### Cina: il giro di vite sull'auto non basta a riorganizzare il settore - TACCUINO DA SHANGHAI
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### Cina: il giro di vite sull'auto non basta a riorganizzare il settore - TACCUINO DA SHANGHAI

### Cina: il giro di vite sull'auto non basta a riorganizzare il settore - TACCUINO DA SHANGHAI

di lettura

di Alberto Forchielli *

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 10 gen - Pechino e'
impegnata a ridurre l'impatto di una costante e massiccia
offerta delle case automobilistiche. In precedenza non erano
stati rinnovati gli incentivi agli acquisti decisi nel 2009,
subito dopo la crisi dell'autunno precedente. Il pericolo di
una stasi dell'economia e' stato scongiurato ed ora il
governo ha provveduto ad un'altra misura restrittiva per il
settore. Una nuova normativa, congiuntamente emanata dal
ministero del Commercio e dalla National Development and
Reform Commission (l'ente statale titolare della politica
economica) ha declassato gli investimenti dall'estero
indirizzati alla produzione di "automobili finite",
spostandoli dalla lista dei "desiderabili" a quella degli
"approvati". Si tratta di una retrocessione attesa, giunta
tuttavia mentre lo stesso provvedimento rendeva piu' facili
gli investimenti delle multinazionali in settori finora loro
preclusi. Mentre la Cina dunque da' segnali di
liberalizzazioni, sembra penalizzare un'industria
strategica, alla quale deve una frazione consistente del suo
successo economico. In realta' la Cina e' semplicemente
preoccupata sul presente e perplessa sul futuro della sua
industria automobilistica. Cerca di frenarla perche' la sua
politica precedente le ha impresso un'accelerazione ormai
fuori controllo. Le facilitazioni alle aziende straniere che
vogliano esportare capacita' produttive in Cina sono ormai
inutili. Il paese e' gia' ormai il piu' grande luogo
manifatturiero per Volkswagen e General Motors, che
producono e vendono in Cina piu' di quanto facciano nei
rispettivi paesi d'origine. La Cina inoltre non ha bisogno
di altri record per il settore automotive. Nel 2009 e'
divenuto il primo produttore mondiale, scalzando con 18
milioni di veicoli una supremazia statunitense intaccata
dalla crisi. Quell'anno l'incremento delle immatricolazioni
e' stato del 42% rispetto al 2008, seguito da un altro
spettacolare balzo del 34% nel 2010. Nel 2011 le
anticipazioni prevedono un aumento del solo 2,5%. Le
restrizioni amministrative e per l'accesso al credito
sembrano funzionare e saranno approfondite dalle ultime
decisioni. Si comprendono facilmente gli intendimenti di
Pechino, impegnata con problemi all'apparenza
insormontabili: il traffico nelle grandi citta', l'impatto
ambientale, l'importazione di petrolio, le differenze
sociali simbolizzate dall'acquisto di un'automobile per la
nuova classe media urbana. Gia' nel 2013 la capacita'
produttiva della Cina dovrebbe arrivare a 31 milioni di
veicoli. Secondo McKinsey il mercato potrebbe crescere 10
volte tra il 2005 ed il 2030. Dove saranno stipate tutte
queste autovetture, quanto costera' la bolletta energetica? E'
meglio prevenire questi problemi. Potrebbe essere tuttavia
troppo tardi. Il Governo riesce a frenare la corsa del
mercato, ma non a cambiare i suoi piloti. Il tentativo di
strutturare meglio l'industria nazionale trova molti
rallentamenti. Ancora oggi sono presenti in Cina ben 130
produttori, anche se quelli di media grandezza sono 50 e
quelli relativamente importanti 14. Il tentativo di ridurli
a 10 e' ancora a meta' del guado. Le resistenze sono infatti
numerose. Il mercato e' in crescita e gli appetiti
insoddisfatti. Ogni Provincia, per prestigio e per profitto,
vuole la sua industria e le lobby locali trovano facile
sponda nelle amministrazioni periferiche.
Ma il settore automobilistico ha bisogno di investimenti
enormi e di economie di scala che la frammentazione non
consente. Anche i piu' grandi produttori cinesi (FAW, DMC e
SAIC) non raggiungono i due milioni di veicoli all'anno,
lontano dunque dalla soglia di competitivita' internazionale.
Non riescono, infatti, malgrado la loro forza politica, ad
acquisire i marchi minori. Si registra anche in questo caso
la conferma deleteria della "strategia del pollo". Nessun
produttore, per quanto piccolo, vuole apparire timido e
pauroso di lasciare il mercato. Continua ad offrire veicoli
per potere spuntare un prezzo di vendita ai concorrenti
ancora piu' importante. E' uno strumento per mostrarsi forti,
anche quando il futuro e' meno roseo del presente. Il mercato
lo consente, ma l'industria ne soffre. E' questa la vera
preoccupazione di Pechino: non riuscire ad imporre la sua
volonta' se non con misure amministrative, non essere in
grado di controllare un settore strategico che ha avviato e
che ora si dimostra potente e disubbidiente.

* presidente Osservatorio Asia

Red-

(RADIOCOR) 10-01-12 15:30:27 (0188)news,ASIA 5 NNNN
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