AD HAIMEN SCATTA LA LEGGE MARZIALE

Pechino, 22 dic.- Mentre a Wukan dimostranti e funzionari del governo sembrano aver trovato un accordo, nella vicina Haimen è scattata la legge marziale. Questa mattina, tre persone sono finite in manette con l'accusa di "manifestazioni non autorizzate" nella cittadina del Guangdong dove, negli ultimi tre giorni, i residenti sono scesi in strada per protestare contro l'ampliamento di una grande centrale a carbone che sta causando un enorme incremento di tumori e malattie respiratorie . Ed è giallo sul numero delle vittime: fonti ufficiali parlano di un morto – un ragazzo di quindici anni – e 100 feriti, alcuni testimoni hanno riferito all'AFP che in uno degli scontri con la polizia ha perso la vita anche una donna, mentre per l'hongkonghese Oriental TV i feriti sarebbero più di 200. Colpite anche le forze dell'ordine: ieri i media di Hong Kong hanno diffuso immagini che mostrano alcuni funzionari della polizia colpiti alla testa da un sasso.
"Le strade sono assediate da funzionari di polizia in borghese che hanno iniziato ad arrestare i manifestanti su ordine del governo" racconta il signor Zheng, residente a Haimen. "Noi non osiamo uscire di casa, ma ho sentito che alcune persone sono tornate in strada" ha proseguito Zheng. Né i gas lacrimogeni, né i manganelli usati martedì e mercoledì dalla polizia in assetto anti-sommossa hanno scoraggiato i residenti di Haimen, sebbene – riferiscono le fonti - il seguito si sia assottigliato.
Su Weibo – il Twitter cinese – alcuni cittadini di Haimen invitano i dimostranti a non tornare in strada: "La legge marziale è in vigore in tutta l'area di Deshengmen e sono già scattati gli arresti. Evitate di venire qui, è davvero pericoloso" si legge in un post. Ed è sul canale Weibo che sono puntati gli occhi dei leader cinesi che hanno deciso di estendere la legge sui microblogging approvata venerdì e in vigore ella municipalità di Pechino anche alla provincia del Guangdong, teatro di numerosi focolai di protesta. Lo scopo è quello di esercitare un maggiore controllo sullo scambio di informazioni; secondo la nuova legge infatti tutti gli utenti vecchi e nuovi del Twitter cinese potranno utilizzar nickname, ma solo dopo essersi registrati con il proprio nome (questo articolo).
Intanto a un centinaio di chilometri di distanza, dopo mesi di proteste contro gli espropri illegittimi, i residenti hanno raggiunto un raro compromesso con le autorità. Proprio quando la tensione stava per raggiungere il culmine, – con la polizia che aveva bloccato i camion che rifornivano il villaggio di generi alimentari - i funzionari del governo provinciale hanno accettato di incontrare i leader delle proteste, e hanno promesso loro ampie concessioni. Una mossa che non ha risparmiato loro le critiche dei media di stato. In un editoriale del People's Daily, megafono del PCC, si legge che le autorità locali hanno gestito male la situazione permettendo che le richieste ragionevoli degli abitanti sfociassero in azioni eccessive. Il quotidiano in lingua inglese Global Times invita i governi locali di tutto il Paese a gestire responsabilmente le sommosse popolari con occhio attento alle richieste delle persone. "Mettere al primo posto l'interesse pubblico dovrebbe essere lo scopo principale dei funzionari".
"Dobbiamo rafforzare l'impegno a mediare i conflitti e sedare le dispute alla radice, secondo quanto previsto dalla legge" ha dichiarato Zhou Yongkang, l'uomo dei servizi di sicurezza che siede al Comitato Centrale del Politburo, lasciando in un certo modo trasparire i timori di Pechino sul malcontento che cova sotto le ceneri della società cinese, soprattutto nel Guangdong, la provincia più ricca e il centro manifatturiero del Paese.
Che il caso Wukan, il cui esito sta già attizzando altri focolai di protesta, sia il primo di una serie di vittorie delle classi più basse della società cinese e di una presa di coscienza dal basso? "Questa è la prima conquista dei contadini. E' già successo in passato per i ceti medi, ma è la prima volta che le autorità negoziano direttamente con i rappresentanti dei contadini. Potrebbe essere un primo passo verso nascita di una società civile" ha dichiarato ad AgiChina24 Jean Philippe Beja, Direttore di ricerca e Senior Researcher al Centre National de la Recherche Scientifique - Centre d'Études et de Recherches Internationales (CNRS – CERI) di Parigi.
"Ovviamente la protesta di Haimen è un po' diversa perché scaturita da un motivo diverso, quello dell'inquinamento. In questo è più simile ai disordini di Dalian di qualche mese fa che a quelli di Wukan. E anche a Dalian i manifestanti avevano ottenuto una vittoria. Ovviamente se il governo farà una concessione anche in questo caso, le proteste divamperanno anche in altri luoghi". Un minaccia per la stabilità sociale cara a Pechino. "A questo punto – continua Beja - il Partito deve far di tutto per impedire che la situazione precipiti e può farlo in due modi: il primo è il weiwen, scelto in occasioni delle Olimpiadi, che consiste nel mettere tutti i mezzi possibili al servizio della polizia per il mantenimento della stabilità. Una via repressiva, in altre parole. L'altro è quello del dialogo proposto da alcuni membri del partito, quali ad esempio Wang Yang candidato al Comitato Permanente del Politburo. Dubito però che questa possa diventare la strategia di Pechino". Il timore del Dragone è quello che in Cina il malcontento popolare possa sfociare in una sorta di primavera araba, sulla cui onda si erano fatte strada delle timide imitazioni a febbraio (questo articolo). "La primavera araba ha dimostrato che la repressione non è sempre una soluzione realista, però d'altronde negoziare con i contestatori porta anche alla caduta del governo. I dirigenti si trovano di fronte a un dilemma di non facile soluzione" ha commentato Beja.
di Sonia Montrella
con la contributo di Alessandra Spalletta
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