Roma, 25 mag.- E' situata nell'ovest della Cina la terra promessa degli imprenditori. I mezzi per conquistarla: capitale da investire e coraggio. Il coraggio di rischiare e di cogliere le opportunità offerte dalla campagna Go-West, ideata dal governo di Pechino allo scopo di appianare lo squilibrio esistente tra le aree orientali industrializzate e quelle interne e occidentali più arretrate. E' qui che vive, infatti, la maggior parte dei poveri del Paese, nonostante la regione, che copre il 76% della superficie totale, sia abitata solo dal 29% dell'intera popolazione cinese. Ma alla povertà degli abitanti e alla mancanza di infrastrutture e servizi si contrappone una terra ricca di materie prime e dall'enorme potenziale. Nel sottosuolo di queste regioni è presente il 36% dei giacimenti nazionali di carbone, il 12% delle riserve di petrolio e il 53% di quelle di gas naturali; per non parlare di altre risorse minerarie, localizzate per lo più in quest'area. A ciò si aggiunge poi una riserva d'acqua pari al 52,5% del totale nazionale. Ma nonostante l'area possa essere considerata una miniera a cielo aperto, alcuni fattori quali la lontananza dal mare, una posizione geograficamente scomoda e un ambiente inospitale hanno influito negativamente sul suo sviluppo tanto che, mentre sulle coste orientali negli ultimi venti anni si è assistito a una vera e propria trasformazione economica e sociale – complici soprattutto le riforme economiche varate da Deng che le hanno viste protagoniste –, l'ovest della Cina è rimasto sempre piuttosto isolato arrancando nella corsa all'arricchimento dell'est. L'enfasi posta dal governo sullo sviluppo delle regioni costiere ha incanalato verso quest'ultime gran parte degli investimenti statali e ha attirato investimenti diretti stranieri. Tra il 1976 e il 1996 la loro quota negli investimenti statali è passata dal 42,2% al 53,6%, mentre la quota delle regioni centrali e occidentali è scesa dal 50% al 38,8%. Sebbene nel biennio '94-'96 il governo abbia gettato le basi di un progetto di sviluppo per le zone più arretrate, gli investimenti statali destinati alla realizzazione di una prima fase di ricostruzione sono rimasti perlopiù immutati, all'incirca il 39% del totale. A ciò si è aggiunto il fatto che, mentre le coste hanno goduto di una politica di apertura verso i mercati stranieri, le zone interne sono rimaste chiuse, tanto che tra il 1980 e il 1993 la media della produzione industriali proveniente dalle 'sponde orientali' si aggirava attorno al 32,8% mentre quella relativa alle zone centrali e occidentali si aggirava rispettivamente intorno al 6,5% e all'8,4%.
Sono passati dieci anni da quando il Dragone si è accorto dell'enorme potenzialità di queste zone e ha fatto dello "sviluppo economico delle aree occidentali della Cina" un programma di lavoro promosso e condotto dal "Gruppo per lo sviluppo economico del Paese", creato dal Consiglio di Stato, con a capo Zhu Rongyi e Wen Jiabao. A marzo del 2000, in occasione della sessione annuale dell'Assemblea nazionale popolare, Zhu Rongyi ha presentato per la prima volta la politica del Go-West. Il progetto, che comprende 6 provincie (Gansu, Guizhou, Qinghai, Shaanxi, Sichuan e Yunnan), 5 regioni autonome (Guanxi , Inner Mongolia, Ningxia, Tibet e Xinjiang) e la municipalità di Chongqing, si basa principalmente su cinque punti focali:
Sviluppo delle infrastrutture: l'obiettivo del governo è quello di creare, o in alcuni casi potenziare, la rete dei collegamenti autostradali. Alla vigilia della campagna, la densità delle autostrade presenti nella fascia orientale del Paese si aggirava attorno ai 35,4 km per 100 km2 contro i 7,1 km per 100 km2 delle zone occidentali. Alla costruzione delle strade il governo ha poi affiancato progetti per la realizzazione di reti ferroviarie, aeroporti, gasdotti e centrali elettriche per l'espansione delle facilities legate alle telecomunicazioni, alla radio e alla televisione e per il supporto delle infrastrutture nelle città di seconda e terza fascia.
Salvaguardia dell'ambiente: numerosi sono i progetti per la protezione e il rimboschimento delle foreste lungo il corso superiore del fiume Azzurro e lungo il medio corso del fiume Giallo e per la costruzione di sistemi di irrigazione efficienti che siano in linea con le misure di conservazione delle acque.
Industrie locali: il governo incoraggia le diverse regioni a investire su vari tipi di industria a seconda delle condizioni offerte dal territorio, quali il clima, il suolo, le risorse, la manodopera. Dove possibile, le regioni dovrebbero puntare sulle industrie altamente specializzate e dotate delle più moderne tecnologie.
Scienza, tecnologia ed educazione: il governo di Pechino ha deciso di potenziare e migliorare la qualità di questi tre settori necessari per uno sviluppo decisivo e a lungo termine delle regioni occidentali.
Investimenti: secondo quello che sembra quasi un gioco di interscambio promosso dai leader cinesi, le regioni occidentali dovranno offrire materie prime a quello orientali, mentre quest'ultime dovranno contribuire alla ricostruzione economica delle prime attraverso il parziale spostamento di tecnologie, know-how e metodi di produzione e gestione innovativi. L'ovest, inoltre, attraverso il miglioramento delle strutture industriali e la riforma delle aziende di stato (SOE) potrà diventare competitivo e in grado di attirare investimenti esteri, tecnologie e competenze manageriali.
Il Consiglio di Stato ha stabilito che le industrie straniere che vogliono investire in queste regioni e i cui progetti rientrano in quelli elencati dal governo, potranno godere di particolari privilegi come, ad esempio, una ulteriore riduzione del 15% sulle imposte sui redditi dopo l'estinguimento delle politiche fiscali agevolate la cui durata è stabilita in tre anni. La stessa agevolazione è riservata anche alle società export-oriented con un fatturato annuo superiore al 7% che potranno beneficiare di una riduzione del 10%.
La National development and reform commission (NDRC) sostiene che negli ultimi dieci anni il governo centrale ha investito nel progetto più di 3500 miliardi di yuan (all'incirca 420 miliardi di euro) mentre lo scorso anno Pechino ha stanziato altri 469 miliardi di yuan (oltre 47 miliardi di euro).
Questi infine sono i traguardi raggiunti: dall'introduzione della politica ad oggi, sono state costruite oltre 900 mila kilometri di strade e importanti opere tra le quali la ferrovia del Qinhai-Tibet, infrastrutture idriche, energetiche e per il trasporto del gas e dell'elettricità. Nel 2008 la Commissione ha presentato 10 grandi progetti di vie di comunicazione tra i quali le linee ferroviarie che collegano Guiyang a Canton, Lanzhou a Chongqing, Kashgar a Hotan nello Xinjiang; il potenziamento delle arterie autostradali nelle provincie del Sichuan e del Guizhou e l'ampliamento degli aeroporti di Xian, Chongqing e Chengdu. Attualmente sono 9,54 milioni le persone che vivono nelle campagne che non rientrano più nella fascia di povertà. Dal 2000 al 2008, il Pil dell'Ovest è passato da 1660 miliardi di RMB a 5820 miliardi, con una crescita annuale dell'11,7%, superiore alla media nazionale. Nonostante la crisi finanziaria abbia causato un evidente rallentamento della crescita economica globale e un rallentamento dei ritmi di crescita cinesi, tuttavia l'economia delle regioni ad ovest ne è uscita intatta. Nel primo semestre del 2009, la crescita del Pil ha raggiunto l'11,8%, mentre gli investimenti immobiliari nelle città e cittadine sono aumentati del 42,1%; le entrate fiscali sono cresciute del 12,8% e il valore delle vendite al dettaglio hanno subito un incremento del 19%. Valori decisamente superiori alla media dell'intero paese. Ciò è una conferma del fatto che, nonostante le condizioni non siano state del tutto favorevoli, il governo cinese ha perseverato nella promozione dello sviluppo della Cina occidentale. Più del 43% degli investimenti statali, infatti, sono stati destinati alla costruzione di opere per il miglioramento delle condizioni di vita nelle regioni interne e occidentali. Nel 2008, i capitali esteri effettivamente utilizzati dall'Ovest hanno raggiunto quota 5,4 miliardi di euro, mentre il valore dell'interscambio ha toccato gli 86 miliardi di euro. L'apertura verso l'estero sembra più che mai necessaria per accelerare il processo di sviluppo di queste regioni.
Ma se bisogna cogliere al volo quest'occasione e partire verso l'ovest della Cina, quali sono le prospettive per le imprese italiane? E quali sono i 'bagagli' da portarsi dietro in questa avventura? Agichina24 lo ha chiesto all'ing. Paolo Borzatta, Senior Partner di European House Ambrosetti: "Le opportunità sono immense, basta saperle cogliere. C'è spazio nel settore delle infrastrutture, degli ospedali, nel campo dei prodotti di consumo tipici del Made in Italy, nel retail e nell'automotive, quindi credo sia il caso di iniziare a ragionare su cosa possiamo fare noi italiani all'interno del Paese. Puntare sull'export va bene, ma le opportunità più grosse saranno riservate a coloro che contribuiranno alla crescita delle zone occidentali investendo in quelle regioni". E in particolare l'Italia sembra essere la 'candidata' favorita nel campo della meccanica, delle infrastrutture e delle energie rinnovabili, ambiti che sembrano promettere il più alto margine di guadagno. "Gli investimenti sul solare promossi dal governo sono stratosferici – prosegue Borzatta –, e l'edificio a impatto zero inaugurato da Ciampi alla Qinhua University ha già lasciato il segno". Agli imprenditori italiani quindi non resta che partire verso le città occidentali di seconda e terza fascia armati di intraprendenza, di know-how e di pazienza perché, nonostante tutto, gli ostacoli ci saranno, e "dovranno affrontare le stesse difficoltà incontrate lungo la costa dai loro predecessori" spiega l'ing. Borzatta. "Il sistema ora è ben oliato, ma dieci, quindici anni fa mancavano i servizi e le autorità stesse forse erano un po' impreparate. Lo scenario che si apre oggi nelle regioni interne è più o meno lo stesso, ma con difficoltà logistiche più ampie, legate soprattutto alle spedizioni, e qualche incomprensione da parte delle autorità locali".
di Sonia Montrella
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