Pechino, 18 feb. - Ci vorranno almeno dieci anni per migliorare le condizioni nelle miniere di carbone cinesi: lo ha detto un alto funzionario nazionale, Zhao Tiechui, a capo dell'Amministrazione di Pechino che sovrintende alla sicurezza nel settore minerario. "La presa di coscienza dei problemi relativi alla sicurezza e l'applicazione della legge sono ancora poco diffusi in alcune regioni ricche di carbone e in moltissime imprese - ha detto Zhao all'agenzia di stato Nuova Cina - e per questo sarà necessario almeno un decennio per cambiare radicalmente la situazione". Quelle cinesi sono le miniere di carbone più letali al mondo ma, nello stesso tempo, il paese dipende da questa risorsa per il 70% del suo fabbisogno energetico. Secondo i dati ufficiali nel 2009 le vittime sono state 2631, circa il 18% in meno rispetto all'anno precedente, grazie soprattutto agli sforzi del governo centrale per chiudere gli impianti clandestini e aumentare la sicurezza nelle miniere autorizzate; nel 2002, annus horribilis per i minatori del Dragone, i morti furono 6995. Secondo Zhao, il 90% delle circa 10 mila miniere cinesi è costituito da piccoli impianti in condizioni di sicurezza deplorevoli; molto spesso, inoltre, vicino agli impianti muniti di autorizzazione, vengono aperti altri filoni completamente fuori legge, che moltiplicano ulteriormente i rischi. Lo Shanxi, nel nord della Cina, la provincia più ricca di carbon fossile, ha lanciato un programma pilota per accorpare i vari impianti, portando così le miniere a quota 1000 contro le circa 2600 attualmente presenti sul suo territorio e riducendo le circa 2200 imprese minerarie a non più di un centinaio. Ma nonostante i numerosi sforzi messi in campo dal governo di Pechino per investire in energie alternative, meno inquinanti e meno rischiose, la Cina non potrà ridurre la sua dipendenza dal carbon in tempi brevi; secondo uno studio pubblicato nel 2009 dall'Università di Berkeley a firma dei ricercatori Nathaniel Aden, David Fridley e Nina Zheng si tratta soprattutto di una questione di scala: rimpiazzare un anno della recente crescita della domanda di carbone pari a 200 milioni di tonnellate richiederebbe 107 miliardi di metri cubi di gas naturale (contro i 13 miliardi di crescita registrati nel 2007), 48 gigawatt di energia prodotta con centrali nucleari (contro i 2 gigawatt del 2007), oppure 86 gigawatt prodotti con centrali idroelettriche (contro i 16 gigawatt registrati nello stesso anno).