### Cina: per battere l'illegalita' servono eroi alla Falcone - TACCUINO DA SHANGHAI
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### Cina: per battere l'illegalita' servono eroi alla Falcone - TACCUINO DA SHANGHAI

### Cina: per battere l'illegalita' servono eroi alla Falcone - TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli*

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 05 set - A dieci anni
dall'ingresso nel Wto la Cina si e' allineata gli standard
del business internazionale? Ha ammorbidito le asperita' di
un modello di sviluppo dove ha sempre controllato il timone?
Ha ripagato chi le ha dato fiducia? Nessuna risposta e'
univoca, perche' l'analisi e' complessa. Tuttavia i vecchi
difetti non sono scomparsi: l'eccentricita' del paese
rispetto ad alcuni valori consolidati permane. Si rafforza
anzi con la consapevolezza del proprio peso e della
contemporanea crisi internazionale. Le domande si spostano
dunque dalla contingenza e dai successi e sconfinano sul
terreno socio-economico. L'interrogativo da porsi diventa: e'
possibile continuare ad arricchirsi, a produrre reddito,
senza uniformarsi alle regole della trasparenza,
dell'integrita', della concorrenza? L'etica e' un peso o una
necessita' per la crescita? La Cina ha dato una risposta
pragmatica: in nome del Pil possono sacrificarsi i principi.
Sono note alle cronache economiche le violazioni della
proprieta' intellettuale, la revisione dei contratti, la
parzialita' delle corti di giustizia. La comunita'
internazionale ha giudicato con benevolenza questi errori,
identificandoli con crisi di crescita che non intaccavano la
speranza di una Cina omologata ai valori internazionalmente
riconosciuti. Le rilevazioni oggi sono pessimiste. In
economia, la crescita sembra aver reso la Cina impermeabile
alle critiche e rigida nei comportamenti. Le aziende
straniere non hanno perso quell'immagine di estraneita' agli
occhi cinesi; sono, ancora troppo spesso, fonte di
tecnologia e guadagno, piu' che genuini business partner. Le
denunce e gli allarmi aumentano, perche' il sistema sta
erigendo un piu' forte auto protezione. La tensione e' verso
la chiusura, la tutela di rendite di posizione, e non verso
il rispetto di regole riconosciute. Quando si sovrappongono
interessi, e' difficile scardinare la tradizione, introdurre
principi etici. In Italia conosciamo bene la mafia, un
insieme di comportamenti criminali che convergono, una
struttura che segue regole proprie, antagoniste a quelle
dello Stato. Ne abbiamo appreso la forza, le ramificazioni,
le connivenze. Chi, come me, ha lavorato a stretto contato
con Ministri e Capi di Governo, conosce la difficolta' di
attaccare il grumo di illegalita' che pervade alcune regioni
italiane. Un impasto criminogeno di connivenze, insediamenti
sul territorio, intimidazioni, ha reso difficile, talvolta
impossibile, un'azione di governo improntata al merito ed
alla legalita'. La triste esperienza con la mafia italiana ci
permette di riconoscerne i caratteri in alcuni aspetti della
societa' cinese, con l'aggravante di una loro diffusione
incontrollata. Aziende private e di stato, lobby
industriali, amministrazioni locali, nomenklatura
carrierista, sono spesso unite da un filo perverso di
profitti raggiunti illegalmente. La loro forza e' imponente,
scevra da controlli e punizioni. Gli sforzi di poliziotti e
giudici onesti rimbalzano contro un muro di gomma. Anche il
PCC, che ha iniziato una dolorosa campagna di
moralizzazione, sembra talvolta impotente rispetto a un
fenomeno ormai incontrollabile. Le punizioni si susseguono,
sono esemplari, ma non sradicano l'illegalita'. Non e' in
discussione la sincerita' della dirigenza cinese, ma la sua
efficacia. C'e' tuttavia qualcosa che la dirigenza cinese
potrebbe avviare: esaltare lo sforzo di chi si pone in
contrasto con questo stato di cose. Chi protesta non va
punito come un pericoloso dissidente. Chiunque denunci
l'opacita' e il crimine non dovrebbe essere perseguitato come
se volesse minare le fondamenta della societa': qualsiasi
voce di opposizione non puo' essere consegnata alle cronache
per la sua messa in silenzio. Se scegliesse la via della
repressione, la Cina si priverebbe di un'arma potente: la
coscienza che deriva dall'azione di alcuni uomini e donne
coraggiosi. Questa e' la differenza con l'Italia, un paese
che se conosce la mafia, ne valorizza anche gli eroi che
sono morti per combatterla. L'emblema e' il giudice Giovanni
Falcone, caduto proprio per il suo impegno contro il
crimine. La coscienza del nostro paese lo onora, come se il
suo ricordo attenuasse l'amarezza del suo sacrificio. La sua
morte non ha eliminato la mafia, ma ha concesso una
speranza. La Cina dovrebbe trarne esempio. Non serve al suo
progresso, ne' alla sua economia, scegliere di reprimere la
societa' civile che potrebbe esserle utile nella lotta contro
i mali che essa stessa dichiara di voler combattere. Il
paese dei record ha bisogno di eroi, per non mortificare il
suo sforzo titanico. Le figure di prestigio crescono e
trainano le idee migliori, altrimenti la Cina sara' vista
sempre come un paese ostile, con il quale intrattenere
rapporti soltanto perche' necessario. Valorizzare le qualita'
del suo popolo, morali, intellettuali, produttive, e' il
miglior modo per certificare nella storia una crescita
ammirabile.

* Presidente di Osservatorio Asia

(RADIOCOR) 05-09-11 16:12:13 (0207)news,ASIA 5 NNNN
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