarre investimenti cinesi nei propri porti per valorizzare il ruolo dell'Italia nel Mediterranneo, che con il raddoppio del canale di Suez ha riguadagnato centralità? Gli investimenti cinesi nel Pireo rappresentato una sfida per il nostro Paese, il progetto dei "cinque porti" del Nord Adriatico potrebbe rappresentare un'alternativa?
Il collegamento tra infrastrutture è il punto chiave della cooperazione internazionale. Il presidente Mattarella, durante la recente visita di Stato in Cina, ha portato avanti le trattative sulla cooperazione sino-italiana sui porti. Le autorità competenti dei due Paesi hanno realizzato uno studio preliminare che riguarda il programma di riqualificazione dei porti del Nord Adriatico, mostrando la volontà reciproca di rafforzare la collaborazione. I porti italiani del Nord Adriatico hanno grandi capacità infrastrutturali e di logistica. Possiedono uno straordinario potenziale di collegamento con il resto d'Europa e un vantaggio competitivo nella costruzione dei porti, nella loro amministrazione e nella formulazione degli standard. Per quanto ne sappia, il porto di Venezia ha creato un "sistema di porto off-shore" (VOMOPS) che rafforza la capacità di entrata ed uscita dall'area portuale, con la ricerca di un partner cinese. Il porto di La Spezia, insieme al gruppo COSCO (China Ocean Shipping Company), sta sviluppando nuove collaborazioni per il trasporto via mare di navi container dall'Asia al Mediterraneo.
Un'Italia ancora assente dalle mappe della Nuova Via della Seta cinese, nonostante abbia buone carte in mano, e che dovrà fare molta fatica e dimostrare di avere le idee chiare per recuperare il terreno perduto. E' un quadro a tinte fosche quello che ha tracciato di recente l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, sul ruolo dell'Italia nell'iniziativa cinese di sviluppo infrastrutturale tra Asia ed Europa. Il bilancio sul ruolo dell'Italia nella strategia di sviluppo cinese è davvero così negativo?
L'Italia è il terminale dell'antica Via della Seta. E occupa una posizione unica e vantaggiosa nel progetto "Belt and Road".
Si tratta in primo luogo di un vantaggio politico per l'Italia che ambisce a partecipare all'iniziativa, rispetto al quale il presidente Xi Jinping e gli altri leader cinesi hanno espresso un chiaro apprezzamento.
Secondo, il vantaggio è reciproco alla luce della complementarità tra i due sistemi economici.
Terzo, esiste un vantaggio geografico. L'Italia si affaccia sull'Europa Meridionale, sull'Europa Occidentale e il Medio Oriente, e sul Mediterraneo. Siete il punto di confluenza della "Via della Seta economica" e della "Via della Seta marittima del Ventunesimo secolo": la cooperazione sino-italiana può irradiarsi fino al resto d'Europa.
Quarto, il vantaggio riguarda i popoli. L'amicizia tra Italia e Cina si perde nella notte dei tempi, i popoli dei due Paesi si stimano e rispettano reciprocamente, si relazionano senza pregiudizi, collaborano senza barriere. Lo sviluppo di questa concreta collaborazione tra i due Paesi, basata su un reciproco sentimento popolare, è fondato su solide basi. Noi speriamo di procedere a fianco dell'Italia e di portare alla luce questi vantaggi. E nell'ambito di "Belt and Road" aprire ininterrottamente nuovi spazi di collaborazione, raccogliendo sempre nuovi frutti.
12 MAGGIO 2017
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