Pechino, 23 gen.- Lavoratori come animali ingovernabili. Il paragone, già infelice di per sé, acquista toni drammatici se a pronunciarlo più che una persona qualunque, è niente di meno che Terry Gou, l'uomo alla guida della Foxconn: l'azienda taiwanese produttrice di componenti elettrici per colossi quali Apple, Hp, Nokia, Nintendo, Dell nota ormai in tutto il mondo per la raffica di suicidi di operai che l'ha vista protagonista nel 2010. "Ho lo stesso mal di testa che si ha nel gestire un milione di animali" ha dichiarato il Ceo di Foxconn, intervenuto all'inizio del mese durante la festa aziendale di fine anno che si è tenuta allo zoo di Taipei. La notizia diffusa dai media taiwanesi ha subito indignato l'opinione pubblica che, soprattutto sul web, non ha risparmiato critiche al boss del colosso di componentistica che lunedì, a giorni di distanza dall'incidente, ha chiesto scusa a "chiunque si senta offeso". Tuttavia la responsabilità - sembra suggerire il comunicato – è dei giornalisti e non del Ceo: "Gou è consapevole che quello riportato dai giornali e dai media è un commento offensivo e falso e porge le sue scuse a chiunque si fosse sentito insultato. Ad ogni modo, Gou non ha offeso i lavoratori come hanno riferito i giornali". Le dichiarazioni, si legge ancora nel comunicato, sono state prese al di fuori dal contesto – che a questo punto, secondo la Foxconn, ne giustificherebbe la similitudine - e strumentalizzate.
Ma le giustificazioni del colosso taiwanese non possono che far alzare il sopracciglio a chi ha seguito, almeno un po', le vicende della Foxconn e del suo Ceo non nuovo a commenti poco rispettosi o a iniziative altrettanto spiacevoli. Proprio nel 2010 Gou si ritrovò al centro di un'altra bufera: dopo gli episodi di suicidio da parte dei lavoratori oppressi dalle disumane condizioni di lavoro, l'uomo si recò nello stabilimento di Shenzhen per tentare di risollevare l'immagine della compagnia. La missione si risolse in un sonoro fallimento: alcuni dipendenti, infatti, presentarono alla stampa una lettera preparata dal management, con la quale gli operai avrebbero dovuto sottoscrivere l'impegno a non suicidarsi, a sottoporsi a trattamento medico obbligatorio in caso di "comportamenti inusuali" e a limitare le richieste di risarcimento delle famiglie. Gou organizzò un'altra conferenza stampa per scusarsi e ritirare il documento.
Dopo i fatti di cronaca di due anni fa, Foxconn aveva annunciato un miglioramento dei contratti e addirittura l'assunzione di psicologi per fornire assistenza ai lavoratori, ma l'ultima protesta risalente ad appena una decina di giorni fa sembra dimostrare che – se le misure sono state davvero adottate - non sono sufficienti. Orari massacranti e paghe molto più basse dei 450 dollari al mese previsti dal nuovo contratto hanno spinto un centinaio di operai a incrociare ancora una volta le braccia spinti dalla disperazione e incoraggiati da quella che sembra quasi una neonata coscienza di classe. E per far sentire la propria voce i lavoratori della Foxconn sono saliti sul tetto della fabbrica di Wuhan minacciando il suicidio. Dopo 24 ore, l'azienda ha fatto sapere che l'allarme era rientrato e che era stato raggiunto un accordo con gli operai senza però illustrarne i termini alla stampa.
Maggiore responsabilità sociale su tutta la sua catena di produzione, condizioni di lavoro più sicure e rispetto della dignità dei lavoratori e per l'ambiente: questo il nuovo mantra della Apple che per dimostrare che fa sul serio si è dapprima iscritta alla Fair Labor Association, ONG che lotta per i diritti dei lavoratori, e poi ha pubblicato la lista dei suoi fornitori. Due pagine e 156 nomi, snocciolati in ordine alfabetico, tra cui figura anche la Foxconn per la quale la Mela morsicata - presente in molti stabilimenti, ma non in quello di Wuhan - è stata a lungo criticata. "La Foxconn – si legge in un lungo rapporto del New York Times - conta 230mila impiegati, la maggior parte dei quali lavora 6 giorni su sette, per più di 12 ore al giorno. Oltre un quarto della forza lavoro vive nelle baraccopoli dell'azienda e guadagnano meno di 17 dollari al giorno". Secondo il rapporto di Apple, solo il 38% dei fornitori rispetta il codice etico dell'azienda californiana: "Grazie a queste iniziative – ha spiegato il nuovo amministratore delegato di Apple Tim Cook - abbiamo scoperto che in 108 fabbriche gli straordinari non vengono retribuiti in modo opportuno, in 93 stabilimenti oltre il 50% della manodopera è costretto a lavorare oltre le 60 ore fissate dal contratto, mentre 5 aziende fornitrici hanno addirittura assunto 19 minori".
di Sonia Montrella
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