Kaluga (Russia) - Cresce in Russia l'incertezza per il futuro dell'industria automobilistica, diventata la vittima piu' illustre della crisi economica che sta vivendo il paese. Quando la Federazione era un mercato da tre milioni di immatricolazioni l'anno, i più grandi produttori stranieri vennero qui a localizzare. Non immaginavano che di li' a poco, sotto il peso di una crisi causata non solo dalle sanzioni occidentali, ma soprattutto dai bassi prezzi del petrolio, dalla svalutazione del rublo e dalla conseguente erosione del potere d'acquisto dei russi, le vendite sarebbero crollate al livello piu' basso degli ultimi 10 anni. General Motors ha deciso già tempo fa di uscire dal mercato, mentre altre aziende stanno tagliando la produzione e i salari.
Le autorita' sono preoccupate per la crescita del malcontento e possibili tensioni sociali, in un momento delicato che vede l'avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo della Duma, a settembre. "Il 2015 ha registrato un -36% nelle vendite, quest'anno sara' meno drammatico, ma pur sempre in calo, si prevede un -4, -5% anno su anno. Siamo a numeri dimezzati rispetto a cinque anni fa", dichiara all'Agi Joerg Schreiber, presidente Comitato produttori auto dell'Associazione business europeo in Russia. "L'obiettivo oggi e' capire come sopravvivere a questo momento, difendere gli investimenti, ottimizzare i costi e fare il possibile per rimanere".
A Kaluga, a 200 chilometri da Mosca, dove sono concentrate alcune delle maggiori case automobilistiche straniere, queste cifre si riflettono in modo concreto sulla vita delle persone: qui il settore automotive copre da solo il 42% della produzione industriale della regione. Nikolai Blikov, operaio alla fabbrica della Peugeot-Citroen-Mitsubishi, in un anno ha visto scendere il suo salario da 30.000 rubli (400 euro) a 18.000 (240 euro): "Il mio stipendio e' ormai dimezzato e ogni mese continua a diminuire a causa delle ore di cassa integrazione". Come altre compagnie, la Peugeot-Citroen-Mitsubishi ha tagliato i turni, passando da due a uno, ridotto la settimana lavorativa a quattro giorni e usa periodicamente la cassa integrazione.
Cosi' si evitano licenziamenti di massa o addirittura la chiusura degli impianti, ma si tratta di misure che pesano sulle spalle dei lavoratori, gia' alle prese con un'inflazione a due cifre. "Viviamo appesi a un filo, nessuno sa cosa succedera' la settimana successiva: cassa integrazione, licenziamenti, revisione dei piani di produzione. Tutti temono di perdere il lavoro", ammette un altro operaio, Vladimir Kazatsky, all'uscita dalla fabbrica. Tra i lavoratori che regolarmente vengono lasciati a casa, con un taglio del 40% del salario, c'e' anche Anastasia Duvanova, ragazza madre di tre figli, che puo' contare sull'equivalente di appena 235 euro al mese. Se non la aiutassero i genitori, non ce la farebbe. "Mangiamo meno uova, perche' sono diventate care. Risparmiamo sui vestiti. Non compriamo piu' la carne", racconta. "In molti fanno affidamento sul proprio orto per patate, cavoli e carote e questo aiuta molto".
Il malcontento e' diffuso e in molti, come Anastasia, hanno deciso di far sentire la loro voce attraverso il sindacato indipendente 'Associazione lavoratori' (Mpra), finito di recente nel mirino delle autorita' locali, che temono l'esplodere di tensioni sociali. Un segnale del nervosismo delle istituzioni, osserva il leader di Mpra a Kaluga, Dmitri Kozhnev, e' il film-documentario andato in onda a maggio, su una tv pubblica finanziata dalla regione di Kaluga, e che lo ritrae come il capo di un'organizzazione estremista, che con i soldi dell'Occidente e complice la minoranza gay, vuole destabilizzare la Russia. "Il nostro sindacato per ora e' abbastanza piccolo, ma la situazione nelle regioni e' difficile e sia le autorita' che il business sanno che potremmo crescere velocemente, per questo vogliono screditarci", denuncia il sindacalista.
Gli attivisti di Mpra sono gia' stati oggetto di perquisizioni e intercettazioni e periodicamente vengono interrogati dal famigerato Centro 'E', istituito ufficialmente presso il ministero degli Interni per combattere estremismo e terrorismo, ma diventato nel tempo strumento di pressione sull'opposizione. Distogliere l'opinione pubblica dalle cause della crisi e' ora una priorita', ma secondo i sondaggi il 44% dei russi ritiene gia' la situazione economica la maggiore minaccia per il paese. Nonostante l'incertezza che riguarda questo mercato anche per il prossimo anno, "le compagnie rimaste finora devono resistere e per chi volesse, invece, entrare in Russia ora e' un momento in cui i costi sono molto ridotti", sottolinea Schreiber, che e' anche presidente di Mazda Motor Russia. "Per il governo, inoltre, il settore auto e' tra le priorita' e continua a stanziare sussidi. La Russia e' principalmente un mercato di consumatori privati, siamo convinti che appena la crisi finira' e la middle class tornera' motore di crescita, ci sara' di nuovo un boom. Se si esce ora, poi sara' difficile rientrare", conclude. (AGI)