Parigi - Scontri e arresti in piazza per la riforma del lavoro, un jobs act francese su cui il presidente Francois Hollande è deciso a non tornare indietro. Nel centro di Parigi la polizia ha lanciato gas lacrimogeni e ha fermato almeno 49 dimostranti in una giornata di guerriglia durante una nuova manifestazione di protesta organizzata da sindacati e studenti. Ma Hollande ha avvertito che la sua battaglia contro la disoccupazione non è ancora vinta e che non rinuncerà alla riforma, anche a scapito della sua popolarità.
"Non torno indietro, non cederò, perché molti governi hanno già ceduto, ha detto il presidente in una intervista alla radio Europe 1. "Preferisco che la gente abbia una immagine di un presidente che ha fatto riforme, piuttosto che di uno che non ha fatto niente", ha avvertito. "La legge è stata discussa, emendata, corretta e quindi passerà", ha assicurato.
A Parigi giovani mascherati, si sono confusi tra i manifestanti per creare disordine. In piazza c'erano 12.000 persone secondo la polzia, 55.000 per i sindacati. Scontri tra polizia e manifestanti e strade bloccate anche a Nantes e Rennes. "Siamo stati ignorati, quindi ci impegneremo ancora di più per farci sentire", ha assicurato Philippe Martinez, il segretario della CGT, la prima confederazione sindacale del Paese.
Dopo il controverso passaggio alla Camera, avvenuto senza l'approvazione dei deputati ma attraverso un procedimento decretizio previsto dalla Costituzione in casi d'emergenza, va ora al vaglio del Senato francese la legge 'El Khomri', dal cognome dell'attuale ministro del Lavoro transalpino. Molte cose possono ancora cambiare o essere emendate, mentre infuriano dure proteste per le strade di Parigi.
Le altrettanto accese manifestazioni svoltesi lo scorso marzo avevano infatti già spinto il governo Hollande ad ammorbidire alcuni punti di una riforma del mercato del Lavoro che ha lo scopo di liberizzare l'attuale regime, in linea con le normative in vigore in Germania, Spagna e Italia. Le 35 ore, ad esempio, non verranno abolite tout-court, come si temeva, ma sarà concesso alle compagnie di fissare una settimana lavorativa fino a 48 ore o turni di lavoro di 12 ore. Proprio l'aumento del peso della contrattazione di secondo livello a scapito della contrattazione nazionale è il cuore della riforma.
A differenza di quanto prevedeva il testo originale, la flessibilità nella determinazione dell'orario potrà essere stabilita unilateralmente solo dalle grandi aziende. Le nuove regole non toccheranno le Pmi, che avranno inoltre meno spazio di manovra per i licenziamenti economici, sebbene aumentino le fattispecie che li giustificano (prima limitate a fallimento e obsolescenza tecnologica). E' stato inoltre abbandonato il tentativo di porre un limite ai risarcimenti per chi viene licenziato senza giusta causa, l'entità dei quali viene stabilita in autonomia dai tribunali del lavoro, alcuni dei quali risulterebbero piu' generosi degli altri.
La riforma si limiterà a fissare dei tetti indicativi, lasciando ai giudici la discrezionalità. Un'altra modifica, effettuata sulla scia delle proteste, consente inoltre ai giudici di indagare sui licenziamenti economici effettuati dalle multinazionali operative in Francia e di stabilirne, nel caso, l'illegittimità.
A livello aziendale sarà inoltre possibile ridurre gli emolumenti per le ore di straordinario, superiori attualmente del 25% alla retribuzione oraria ordinaria per le prime otto ore e del 50% per le successive. Sul fronte delle protezioni, è stato poi introdotto un "diritto a disconnettersi" (non si potrà pretendere dal dipendente la consultazione delle e-mail aziendali al di fuori dell'orario di lavoro. Allargata, infine, da 50 mila a 200 mila persone la platea dei cittadini aventi diritto al sussidio di disoccupazione di 461 euro destinato ai giovani alla ricerca di un posto. (AGI)