A NOVEMBRE RALLENTA ANCHE IL TERZIARIO

Pechino, 5 nov.- In Cina non entra in affanno solo il manifatturiero: i dati relativi al mese di novembre pubblicati tra sabato e lunedì da CFLP e HSBC mostrano anche un rallentamento del settore dei servizi.

 

Secondo le statistiche di China Federation of Logistics and Purchasing, dati ufficiali approvati dal governo di Pechino, il mese scorso l'indicatore è sceso a quota 49.7 punti contro i 57.7 di ottobre, piazzandosi così al di sotto della fatidica soglia di 50 che segnala un'espansione del comparto produttivo, e segnando la prima flessione dal febbraio scorso.

 

Per una volta l'indice "ufficioso" elaborato da HSBC è più ottimistico di quello ufficiale, ma per il mese di novembre segna comunque un declino a quota 52.5 rispetto al 54.1 di ottobre, ai livelli minimi degli ultimi tre mesi, segno che che anche se non è ancora entrata in territorio negativo l'industria non manifatturiera del Dragone ha comunque il fiato corto.

 

Le statistiche del settore dei servizi sembrano confermare i timori delle ultime settimane, secondo i quali la crisi del debito pubblico europeo e la situazione statunitense starebbero contagiando anche l'economia cinese: secondo il governo di Pechino a novembre il Purchasing Managers' Index relativo al manifatturiero - un indice basato su diversi fattori che evidenzia una crescita quando si attesta oltre i 50 punti e segnala invece un mercato in contrazione al di sotto di tale soglia- è sceso a quota 49.0 contro il 50.4 registrato a ottobre, registrando il primo rallentamento negli ultimi tre anni. Lo stesso indicatore, elaborato però da HSBC su un campione più ristretto di società, segnalava la prima frenata in 32 mesi.

 

I dati hanno spinto il governo a una mossa a sorpresa: da lunedì, infatti, entra in vigore il taglio di 0.50 punti percentuali del coefficiente di riserva obbligatoria deciso dalla Banca centrale di Pechino il 30 novembre scorso, una manovra espansiva che riduce la quota che le banche devono necessariamente depositare presso People's Bank of China e aumenta così la liquidità in circolazione. Una mossa di segno completamente opposto rispetto a quelle adottate finora, ben sei aumenti del coefficiente dall'inizio del 2011 ad oggi, decisa per combattere l'inflazione.

 

Nel terzo trimestre 2011, inoltre, la Cina è cresciuta del 9.1% contro il +9.5% registrato nei tre mesi precedenti.

 

"Le prospettive dell'export cinese nell'immediato futuro non sono ottimistiche" ha detto due settimane orsono il  portavoce del ministero del Commercio Shen Danyang nel corso di una conferenza stampa di presentazione dei dati relativi ai primi dieci mesi del 2011. Le previsioni del ministero mostrano che alla fine del 2011 il surplus commerciale cinese dovrebbe declinare fino a quota 150 miliardi di dollari. "Nel corso dell'anno abbiamo assistito a un continuo declino del surplus- ha detto ancora Shen- e se il trend discendente dovesse continuare, alla fine dell'anno registreremo una diminuzione pari a circa 30 miliardi di dollari".

 

E che la situazione non sia rosea lo confermano anche le parole di Zhou Yongkang, che in un discorso riportato venerdì dall'agenzia di stampa di Stato Xinhua ha esortato i funzionari di livello provinciale a una maggiore preparazione sull'impatto negativo di un rallentamento della crescita.

 

"Davanti a un impatto negativo dell'economia di mercato, non abbiamo creato un sistema completo di gestione sociale del problema- ha detto il capo della pubblica sicurezza cinese che, come membro del Politburo, è tra i nove uomini che guidano il gigante asiatico- ed è urgente creare un tale sistema per tutelare la nostra economia socialista di mercato".

 

Un discorso che molti hanno letto in connessione con gli ultimi scioperi che si sono registrati in Cina: la scorsa settimana un migliaio di lavoratori di una fabbrica di componentistica elettronica di Shanghai hanno incrociato le braccia per protestare contro il basso salario e le condizioni lavorative, dando luogo ad alcuni scontri con la polizia.

 

A novembre era stato il turno di ben 7mila lavoratori della provincia del Guangdong, la prima provincia manifatturiera del Dragone, entrati in sciopero per almeno due giorni.

 

di Antonio Talia

 

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